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Palio di Legnano

“Dettagli di Storia” del Palio di Legnano: ecco il Mantello Vescovile di San Magno

Il primo di una serie di articoli che racconta la cura dei dettagli e la storia che si cela dietro gli abiti delle contrade che sfileranno l'ultima domenica di maggio, scelti per la campagna di comunicazione del Palio di Legnano

Il Palio di Legnano è ricco di storia non solo perché rievoca la Battaglia di Legnano del 1176 ma anche perché dietro ogni abito, mantello, armatura o gioiello, che vengono indossati durante la sfilata, ci sono ore e ore di lavoro, studio e cura non solo nella realizzazione del vestito ma anche nella sua conservazione a distanza di anni.

Proprio perché i costumi sono da considerarsi parte del cuore della manifestazione storica stessa, dal 1992 è stata istituita dal Comune di Legnano e dal Collegio dei Capitani e delle Contrade la Commissione Permanente dei Costumi, con cui le contrade collaborano a stretto giro per la realizzazione degli abiti e che si occupa di verificare che la cifra stilistica e tecnica sia aderente alla storicità del periodo in cui si cala il Palio di Legnano.

Quest’anno, abbiamo l’occasione di entrare nelle contrade per mostrarvi uno scorcio del grande lavoro che si cela dietro le quinte di ogni abito. Per farlo, abbiamo ascoltato le storie di ogni vestito utilizzato per la campagna di comunicazione del Palio 2025 “Dettagli di storia”, realizzata con gli suggestivi scatti del fotografo Diego Molaschi, raccontate direttamente da chi ha partecipato attivamente nella creazione e ideazione degli stessi.

Vesti liturghiche

Generico 28 Apr 2025

Nobiltà e clero, questo il tema che la contrada San Magno porta in scena durante la sfilata. Difficile scegliere l’abito più bello da raccontare… ma parliamo del mantello vescovile, una delle figure che più rappresentative della contrada Nobile. «Questo è il mantello – così la gran dama Anna Lattuada, introducendo l’opera d’arte del mantello di cui vi raccontiamo – di uno dei 6 episcopi che nella sfilata accompagna il vescovo benedicente. Realizzato nel 2005, ha già 20 anni di “vita” alle spalle».

La storia dell’abito

È difficile risalire alla storia di ogni costume di contrada, spesso bisogna rifarsi alla memoria storica dei contradaioli che hanno assistito alla “nascita” di questi vestiti, ed è anche questo il bello: scoprire storie dietro ogni opera d’arte, perché di fatto sono opere artistiche nate dalla passione e dalla dedizione del team che si occupa dei costumi in ogni contrada.

L’abito fa parte di un gruppo di 6 nuovi mantelli realizzati in sostituzione dei precedenti che erano caratterizzati da un particolare color porpora, rappresentativo dei vescovi che andavano in pellegrinaggio. «I nuovi mantelli – ha spiegato Monica Montagna, contradaiola laureata in Beni culturali e appassionata della storia degli abiti della Nobile – hanno come ispirazione nella foggia la casula di Santo Stefano che troviamo nel tesoro reale di Ungheria, ciò si vede nella forma del mantello. Indossandolo, è come se il vescovo stesse portando una croce sulle spalle, questo ha un forte significato simbolico».

I dettagli

Anche i colori scelti non sono casuali, infatti per la realizzazione del mantello si è scelto di abbandonare il rosso (colore del martirio e del sacrificio) per scegliere il bianco, che rappresenta innocenza e purezza, e l’oro, che simboleggia la luce divina ed è un materiale durevole che non ossidandosi richiama l’eternità. «Sono state cucite a mano delle perle, – ha commentato Monica – ricamate lungo tutti i bordi e contornate da fiori, che simboleggiano potenza e richiamano le 12 perle presenti sui cancelli che aprono le porte del paradiso, anche detti “cancelli perlati”. Tutta l’iconografia simbolica è quindi racchiusa in un unico mantello».

La lavorazione

Questo mantello in particolare è stato fatto realizzare da un laboratorio tessile che si occupa principalmente di arredi sacri, specializzati quindi per questo tipo di indumenti. «Il materiale esterno – ha detto Monica – è in fibra sintetica mentre la fodera è in cotone. Vi sono fili d’oro e fili ritorti di cotone serico. Non siamo sicuri di quante ore siano state impiegate per la sua lavorazione ma sicuramente tantissime perché i dettagli e le perle sono tutti cuciti a mano».

Per realizzarlo è stata utilizzata una macchina da ricamo Cornely. «È una macchina difficile da trovare e sono ancora in pochi a saperla utilizzare, – riferisce la gran dama Anna Lattuada – perché non è una macchina elettronica come quelle che si usano adesso ma c’è tutta una parte manuale che interviene nella lavorazione. Nella parte sottostante la macchina vi è infatti una manovella che il ricamatore può utilizzare per lavorare sul tessuto in modo circolare, realizzando per esempio delle volute. Una volta questa tecnica era molto utilizzata ma purtroppo si è andata a perdere nel tempo».

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Pubblicato il 02 Maggio 2025
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