Chiuso l’ippodromo, protesta di fantini e proprietari. Cavalli per le strade di Varese
Questa mattina una delegazione è andata in Comune per incontrare il sindaco Galimberti. Ostacoli fisici impediscono l’accesso alla pista. Sale la tensione con la società di gestione Svicc.

Questa mattina, sabato 3 maggio, un gruppo di operatori dell’ippodromo di Varese – sei a cavallo e una decina a piedi – sono andati in Comune per incontrare il sindaco Davide Galimberti e protestare contro la chiusura dell’impianto per gli allenamenti. Tra loro fantini, proprietari e artieri, che oggi non hanno potuto far lavorare i cavalli perché l’ippodromo era chiuso. O meglio: una serie di ostacoli fisici impedivano l’accesso a uomini e animali. Un rullo posizionato sul cancello d’ingresso, una gabbia di partenza in mezzo alla pista, un grader sulla dirittura di fronte e un altro su quella d’arrivo. Il risultato è l’impossibilità di utilizzare l’impianto per l’allenamento e la rifinitura dei cavalli.
Per molti proprietari è un grande problema, perché nei prossimi giorni avrebbero dovuto affrontare trasferte e corse in altri ippodromi italiani. «Devo andare a Roma con un mio cavallo – dice Moreno Meiohas, vicepresidente Unione proprietari di galoppo – e non posso prepararlo. Ho dieci cavalli e non ho un euro in sospeso con i Borghi e la Svicc per l’affitto dei box».
La presenza di quegli ostacoli non è dunque legata a lavori di manutenzione, ma è una misura decisa dalla Svicc (Società varesina Incremento Corse Cavalli più conosciuta come “La Varesina”), che gestisce l’ippodromo, per sollecitare il pagamento dei canoni d’affitto dei box da parte dei proprietari morosi. «Negli ultimi anni la situazione dei mancati pagamenti è peggiorata e incide pesantemente sul nostro bilancio – conferma Guido Borghi, presidente della Svicc -. Inoltre, chi non paga utilizza comunque acqua, gas ed energia elettrica, che sono a carico della nostra società. Per quanto riguarda la salute dei cavalli non ci sono problemi: ci sono i tondini per muoverli. Abbiamo avvisato tutti con anticipo e c’è la disponibilità del centro di allenamento di Caravate per chi vuole trasferirsi. Stiamo facendo i lavori necessari per agevolare questo spostamento».
Il prezzo d’affitto dei box nelle scuderie di via Galdino, a Varese, dove sono ospitati 120 cavalli purosangue, è tra i più bassi d’Italia, 160 euro, superato solo da Merano (150 euro), mentre a Milano si arriva a 300 euro e a Pisa oltre 200. La questione dei mancati pagamenti, che ammontano a un totale di circa 400mila euro, era già stata sollevata in passato da Giovanni Borghi, consigliere delegato della Svicc, che in quell’occasione ridusse l’erogazione di luce e gas per fare pressione sui morosi. «Ripeto: siamo in tanti a pagare fino all’ultimo centesimo – sottolinea ancora Meiohas -, ma non sono queste le modalità per affrontare il problema. Ci sono di mezzo degli animali e il lavoro di molte persone, lavoro che non si può fare senza passione e amore per i cavalli».
Secondo gli operatori, l’alternativa proposta del centro di allenamento di Castelverde a Caravate non sarebbe praticabile, a causa inadeguatezza della struttura e della distanza, che renderebbero insostenibili i costi di trasferimento per animali e personale. Solo due allenatori, Grizzetti e Tavazzani, si sono recentemente trasferiti nel centro di allenamento.
La protesta arriva in un momento delicato per l’ippodromo di Varese e per la Svicc, alle prese con la scadenza della convenzione con il Comune e in attesa del nuovo bando, a meno di due mesi dall’apertura della stagione estiva. Lo scorso anno, dopo una visita degli ispettori ministeriali, fu trovata una soluzione per sistemare la pista in erba, mentre la capienza fu limitata a circa duemila spettatori con l’installazione di bagni chimici.
La Svicc riceve ogni anno dal Masaf (Ministero dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste) sovvenzioni per un milione e 322 mila euro: 1.083.481 euro per gli impianti e il loro miglioramento, 111.145 euro per l’organizzazione delle corse e 128.466 euro per le riprese televisive (fonte: Ministero, dati 2024). «Arrivano sempre in forte ritardo, anche di un anno e mezzo – conclude Borghi -. Il saldo dello scorso anno lo abbiamo ricevuto venti giorni fa. I 150mila euro, quota di rimborso per l’impianto di illuminazione già realizzato e pagato, non ci sono ancora stati rimborsati».
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