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Compie dieci anni l’Hospice Ospedaliero “Il Girasole” di Cuggiono

Domenica 10 giugno una festa aperta a tutti per l’importante traguardo

Un’intera giornata, dalle 9 alle 18, dedicata ai dieci anni di vita dell’Hospice “Il Girasole” di Cuggiono. Per meglio conoscere la struttura residenziale dedicata alla cura e assistenza dei malati che necessitano di cure palliative.

Realizzare una continuità di cura al domicilio, in una struttura di ricovero specifica; attuare diverse forme di assistenza: ambulatorio, day hospital e day hospice, ricovero ordinario, assistenza domiciliare; realizzare un unico piano sanitario personalizzato, raccordato nei vari aspetti assistenziali; coordinarsi con i Servizi sociali; collaborare con le risorse del volontariato; supportare la famiglia prima e dopo la morte del malato; attuare dimissioni protette; ridurre i ricoveri incongrui, le giornate di degenza, le morti in Ospedale; valutare la qualità dei servizi offerti e dei risultati.

Dall’inizio di questa avventura, l’8 luglio 2008, l’Hospice di Cuggiono ha ospitato a oggi 2500 pazienti circa con una media di 250 persone all’anno. La degenza media è stata di 20/30 giorni. Accanto a situazioni assolutamente drammatiche di pochi giorni ve ne sono molte altre il cui ricovero si è protratto per mesi. 

Come sottolinea la dottoressa Claudia Castiglioni, responsabile dell’Unità complessa di Cure Palliative e Terapia del dolore, Hospice di Cuggiono e Magenta, ASST Ovest Milanese: «L’Hospice Ospedaliero “Il Girasole” apre domenica le porte della struttura a tutti coloro che hanno la volontà o semplicemente la curiosità di visitare un luogo semplice e sereno, ma denso di umanità. Infatti le degenze di Cuggiono del “Girasole”, si rivolgono all’intera cittadinanza e, poiché vogliono essere un punto di riferimento e di eccellenza, hanno bisogno di impegno, disponibilità e sostegno certamente da parte degli Operatori sanitari ma anche di coloro che si vogliono disporre in termini di aiuto solidale verso chi attraversa il terribile percorso della fine della vita».

L’Hospice “Il Girasole” all’Ospedale di Cuggiono, secondo la dottoressa Castiglioni «è pensato per ricreare condizioni di vita simili a quelle domestiche con una grande attenzione ai dettagli. Una particola attenzione è dedicata al supporto psicologico, religioso e spirituale, connotando con ciò l’aspetto profondo della sofferenza che, alla fine della vita, è spesso assolutamente drammatica. noi riteniamo la persona “viva e importante fino al suo ultimo respiro”. In sintesi è una struttura ad alta densità sanitaria dove si realizza l’assistenza di un’équipe interdisciplinare e multi professionale. Ed è la stessa che opera presso l’Unità Operativa di Cure Palliative e che quindi fornisce assistenza anche domiciliare su un vasto territorio con le stesse caratteristiche professionali e umane che contraddistinguono la sua azione all’interno dell’Hospice».

Profonda la riflessione della dottoressa Castiglioni che ha commentato: «Il mio pensiero corre a tutti coloro che nel reparto ospedaliero e nell’assistenza domiciliare di Cure Palliative abbiamo accompagnato nell’ultimo, difficile e stravolgente percorso della fine dell’esistenza. Molte persone ammalate, con il corpo spezzato sull’orlo dell’abisso, ci hanno comunicato i loro progetti, i loro affanni, i loro strazi, i loro silenzi, la loro passione. E coloro che si sono prodigati con determinazione e impegno al sostegno dell’Altro hanno cercato di comprendere, di condividere, di comunicare, di rispettare. Si sono confrontati con il cuore delle angosce e delle speranze, con la sofferenza incomprensibile e con la fiducia dell’abbandono, con il tempo incomprimibile che scorre ineluttabilmente. Oggi il paziente ha paura che quello che il medico potrà fare non corrisponda al suo
vero interesse. Teme cioè che il medico metta tutti i suoi sforzi e impieghi tutte le sue possibilità terapeutiche sul versante del prolungamento della vita a ogni costo, ma faccia mancare proprio quello che l’inguaribile richiede. Si tratta essenzialmente di due cose: non soffrire e non essere lasciato solo. Per entrambe (la sofferenza e la solitudine) l’Operatore sia esso medico, infermiere, volontario, psicologo o semplice amico solidale ha bisogno di un prezioso elemento: il tempo».

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 08 Giugno 2018
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