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CASCINA MAZZAFAME 2013: IL DISCORSO DI LUIGI BOTTA

La lotta partigiana descritta dal presidente legnanese dell'Anpi...

A nome della sezione Anpi di Legnano, che si onora del nome di Mauro Venegoni, medaglia d’oro al V.M. della Resistenza ringrazio tutti i presenti ed in particolare il sindaco della nostra città Alberto Centinaio e Padre Walter per l’assistenza religiosa che ci ha riservato.

Col suo puntuale intervento il sindaco Centinaio ci ha fatto rivivere una giornata della lotta partigiana legnanese, vissuta in questa cascina il 21 giugno del 1944, ricordando quel terribile giorno di sangue con le parole da lui apprese dallo stesso protagonista dello scontro armato con le brigate nere: il comandante partigiano Samuele Turconi.

Ma trovandoci nella zona d’Oltrestazione voglio ora ricordare il sacrificio di due legnanesi, partigiani come Turconi della 101°. Brigata Garibaldi, uccisi dai fascisti al ponte di S. Bernardino: Renzo Vignati di 19 anni e Dino Garavaglia di anni 18. Era il 27giugno 1944, una settimana dopo i fatti che sono stati qui ricordati.

I funerali si svolsero il 4 luglio in un clima di grande tensione in quanto i fascisti pretendevano che le onoranze si svolgessero in forma privata per timore della reazione di tutta la popolazione.

Sugli eventi di quel giorno, credo interessante quanto raccontò un testimone oculare, il partigiano della Garibaldi Francesco Crespi. Riprendo testualmente dal libro “Giorni di guerra” degli autori Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti e Alberto Centinaio.

Il racconto di Crespi: “ arriva il prete ( don Francesco Cavallini coadiutore della parrocchia SS. Martiri) e dà la benedizione ai morti. Poi arrivano i fascisti, prendono le casse e fanno per portarle via. Don Francesco li ferma e dice: “questi ragazzi li ho battezzati in chiesa ed in chiesa devono venire” Allora ci facciamo avanti in otto o dieci, prendiamo le bare e le portiamo in chiesa. All’uscita vediamo che i fascisti hanno messo le mitragliatrici sul piazzale.

Don Francesco si mette davanti, fa uscire le donne, poi tutti assieme andiamo al cimitero, guardati a vista dai fascisti. Questo fatto mi ha colpito molto perché nessuno, né il prete né la popolazione che ha partecipato al funerale hanno avuto paura del fascisti e delle loro mitragliatrici.” Fin qui il partigiano Francesco Crespi.

Don Francesco Cavallini l’ebbe vinta, ma per lui la vicenda non si concluse li.

Qualche giorno dopo i fascisti lo arrestarono e lo portarono al carcere di S. Vittore a Milano, dal quale venne poi liberato il 25 aprile del ’45.

Ecco, a tante persone come coloro che abbiamo ricordato, noi dobbiamo la liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista . A loro, a quelli che persero la vita, ai loro sacrifici dobbiamo la libertà di cui oggi godiamo.

Ma la libertà, sancita dalla nostra Costituzione nata dalla Lotta di Liberazione e dalla Resistenza non è un vitalizio. essa va difesa ed alimentata ogni giorno.

Oggi, 2 giugno, è la festa della Repubblica. Il 2 giugno 1946 ci furono le prime elezioni libere della nostra storia. Le donne hanno votato per la prima volta. Le donne e anche i ceti più miseri della popolazione. Da queste elezioni nacque la nostra Repubblica. E la Repubblica ci ha dato la Costituzione, un impareggiabile insieme di regole per vivere insieme. In essa c’è la strada per risolvere i nostri problemi, dove si proclama il primato della persona umana, della sua dignità, che ci ha resi cittadini e non più sudditi.

Mentre la legge vieta, proibisce sia pure ad interesse di tutti, mentre i 10 comandamenti sono tutto un “ no”, non fare questo, non dire quello, sia pure a fini spirituali e non solo, la Costituzione è tutto un SI, tutto a favore, è la legge del desiderio, la legge della speranza.

La Costituzione dice si al lavoro, alla parità dei diritti e dei doveri, ci dice che è compito di chi ci governa di rimuovere gli ostacoli di tipo economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini , impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Il primo articolo ci parla del lavoro. Il lavoro è le fondamenta che rendono fruibili i diritti che la Costituzione ci garantisce. Quando non c’è lavoro si produce infelicità e si perde tutto. Quando si riceve la busta paga dentro non ci sono solo i soldi ma c’è anche la nostra dignità di persona. Non è solo un avere ma anche un essere; essere parte viva della comunità, c’è la nostra libertà, indipendenza, dignità, la nostra vita.

Chi ha scritto la Costituzione sapeva, conosceva il legame fortissimo tra lavoro e la personalità dell’individuo, perché il lavoro nutre l’anima e senza crolla tutto.

Crolla la Repubblica e crolla la democrazia, che sono il corpo e l’anima delle nostre istituzioni. Sacro è l’impegno che ognuno deve assumersi affinchè la Costituzione venga appieno realizzata. Dobbiamo studiarla, assimilarla, renderla parte di noi stessi.

Don Andrea Gallo soleva dire che la Costituzione deve essere la nostra preghiera laica che va recitata ogni giorno. E Giuseppe Dossetti, presbitero. giurista, politico e teologo, chiamava la Costituzione il “fiore pungente” perché bella e giusta in ogni sua parte come un fiore e pungente nello stimolarci a migliorare noi stessi per noi stessi e per gli altri.

Nata dalla Resistenza, la Costituzione ci ha donato la libertà. In una lectio magistralis

sulla Costituzione tenuta nel ’56 all’Umanitaria di Milano, Piero Calamandrei esortava gli studenti a vigilare sulla libertà perché, diceva, la libertà è come l’aria e ci si accorge quanto questa sia preziosa quando comincia a mancare.

Ecco quello che ci insegna questa giornata che unisce, casualmente per calendario, Lotta di Liberazione, Repubblica e Costituzione.

La presenza qui, oggi, di giovani studenti portati a partecipare al ricordo di chi ha dato se stesso perché noi si possa vivere liberi ci apre alla speranza in un futuro migliore. Un grazie al loro preside. Un grazie ai loro docenti.

Sul muro di sinistra della chiesa dei SS. Martiri, in via Venezia, si riesce ancora a leggere una frase che amo ripetere nel corso degli incontri che periodicamente ho occasione di avere con gli studenti parlando della Resistenza. La frase è in latino e dice: tale sarà la società futura quale sarà stata oggi l’educazione dei giovani”.

E questi giovani, educati al culto della memoria e della libertà sono, come diceva Alcide Cervi, padre di sette figli uccisi dai fascisti, simili a “quelle radici che non gelano e che saranno gli alberi del futuro”.

Che l’albero della libertà, della giustizia sociale, della solidarietà e della pace possa crescere frondoso sulla nostra Italia.

W la Repubblica, W la Costituzione.

LUIGI BOTTA

Redazione
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Pubblicato il 02 Giugno 2013
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