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I soldi non fanno la felicità… al Tirinnanzi in scena “L’avaro“ di Molière

Una commedia ricca di irrestibile comicità, tra sentimenti come l'amore, l'astuzia e l'attaccamento ai beni materiali -  Formidabile regia di Ugo Chiti

Denaro, amore, astuzia.Sono queste le chiavi di lettura per comprendere la commedia “L’avaro“, di Molière, rappresentata giovedì 18 gennaio al Teatro Tirinnanzi Città di Legnano. Un capolavoro teatrale, che offre, tramite una coinvolgente comicità, notevoli spunti di riflessione, di intramontabile attualità. 

Trovare un marito alla figlia. È questo il pensiero che costantemente preme il signor Arpagone, che si arrovella instancabilmente sulla scena, mentre si confida con un consigliere. L’anziano signore, dall’aspetto burbero, ma talvolta bonario, è preso dall’assillo di combinare un matrimonio da cui poter trarre il maggior vantaggio, alla figlia Elisa, ormai trentenne, per la quale non è disposto a mostrarsi prodigo nella dote. “Questa non è una casa, è una prigione, la più buia delle prigioni“, con questo lamento prorompe sulla scena la stessa Elisa, che confessa al servo Valerio la sua sofferenza per dover sempre sottostare alla volontà del padre. “L’avaro si tiene in vita solo per due ragioni: l’interesse e l’amor proprio“, sentenzia la ragazza sull’avidità del padre Arpagone, che commisura ogni vicenda e azione della propria vita e di quella dei figli, in base al tornaconto che ne può ottenere in denaro, con il maggior risparmio possibile. La tenace Elisa però, presta fede solo a se stessa e in segreto si promette al suo sincero e proibito amore, Valerio, il più fidato tra i servi di suo padre. Come lei, anche il fratello Cleante, è segretamente innamorato, di una giovane, Mariana, che vive sola con la madre in modeste condizioni sociali, a causa di un naufragio che ha sottratto tutti i loro averi. L’indole tirchia e dominata dall’avarizia di Arpagone si palesa in modo inconfondibile con la confessione a se stesso (e al pubblico) di aver sotterrato diecimila ducati d’oro in giardino, bottino da lui conservato gelosamente e con la massima segretezza. Come se non bastasse, Arpagone, già detestato dai figli per la sua severa taccagna, infligge un dolore ancor più grande a Cleante ed Elisa: al primo comunica la notizia di voler sposare Mariana e alla figlia impone un matrimonio con un vedovo, vecchio e decrepito, disposto però a sposarla senza che porti alcuna dote. 

In tutte queste intricate vicende i servi svolgono un ruolo fondamentale, essendo attivamente coinvolti nelle questioni private di Arpagone e dei figli e rappresentando, come dall’antica tragedia delle origini, le figure di massima comicità. Valerio è il più giovane tra i servi, vive in segreto il proprio amore con Elisa. Abile nell’arte della parola, è il più apprezzato da Arpagone perché riesce  ad adularlo, tramite i suoi discorsi filosofici e la sua efficacia espressiva. Mastro Giacomo, svolge la duplice funzione di cuoco e cocchiere. Uomo onesto e diretto, è agli antipodi di Valerio: in più di un’occasione Mastro Giacomo si è rivolto con schiettezza nei confronti di Arpagone, andando a parare proprio sulle più salde convinzioni dell’Avaro. Anch’egli innamorato, senza essere ricambiato, di Elisa, ciò lo porta ad avere alcuni scontri verbali con Valerio. Freccia è il più scapestrato di tutti servi, da poco uscito di prigione, su di lui Arpagone rivolge sempre i suoi sospetti quando teme gli sia stato sottratto qualcosa tra i suoi averi. Freccia però in confidenza con Cleante, con il quale organizza un piano per rubare i diecimila scudi d’oro dell’Avaro. Personaggio di rilievo nello snodo degli eventi, è poi Frosina, la mezzana e faccendiera che si occupa di orchestrare il piano di matrimonio tra Mariana e Arpagone, con cui la donna è inizialmente complice. È uno dei personaggi più versatili della vicenda, in quanto assurge, come Valerio, al ruolo di mediatore tra i personaggi, che fanno “buon viso a cattivo gioco“, soggiacendo apparentemente alla volontà del padre e tramando segretamente i loro piani. 

Emblematiche del teatro di Molière, sono inoltre le schermaglie verbali messe in scena da coppie di personaggi antitetici a confronto: Arpagone con il figlio, per l’amore di Mariana, Mastro Giacomo e Valerio nella contesa di Elisa. “Quanti sospetti, quanti sentimenti ci lacerano, ma che copione stiamo recitando?” Pronuncia afflitto Mastro Giacomo, accortosi che solo l’amore è ciò che fa lottare e soffrire tutti loro, tranne Arpagone che sembra impermeabile a ogni cosa, eccetto al denaro. 

A conclusione di tutte le vicende avviene un ribaltamento totale delle condizioni iniziali: i personaggi si mostrano per ciò che sono realmente, non nascondono più i loro sentimenti: Elisa e Valerio, Cleante e Mariana, nonostante i loro legami non fossero accettati dall’Avaro. Gli altri servi inoltre si svincolano da Arpagone, essendo inaspettatamente ricomparso Anselmo, padre di Mariana scomparso nel naufragio e di cui Valerio si scopre essere, a causa di alcune coincidenze, l’altro figlio. Anselmo che, al contrario di Arpagone è particolarmente generoso, sistema finanziariamente tutti i personaggi, affinché si possano sposare senza alcuna complicazione. Rimane solo sulla scena Arpagone, che si ritrova abbandonato da tutti, lontano da ogni tipo di affetto, ma, in preda a una violenta follia, è circondato dal suo unico amore, il denaro

Redazione
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Pubblicato il 20 Gennaio 2018
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