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UNA TESI SVELA I RETROSCENA DEGLI AFFRESCHI DI SANT’ERASMO

Una studentessa legnanese ha dedicato la tesi di laurea alla travagliata vicenda che nel 1927 ha portato alla traslazione delle opere dai muri dell'ospizio, tornate a casa un mese fa...

Riceviamo e pubblichiamo un estratto della tesi della legnanese Veronica Ruberto intitolata:  "L'Ospizio di Sant'Erasmo tra storia, diritto e cultura". L'elaborato discusso nel 2013 approfondisce la travagliata vicenda che ha portato il distacco degli affreschi nel 1927. Proprio di recente gli affreschi sono tornati nel loro luogo d'origine (leggi qui l'articolo)


Con molto piacere sono venuta a conoscenza, grazie ad un articolo pubblicato su Legnanonews, che tutti gli affreschi che adornavano la parete dell’ex Ospizio Sant’Erasmo potranno tornare al loro luogo d’origine. Mi sono laureata a marzo 2013 con una tesi intitolata : “L’Ospizio di Sant’Erasmo tra storia, diritto e cultura” approfondendo proprio la vicenda travagliata che ha portato il distacco dei suddetti affreschi nel 1927.

Alla fine del 1800 la struttura dell’ospizio presentava gravi compromissioni; con ciò la Congregazione di Carità il 23 maggio 1893 scrisse alla Regia Soprintendenza all’arte medievale e moderna della province lombarde poiché :”circostanze speciali esigevano la demolizione del fabbricato colonico” e quindi veniva richiesta una valutazione affinchè la demolizione dell’edificio non intaccasse le memorie storiche; ma la Congregazione di Carità non ricevette alcun responso; ma  non demorse e 10 anni dopo il presidente della Congregazione di Carità, Candiani, riscrisse alla regia Soprintendenza di Milano, a seguito anche di una comunicazione ricevuta che invitava la Pubblica Amministrazione a curare gli edifici di importanza storica e richiedeva, quindi, un provvedimento urgente.

La Regia Soprintendenza effettuò un sopralluogo rispose che l’edificio non poteva essere demolito poiché sulla parete principale  dell’edificio vi erano tracce di affreschi risalenti alla seconda metà del 500 , ad opera dei fratelli Lampugnani,che decoravano l’edificio. Questo conferiva al fabbricato un interesse e un valore dal punto di vista artistico e storico e con ciò non era permessa alcuna demolizione.

Il 15 ottobre del 1913 il Ministero della Pubblica Istruzione notificò il provvedimento di tutela (cura storica e artistica dell’edificio) per l’ospizio Sant’Erasmo e quindi venne sottoposto alle disposizioni contenute nella Legge 364 del 20 giugno 1909 che stabiliva e fissava le norme per alienamento delle antichità e delle belle arti.

L’ospizio nel frattempo, 1921, chiuse.

Il 18 aprile 1921 la Congregazione di Carità , spinta dalle cospicue somme di denaro ricevute dai lasciti testamentari dei benefattori e dalla volontà del Comune di Legnano di restituire prestigio alla secolare istituzione, scrisse una lettera alla Regia Soprintendenza. Lo scrivente Crespi, presidente della Congregazione, si rivolgeva all’Architetto Perrone, colui che negli anni precedenti aveva effettuato sopralluoghi per esaminare il fabbricato, per ottenere un nuovo sopralluogo e sperare in un esito diverso dal precedente.

Dopo aver effettuato il sopralluogo, l’architetto Perrone dettò le condizioni per poter assecondare la richiesta di demolizione: presentazione di un progetto grafico e la conseguente approvazione da parte della Regia Soprintendenza.

La corrispondenza tra i due enti si interruppe ma gli articoli comparsi su “la voce di Legnano” ci indicano l’inizio dei lavori per la costruzione di un nuovo edificio. Infatti nel febbraio del 1926 viene pubblicato un articolo che intitolava :” Il piccone ha cominciato a demolire il vetusto fabbricato”.

La situazione era compromessa: la Congregazione e il comune di Legnano non avevano né presentato né fatto approvare alcun progetto per il nuovo fabbricato, come richiesto dalla Regia Soprintendenza, e soprattutto non veniva dimostrato alcun tipo sensibilità per gli affreschi cinquecenteschi che conferivano valore all’intero fabbricato.

Il 29 marzo 1926 Ettore Modigliani, pittore italiano  di fama mondiale, allora ai vertici della Soprintendenza milanese, scrisse al presidente della Congregazione di Carità ribadendo che l’ufficio in questione non era stato avvisato  dei lavori presso l’ospizio ed essendo, l’edificio compreso fra quelli di interesse agli affetti della legge sui monumenti,  rammentava l’obbligo di ottenere autorizzazioni.

Nessuna replica fino al 30 aprile 1926 quando l’ufficio tecnico del Comune di Legnano scrisse una missiva alla Soprintendenza nel quale venivano rese note le motivazioni che avrebbero affrettato l’inizio dei lavori:

·         “Le condizioni antiestetiche, a cui nulla aggiungono gli indecifrabili affreschi,  impedivano la sistemazione dei fabbricati dell’ospizio”.

·         “l’impedimento dell’attuazione del piano regolatore” che prevedeva l’allargamento di circa due metri dell’arteria provinciale del Sempione che, proprio nel punto in cui sorgeva il luogo pio, subiva una strozzatura.

Ettore Modigliani e l’architetto Perrone, a fronte di queste argomentazioni e dell’intenzione del comune di Legnano e della Congregazione di Carità di non tirarsi indietro in meritoa  ciò che avevano autorizzato, presentarono denuncia al Ministero della Pubblica Istruzione per l’arbitraria demolizione dell’ospizio e per l’imperizia nell’aver lasciato in piedi solo il muro che portava tracce di affreschi.

Nel marzo successivo si trovò un compromesso per non lasciare gli affreschi all’incuria della Congregazione e del Comune : l’evenienza di poter demolire il muro in questione staccando gli affreschi. Così venne incaricata la ditta dei fratelli Annoni per il loro distacco e il 4 luglio Ettore Modigliani rilasciò il nulla osta per la demolizione del muro ribadendo con fermezza la violazione di Legge.

Quando Ettore Modigliani venne a sapere che il presidente della Congregazione di Carità era Antonio Bernocchi, ovvero colui che con una grossa somma di denaro aveva reso possibile la conclusione dei lavori di restauro di palazzo Brera, cercò, con scarsi risultati, di ritirare la denuncia . Non riuscendoci chiese alla procura del Re di Busto Arsizio,  che si occupava del processo in questione, di adottare un atteggiamento benevolo nei confronti degli imputati.

Nel 1931 Antonio Bernocchi, all’epoca dei fatti presidente della Congregazione di Carità , e il Sindaco Vignati vennero assolti: il primo per non aver commesso il fatto ed il secondo perché il fatto non sussisteva reato.

Ho depositato una copia dell'elaborato presso la Biblioteca di Legnano per chi fosse interessato a leggerla.

Veronica Ruberto

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 14 Maggio 2013
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