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24 aprile 1945: oggi, 72 anni fa

Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli ripercorrono gli eventi del 24 aprile 1945 a Legnano.

“Brunetta saluta Marina”. Dopo un mese di attesa un pomeriggio Radio Londra diffonde gracchiando questo messaggio. Il comandante partigiano Alberto Tagliaferri e la sua squadra cattolica della Carroccio si preparano per l’aviolancio che verrà effettuato nei boschi di Gerenzano quella notte stessa. Una notte d’inferno, pioggia, freddo, vento. Alle tre di notte i partigiani se ne tornano indietro. Pare che l’aereo fosse stato intercettato e la missione annullata. Niente lancio di armi. Era marzo 1945.

“Luce del mattino” era invece il codice dato ai Garibaldini, di orientamento comunista, della 101^ e 182^ Brigata. Testimonia il comandante Mario Cozzi: «Nel mese di marzo ricevetti un messaggio segreto nel quale mi si ordinava di aspettarmi un lancio di armi nella zona di Gorla Maggiore». Gli armamenti richiesti che verranno paracadutati sono 800 mitra, 300 Brem, 500 rivoltelle automatiche, 1500 bombe a mano Sipe, pallottole per mitragliatrici 12,7 e 7,7 e inoltre 10 lanciafiamme. Le disposizioni per ricevere il lancio sono dettagliate, bisogna trovarsi nel punto segnato sulla cartina, accendere dei fuochi in determinate posizioni. Ma il lancio non avvenne.

Qualcuno ipotizzò anche un ripensamento da parte degli Alleati. Il 9 aprile gli angloamericani riescono a sfondare la Linea Gotica. C’è nell’aria la sensazione che ormai sia questione di poco: il 10 aprile il Partito Comunista dirama le “Direttive n 16 del PCI per l’insurrezione” a firma Luigi Longo e il 21 aprile il CLN Alta Italia dirama anch’esso le “Direttive per l’insurrezione nazionale” con le istruzioni per l’organizzazione dello sciopero nazionale. Tutte quelle armi, se fossero state paracadutate, alla vigilia della Liberazione, potevano secondo gli Alleati diventare un pericolo una volta ottenuta la libertà.

Così alla vigilia dell’insurrezione i partigiani legnanesi di entrambi gli schieramenti erano abbastanza numerosi ma con un armamento del tutto insufficiente. Per la Carroccio solo uno su 5 aveva un’arma.

Le forze nazifasciste potevano contare su 290 uomini in Legnano, più un centinaio nei paesi limitrofi. Rispetto ai partigiani erano di meno ma molto ben equipaggiati con anche armamenti pesanti. 

24 aprile 1945

24 aprile. É mezzogiorno e la staffetta si dirige all’oratorio di San Domenico, alla casa di don Carlo Riva, che è il coadiutore di San Domenico e, per non destare sospetti, ha accettato il ruolo di cappellano delle Brigate Nere. In realtà don Carlo è il rappresentante della Democrazia Cristiana in seno al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Legnano ed il vero comandante delle forze partigiane cattoliche legnanesi. A casa sua è riunito un gruppo di partigiani della Carroccio: «Una tradotta con un forte contingente di militari fascisti arriverà verso sera alla stazione di Legnano con provenienza Milano».

I partigiani decidono. «Bisogna quindi attaccare. Il presidio fascista di Legnano non deve essere assolutamente rafforzato con questi nuovi reparti!» Il comando unificato, Carroccio, 101^ Garibaldi e 182^ Garibaldi, impartisce ordini perché i partigiani prendano posizione.

Nel tardo pomeriggio un’altra staffetta porta il contrordine: i fascisti hanno preso un’altra strada. Ma il comando è deciso: «Ormai siamo pronti. Non ci si ferma più!»

Attorno alle dieci di sera un gruppo di garibaldini della 182^ attacca a Canegrate le “Cascinette” un posto di blocco dove è insediato un presidio tedesco con un’importante stazione radio. Lo scontro è durissimo e si conclude con la morte di tre tedeschi ed il ferimento di altri quattro, tra cui due ufficiali. La stazione radio viene messa fuori uso, impedendo quindi ai tedeschi le comunicazioni.

Contemporaneamente 24 uomini della Carroccio comandati da Alberto Tagliaferri attaccano due posti di blocco tedeschi situati presso il casello dell’autostrada. Liberata la via attaccano la caserma di viale Cadorna. Era importante conquistare la caserma in quanto in essa vi era un arsenale di armi che sarebbero state utilissime ai partigiani. Secondo un rapporto del 5 marzo del Tenente Angelo della Carroccio nella caserma si trovavano 30.000 fucili e moschetti, 50 cannoni di vario calibro, 500 armi automatiche (mitragliatrici e fucili mitragliatori) con abbondanti munizioni.

La resistenza dei tedeschi è stata ostica e tra i partigiani ci sono stati due morti e cinque feriti. A un certo punto i tedeschi decidono di uscire dal passo carraio del retro e dirigersi in parte verso l’altra caserma situata nel poligono di tiro nei pressi dell’autostrada, da dove fanno partire una sparatoria per bloccare la strada agli insorti, e in parte presso il loro comando nella palazzina della GIL in via Milano.

Gli uomini di Tagliaferri prendono possesso della caserma e vi passano la notte.

Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 24 Aprile 2017
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