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“La tutela dell’ambiente dipende esclusivamente dalla volontà umana”

7 Gennaio 2019

Egregio Direttore, profittando degli ozi natalizi vorrei dare un contributo al dibattito sulla presenza di specie estranee al nostro ambiente, affrontato dal suo giornale in un breve e recente articolo.

Per lavoro mi sono sempre occupato di miglioramento genetico delle piante agrarie, con un significativo intermezzo nel campo della promozione e tutela di specie ornamentali arboree ed erbacee, e per questo non pretendo di inoltrarmi troppo nello specifico del contenimento di specie animali invasive. Mi limiterò a qualche considerazione generale mutuata appunto dalle mie conoscenze nel campo vegetale.

L’ambiente in cui viviamo è fortemente antropizzato, cioè modificato dalle attività che hanno condotto in esso le generazioni che ci hanno preceduto: forse soltanto alcuni limitati distretti glaciali o sub glaciali delle nostre Alpi somigliano ancora a quello che sarebbero stati “in natura”. Le attività umane sono state esercitate normalmente nel segno del dominio dell’ambiente; qualche volta, ed in tempi più recenti, hanno prevalso le preoccupazioni di tutela dell’ambiente naturale che si sono applicate inevitabilmente a una situazione molto diversa da quella primigenia, spesso quasi ignota. Oggi tuteliamo il verde dei nostri parchi cittadini a prescindere dal fatto che sia costituito da essenze autoctone come querce, carpini e noccioli o da specie di più o meno recente importazione come conifere e latifoglie nord americane, ippocastani e anche castagni.

Alcune di queste specie, introdotte a fini produttivi o ornamentali, sono diventate invasive e pericolose: per citarne solo alcune ricordo l’ambrosia dagli Stati Uniti e il ciliegio tardivo dal Brasile. Quest’ultima specie è riuscita ad insidiare perfino la robinia che spadroneggiava nei nostri degradati boschetti di pianura fin dall’800, dove fu introdotta dalle rive del Mississipi per fornire legna da ardere e per consolidare le massicciate ferroviarie.

Oggi la tutela dell’ambiente dipende esclusivamente dalla volontà umana e dagli obiettivi che si pone: non esiste un archetipo a cui riferirsi senza tener conto della storia, dei vincoli e delle opportunità di ogni ecosistema come ci si presenta oggi. A questo proposito può essere illuminante la definizione di pianta infestante che danno alcuni studiosi di agronomia: infestante è qualsiasi pianta che cresce dove noi abbiamo deciso che non debba farlo.

Senza arrivare a questi eccessi che esprimono le preoccupazioni di chi deve tutelare le coltivazioni da reddito, occorre notare che le specie invasive non sono necessariamente quelle che vengono da lontano. Nel caso di Legnano invasivi sono certamente lo scoiattolo grigio e la tartaruga dalle guance rosse (guance rosse non orecchie rosse come riportato nell’articolo), ma anche i ben più italici piccioni e le cornacchie grige – per non parlare di topi e scarafaggi.

Tutte queste specie vanno controllate e contenute, come giustamente sostiene l’amministrazione, con mezzi in grado di ottenere il risultato e non semplicemente trasferendo altrove gli individui in eccesso facendo in modo che il fenomeno si ripresenti altrove negli stessi termini. Nel far questo occorre essere realistici: per esempio lo scoiattolo grigio ha occupato uno spazio dove quello rosso non era più presente e non sarebbe ormai più in grado di ripresentarsi; il grigio quindi potrebbe aver titolo a restare, insieme a tante altre introduzioni esotiche da tempo acclimatate.

Grazie e buon anno

Mario Lo Pinto

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