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Womenomics: donne, lavoro, economia, fecondità

La teoria del Womenomics fornisce dati concreti, che attestano come la presenza delle donne nel settore economico influisca direttamente sulla ricchezza del Paese...

La concessionaria F.lli Cozzi (Legnano, Viale Toselli 46) ha ospitato nella serata di giovedì scorso un evento che sbaglieremmo a definire “tutto rosa”. Il progetto Women in power e la presentazione della teoria del Womenomics ribadiscono non solo il potere creativo che la donna possiede per sua natura, ma soprattutto la crescita da questo determinata nell’ambito del lavoro, della società, della politica: il che interessa a tutti, “agli uomini a cui importa, alle donne che osano, alle imprese (e ai Paesi) che illuminano la via” (Womenomics in azienda, Avivah Wittenberg-Cox).

La prima ad intervenire è Elisabetta Cozzi, fiera di poter affiancare il nome della propria famiglia a quello di donne speciali, che da 6 anni sono protagoniste del progetto WIP. Acronimo per Women In Power, “oltre ad essere un progetto, è un messaggio. WIP vuole dare valore alle donne di valore. Ogni anno identifichiamo nel territorio dell'Alto Milanese 40-50 donne che si distinguono nella loro quotidianità, nel mondo economico, sociale, politico, sportivo o culturale. E poiché si tratta di donne speciali, abbiamo pensato di farle diventare testimonial della nostra concessionaria, mettendole alla guida di un'auto per una settimana.” La comunicazione è un aspetto fondamentale dell’iniziativa: le donne parlano di sé e fanno parlare di sé: “Siamo in comunicazione con questo progetto, tramite i media, 365 giorni all'anno. Dal 2014 il progetto ha assunto un aspetto charity, sostenendo due associazioni: Coopi (a livello internazionale, per le donne in difficoltà nel mondo) e Cif (Centro Italiano Femminile, a livello locale).”

Obbiettivo del WIP è innanzitutto la valorizzazione costruttiva della specificità femminile: “esiste una diversità, la diversità di genere, che va compresa e valorizzata. Questo è molto più di un sogno: è il primo passo di un percorso inarrestabile”.

E non è solo una questione etica: la teoria del Womenomics fornisce dati concreti, che attestano come la presenza delle donne nel settore economico influisca direttamente sulla ricchezza del Paese. Così Francesca Panzarin ci presenta il sito womenomics.it, fondato nel 2008 per far conoscere l’omonima teoria di Kathy Matsuy, analista della Goldman Sachs (1999), diffusa a livello internazionale dal The Economist (2006).

Il neologismo nasce dalla crasi tra women ed economics, e si basa su quattro elementi: donne, lavoro, economia, fecondità. L’equazione è netta: più donne attive nel mondo del lavoro significa una maggiore crescita economica e demografica del Paese. “Quante più donne ci sono nel mondo del lavoro, maggiore è l'impatto sul Pil del paese e sulla sua fecondità. Il lavoro femminile è il motore della crescita economica”.

La teoria del womenomics, per la prima volta, coniuga la teoria delle pari opportunità con indici economici precisi. In Italia, l’entrata di 1 milione di donne nel mercato del lavoro produrrebbe un aumento del Pil del 3%; infatti, per ogni 100 donne che entrano nel mondo del lavoro, si possono creare 15 posti aggiuntivi nei servizi. Oggi in Italia lavora il 47% delle donne: squesta percentuale raggiungesse gli obiettivi del Trattato di Lisbona (il 60%), ci sarebbe un impatto sul Pil di 7 punti.

La maggior parte delle donne nelle aziende non ha ruoli apicali. Eppure la presenza di più donne in posizioni di rilievo, secondo le ricerche, migliora la redditività e la governance nelle aziende, e diminuisce la corruzione. Il problema è che le donne si trovano frequentemente a dover conciliare il lavoro e la famiglia, troppo spesso a scapito della seconda: in Italia, 1 donna su 4, a due anni dalla nascita del figlio, non ha più un lavoro. Il risultato è un aumento del numero delle libere imprenditrici: donne certamente intraprendenti, ma che talvolta rinunciano ad un ruolo in azienda perché hanno bisogno di maggior flessibilità.

