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ECONOMIA: ASSEMBLEE E BILANCI – UNA RIFLESSIONE DI FRANCO DE RENZO

Franco De Renzo, commercialista milanese dell'omonimo Studio De Renzo di Corsico, nonchè attento lettore del nostro sito, ci suggerisce una riflessione su Assemblee e Bilanci, con un evidente e attuale richiamo alla realtà economica di questi giorni.

In un paese ideale le assemblee dovrebbero rappresentare il culmine della vita sociale.

Si parte da quella di condominio, per giungere a quella di qualsiasi associazione volontaristica e a quella societaria.

La maggior parte di noi vive in grossi condomini ove è difficile conoscere il cognome dei dirimpettai, il saluto è sempre forzato e, quasi di rado, si partecipa agli eventi importanti, anche tipo matrimoni e funerali.

Le riunioni di condominio normalmente, e solo con le deleghe, raggiungono il quorum di 501 millesimi per nominare l’amministratore. Vuol dire che ci si incontra solo con le solite persone, mentre alcuni non hanno mai partecipato, ed eventualmente, solo se sollecitati, si fanno rappresentare per delega.

Nelle associazioni, e ancora di più nelle società, almeno l’assemblea per approvare il bilancio deve rappresentare il momento più importante per verificare che l’incarico affidato agli amministratori abbia dato i frutti attesi.

Gli amministratori, dopo un anno di lavoro, dicono ai soci quanto fatto e se, e quanto, hanno reso i capitali gestiti.
Anche i bilanci delle Associazioni di categoria registrano una partecipazione veramente minimale.

L’assemblea, forse, è considerata da molti una perdita di tempo.
Il problema, se è pronunciato per il condominio e per le associazioni, non si può giustificare per le società, ove magari si sono investiti molti soldi.L’estrazione di premi importanti, che alcune grosse società hanno inventato, per incentivare la partecipazione dei soci, la dice lunga su questi argomenti e non lascia presagire nulla di buono per il futuro.

In ogni caso, sempre nel paese ideale, gli amministratori, almeno una volta all’anno, come stabilisce il codice civile, preparano il bilancio con chiarezza e rappresentano in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.

I molti studiosi di tecnica aziendale non hanno un punto di vista unanime, e negli USA si arriva anche a dire che, affinché il bilancio sia veritiero, al 31 dicembre, invece di prepararsi per il veglione, è necessario fare il giro degli uffici e considerare la lunghezza residua delle matite, dei refill delle penne a sfera, e delle boccette di inchiostro ove presenti, per determinare esattamente i costi sostenuti e che si devono stornare se l’utilizzo non è avvenuto nel periodo, ma si avrà in quello successivo.

Se è vera la considerazione sulla lunghezza delle matite, si arriva facilmente ad affermare che tutti i bilanci sono falsi, e non perché ci siano mancanze, ma per la scarsa attendibilità dei costi, più che dei ricavi, perché non tutti rispettano i principi di competenza, di certezza, di determinabilità e di continuità e, soprattutto, di inerenza.

I bilanci delle società di capitali possono essere rappresentati in forma normale e abbreviata. Chi si imbatte nei bilanci abbreviati comprende poco la realtà sociale, ma non è più facile la lettura per coloro che esaminano i bilanci in forma normale, rispettando pedissequamente quanto previsto dal codice civile.

Per un’azienda che ha un giro d’affari anche di un solo milione di euro, ma espone i dati del conto economico con la sola distinzione dell’art. 2424 del codice civile, rimane impossibile la comprensione e il principio di chiarezza, declamato dall’art. 2423 perde ogni significato. E le cose continueranno così fino a quando un sostituto procuratore non avrà il coraggio di dichiarare nulli i bilanci non chiari.
Chiaro deriva dal latino clarus e tra i suoi significati è determinante “comprensibile”.

In Italia abbiamo tante norme, come del resto, in tutto il mondo.
Se tutti le applicassimo, la vita comune sarebbe di gran lunga migliore e anche le liti si ridurrebbero di molto. I bisogni della gente sono ingigantiti e le bolle speculative si creano, e non si riescono a debellare. Comprare tutto a rate diventa consuetudine, perché tanto si paga un po’ al mese e si può, mentre non è così semplice rispettare tutte le scadenze.

Le banche concedono mutui, quando non avrebbero dovuto.
La gente è strozzata dalle rate e il giocattolo finisce per rompersi. Ed è un fiorire di bancarotte.

Nel paese ideale tutti rispettano la morale comune.
Invece, mentre personalmente ci riteniamo sicuri che la nostra sia quella giusta, siamo pronti a criticare, e anche aspramente, quella degli altri, per tutte le manchevolezze che notiamo nei comportamenti altrui, ma non facciamo nulla per migliorare la nostra.

Il nostro paese ideale, però, rimane tale.

Ci scontriamo, così, in realtà ben più drastiche: Cirio, Parmalat, Banca Popolare di Lodi, Banca Popolare di Intra, Alitalia, Ferrovie dello Stato, e un pochino più distanti da noi, ma di cui abbiamo avvertito tutte le drammatiche conseguenze: Enron, Lehman Brothers, Merryl Linch e chi più ne ha, più ne metta.

E ancora di più, le società non dovrebbero valutare le altre se non sono capaci di usare un buon metodo per valutare se stesse.

Franco De Renzo

Redazione
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Pubblicato il 27 Ottobre 2008
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