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L’innovazione della protesi dell’anca, una storia di “fallimenti”, ricerca medica e ingegneria

Circondati dagli storici modelli dell'Alfa Romeo, esposti al Museo Cozzi di Legnano, gli esperti (più di una ottantina) hanno analizzato i fallimenti passati e i progressi fatti sino ad oggi

"Tecnologia e Innovazione in Chirurgia ricostruttiva dell'anca" al Museo Alfa Romeo di Legnano

Pesa circa 400 grammi, è in titanio e presenta una superficie ruvida definita “microrugosa”, capace di aderire ai tessuti ossei. Stiamo parlando di una protesi fatta (anche su misura) con macchinari che producono in 3D e che rappresenta la nuova frontiera della chirurgia ricostruttiva dell’anca. Un’innovazione affrontata durante il convegno “Tecnologia ed innovazione” tenutosi venerdì 24 marzo al Museo Alfa Romeo di Legnano. Evento organizzato dal dottor Roberto Capelli, presidente OTODI Lombardia e direttore U.O. Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Sacco di Milano.

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"Tecnologia e Innovazione in Chirurgia ricostruttiva dell'anca" al Museo Alfa Romeo di Legnano 4 di 15

La location scelta, come ha spiegato il dottor Capelli con Elisabetta Cozzi, responsabile degli spazi espositivi di viale Toselli, non è casuale: «Rappresenta il coraggio dell’imprenditoria italiana capace di rinnovarsi nonostante le difficoltà e nel contempo rappresenta la forza, la passione per la ricerca in campo medico». Le protesi sono di fatto costruite da LimaCorporate, azienda italiana del settore medicale specializzata in impianti ortopedici, che come precisa Cozzi, «oltre ad essere una eccellenza, ha collaborato nella sua storia iniziata nel 1945 con Alfa Romeo. Ma in realtà il legame sta nel continuare a parlare di movimento e meccanismi. Sì, perché Lima con i suoi ingeneri realizza protesi per l’anca, ossia, elementi capaci di ridare movimento al corpo». Per presentare questa novità (applicabile in casi complessi) gli specialisti (tra cui Prestamburgo dell’U.O. Ortopedia e Traumatologia dell’Asst Ovest Milanese) sono passati dai «fallimenti della chirurgia ricostruttiva» come nel caso della modularità femorale primaria, oppure, per le protesi in metallo, che tra le altre cose provocava (a causa dell’usura) la malattia da polietilene.

Circondati dagli storici modelli dell’Alfa Romeo gli esperti (più di un’ottantina) hanno analizzato i diversi casi presi in considerazione ed hanno discusso sugli effetti negativi (a lungo termine) provocate dalle protesi (della testa del femore e dell’anca) di vecchia generazione. Da qui è emersa l’importanza del materiale e della superficie che deve entrare in sintonia con il tessuto osseo. Ed è qui che entra in gioco l’innovazione prodotta dal made in  Italy e attraverso la preziosa ricerca portata avanti da ortopedici e traumatologi impegnati nel curare le persone.

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 24 Marzo 2023
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