Ma la forza creativa femminile sta anche in questo: sapersi costruire degli spazi dove non ce ne sono. Ecco come Riccarda Zezza ha partorito l’idea di Piano C, che ci viene presentato da Sabrina Bianchi: “vogliamo concretizzare un nuovo modo di entrare nel mondo del lavoro. C’è un milione di donne che bussano per entrarci, con dignità, non perché glielo si deve, ma perché deve essere la normalità di un paese. Ma spesso non ci sono le condizioni perché questa normalità si crei”. La donna moderna, per accedere al mondo del lavoro, deve spesso inquadrarsi secondo le esigenze di questo settore, e abbandonare le aspirazioni, la famiglia, e tutto quanto la rende una personalità a tutto tondo. Ma è in questa circolarità che sta la sua ricchezza: “Perché ostinarsi a entrare in una porta quadrata? Costruiamo una porta rotonda. Una strada che non è il piano A – lascio il lavoro e mi dedico alla famiglia – né il piano B – lascio la famiglia e mi dedico al lavoro – ma è un piano C”.

In collaborazione con 27esima ora e Valore D, Piano C è uno spazio concreto, (a Milano, Via Simone d’Orsenigo), basato sul coworking, ma con una particolarità: un’area dedicata ai bambini. Donne e uomini lavoratori possono affittare una scrivania e usufruire di tutti i servizi, dal Wi-Fi, a sale per riunioni ed eventi, ai cosiddetti “salvatempo”: spesa su commissione, cena take away, e soprattutto, il babysitting. I bambini vengono seguiti nel gioco da un’équipe di educatrici, all’interno della stessa struttura, a pochi metri di distanza. E si tratta di spazi flessibili, di cui si può usufruire per un’ora sola come per un’intera giornata, in cui sperimentare una sinergia produttiva: “Perché spesso ci dimentichiamo che le persone che lavorano felicemente, producono anche di più”. L’iniziativa è rivolta non solo ai singoli lavoratori, ma anche ad aziende e istituzioni, perché possa diventare un modello di lavoro diffuso, con effetti positivi su flessibilità, tempo libero, ed efficienza. “Siamo partiti da Milano con l'ambizione di poter essere d’ispirazione per gli altri, e così è stato. Nascono spazi come questo a Mestre, Bologna, Roma. I modelli per far sì che il mondo del lavoro diventi da quadrato a rotondo ci sono; e non solo per le donne, ma anche per gli uomini”.

L’idea è legata a MAAM, acronimo per Maternity As A Master: uno studio, poi un libro, e oggi un percorso, che insegna a conoscere le competenze organizzative e produttive che la nostra persona sviluppa naturalmente nella vita, e a trasferirle sul piano lavorativo. Con esiti positivi. Si è dimostrato che il cervello, durante le fasi della gravidanza e della cura del bambino, attiva aree e funzioni proprie anche dell’attività di leadership. Negoziazione, multitasking, creatività, determinazione, efficienza: non ci serve un corso di formazione per apprenderle. Già le applichiamo nel decidere chi va a far la spesa, nel mettere a letto i bambini, nel giocare con loro, nella gestione del tempo libero.

Prendiamo atto del presente del nostro paese: le women in power, le donne che vogliono lavorare e che sanno lavorare, esistono. Lo testimoniano gli interventi dei rappresentanti di Confartigianato, Confcommercio, Confindustria, le amministrazioni locali, e le stesse women in power (tra loro, Germana Re, nella foto sopra, e Micaela Colombo). Cogliamo l’invito del Dottor Cavallini, per Donna Soggetto; diamo loro l’opportunità di riscoprirsi, da oggetti dei media, di violenze, di mobbing, a soggetti. Protagoniste di un cambiamento positivo per tutti, rosa e azzurri.  

MARTA BENETTI

Redazione
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Pubblicato il 24 Ottobre 2014
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