Borghi: “Non faccio beneficenza a chi non paga. L’ippodromo? Vale 15 milioni”
Il presidente della Svicc replica alla protesta degli operatori: “Abbiamo investito due milioni, ma su 400mila euro di affitti arretrati dei box pesa tutto. La passione? È costata cara”

«La situazione è sicuramente molto peggiorata. La cifra di chi ha canoni arretrati dei box da pagare arriva a 400 mila euro e pesa molto sul bilancio. Bisogna tener conto del fatto che, negli ultimi anni, abbiamo investito almeno due milioni di euro nella struttura, tra cui anche i soldi per il nuovo impianto di illuminazione. Pertanto, se devo fare beneficenza, la faccio per chi ne ha davvero bisogno».
Guido Borghi, presidente della Svicc, Società Varesina Incremento Corse Cavalli che gestisce l’ippodromo di Varese, replica alla protesta degli operatori, allenatori, proprietari e fantini, che sono andati con i cavalli fino a Palazzo Estense per chiedere che vengano riaperte le piste per allenare i loro purosangue.
Presidente Borghi, quei due milioni di cui parla sono stati utilizzati per migliorare la struttura?
«Certo, per gli adeguamenti richiesti dalla commissione di vigilanza. Almeno 800mila euro per il nuovo impianto di illuminazione, già pagato. Le fatture sono lì a dimostrarlo, ma il contributo di 150mila euro del Ministero non è ancora arrivato. Abbiamo sistemato le piste in erba e in sabbia. Non nego che la struttura abbia bisogno di interventi, ma stiamo aspettando il nuovo bando per capire che direzione prendere e quali lavori fare. Nel frattempo, la società che presiedo continua a pagare tutte le utenze, l’Imu e il personale assunto a tempo indeterminato. E quindi chiedo che mi vengano pagati i canoni di affitto dei box».
La Svicc, che è controllata dalla sua famiglia, riceve dal Masaf – il Ministero per la Sovranità Alimentare e le Foreste – poco più di un milione e 300mila euro.
«Io e la mia famiglia non abbiamo mai preso un centesimo, ma ho sempre fatto in modo che la società e tutti gli azionisti venissero remunerati. Poi ci sono quelli che hanno preso milioni di euro, o meglio, oggi sono ex azionisti» (dice con tono divertito).
Si riferisce a tutti quelli che predicavano bene sulla fedeltà alla Svicc e poi hanno venduto le loro quote a Salvatore Ligresti? Perché lei non cedette a quell’offerta che era allettante, per pura passione o cos’altro?
«Ogni tanto ci penso. Forse avrei dovuto vendere anch’io, ma in quel momento prevalse il cuore, o come dice lei, la passione per la storia gloriosa di questa società. L’ippodromo di Varese e la Svicc, per ottant’anni, sono stati un vero gioiello».
Sarà stato un gioiello, ma oggi l’ippodromo di Varese ha bisogno di interventi strutturali, e quindi di investimenti consistenti.
«Sa quanto ci vorrebbe oggi per costruire un ippodromo come quello delle Bettole, con tutti gli interventi che abbiamo fatto negli anni, a cominciare dalle due piste, passando per le tribune e la loro copertura ignifuga, fino agli impianti?».
Non saprei…
«Almeno quindici milioni di euro. Il Comune di Varese, oltre al canone d’affitto, per 25 anni ha avuto un ammortamento medio di 400 mila euro. È il frutto di investimenti che, in passato, la mia famiglia ha fatto con gioia, naturalmente anche sull’onda trainante dell’Ignis. Basti pensare alla pallacanestro, che ha portato il nome di Varese nel mondo, e al calcio, che ha visto passare dalla nostra città grandi campioni. Noi avevamo lo psicologo, il dietologo e il preparatore atletico. Bettega, quando andò alla Juve, disse: “Varese è dieci anni avanti a voi”».
Ritornando all’ippodromo, cosa farà la Svicc nell’immediato? Presenterete un’offerta per il nuovo bando?
«Ci sono due questioni da affrontare. La prima riguarda i termini del bando, e finché non li conosciamo è un po’ difficile rispondere su cosa faremo. La seconda riguarda le remunerazioni del Ministero. Le faccio degli esempi su questo secondo punto: se il premio per una corsa ammonta mediamente a 1.500 euro, sarà difficile portare qui corse di qualità e spettacolo. Con quei soldi non si pagano nemmeno le spese per spostare un cavallo. Inoltre, ci sono i servizi che si offrono e gli immobili che si impegnano, come il ristorante e il bar. In questo caso, le remunerazioni del Ministero non possono equipararci a quegli ippodromi che non hanno queste strutture. Noi le abbiamo sempre avute: il problema è nato solo l’anno scorso».
A proposito di passione, suo figlio Giovanni, che è consigliere delegato della Svicc, ha detto pubblicamente che non ama l’ambiente dell’ippica. Che cosa gli dice?
«Che questo è il suo lavoro e deve farlo. Giovanni è molto sincero e dice questa cosa, che in un momento come quello attuale posso capire: amare queste persone e quindi questo ambiente non è facile».
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