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“Scherzo di qualche burlone o scoperta archeologica?”

generica

7 Agosto 2025

Riceviamo e pubblichiamo:
Sono sempre stato appassionato di archeologia, che ho coltivato da autodidatta fin dalla giovinezza, parallelamente alla mia professione cardiologica.
Pare che esistono molti massi erratici, anche migliaia nel nord Italia, secondo Stoppani (geologo e paleontologo di vaglia). Sarebbero la conseguenza dell’ultima glaciazione, quella di Wurm che si concluse circa 12.000 anni fa, derivati da una frana iniziata dal Gottardo e fusasi poi con quella del Sempione, di porzioni di rocce che si fermarono in diversi luoghi e furono variamente visitati ed esplorati. Uno dei più importanti autori di queste descrizioni è appunto lo Stoppani che ha pubblicato un volume in cui riporta disegni, ma non fotografie, almeno del masso a cui mi riferisco. Un giorno, nel gennaio 2025, passeggiando in riva a un lago scattai delle fotografie di uno di questi massi: tornando a casa e, rivedendo queste immagini ingrandite, scoprii quanto è riprodotto nella foto e che mi era inizialmente sfuggito scrutando il cellulare. Non mi risulta che qualcuno abbia mai descritto quelle che sembrano impronte di mani. Ho contattato un paio di persone di elevato livello nell’archeologia lombarda che hanno manifestato tutto il loro scetticismo: quel masso non risulta avere avuto utilizzi nel neolitico e un’archeologa di vaglia nega  che tale impronte possano avere resistito per così tanto tempo al ghiaccio, all’intemperie e che siano sfuggiti alle descrizioni di un personaggio dello spessore di Stoppani, che, peraltro ne ha fatto solo un disegno in toto e non riguardante il lato delle impronte ( ho recuperato la pag. 622, scansionata da una università statunitense, che lei doveva andare a cercare in originale al museo di Storia Naturale di Milano).  La maggior parte delle impronte di mani note in archeologia sono state effettuate con l’ocra rossa, ma esistono altri materiali per imprimere queste impronte in positivo e negativo: le più numerose si trovano nella Cueva de las Manos in Argentina, altre che in Portogallo, in Francia, Spagna o anche in Italia.
Esistono altre sostanze utilizzate per lasciare tali impronte: l’ematite, in altre realtà sono stati reperiti dopo accurate analisi specifiche insieme a residui di cristalli di gesso, che permettono di resistere al tempo e alle intemperie. Queste tre immagini potrebbero anche non essere nulla di particolare ovvero uno scherzo di qualche burlone. In realtà mi è sembrato corretto segnalarle (sono passate migliaia di persone e non le hanno notate e fotografate, visto che il masso inclinato a una quindicina di metri dalla riva non sempre è raggiungibile per le variabilità del livello dell’acqua). Ho pensato di girare le foto ai responsabili della soprintendenza lombarda, perché potessero visionarle, fotografarle e studiarle con tutti i mezzi attualmente disponibili. Un valente archeologo nega la “frequentazione” di questo masso in epoca neolitica: è il responsabile degli scavi che vi segnalai per primo in Via Adige a Canegrate e conclusosi senza ritrovamenti importanti (Non vi ho scritto più nulla perché mi promise, ben due volte via mail, una relazione conclusiva sugli scavi, mai giunta…) Un’altra sua collega, sostiene che non avendo descritto nulla lo Stoppani di questo masso la mia interpretazione è una cosa fantasiosa, che non esiste…In realtà è anche possibile che queste immagini siano state impresse molto tempo dopo la fine della glaciazione e che per vari motivi non siano stati scoperti: infatti visto che il livello del lago varia molto, per entrare a fare quelle foto ho dovuto camminare in equilibrio su roccette per un tratto esteso almeno 15 metri rischiando di cadere nell’acqua e solo dopo aver visto l’ingrandimento di questa immagine mi sono chiesto se le impronte di queste mani siano equiparabili a quelle che sono state descritte, per la verità, in altre grotte. Questo masso è aggettante, molto inclinato per cui potrebbe anche essere stato protetto dalle intemperie. In una di queste immagini sembra che, con la mano sinistra, l’autore abbia cercato di aggrapparsi a una specie di spuntone arrotondato, ma non è riuscito e la mano è scivolata verso il basso lasciando un’impronta molto più netta qualche centimetro sotto. Sulla sinistra ci sono due nitide impronte sempre di quella mano e che sono state variamente interpretate dagli archeologi che li hanno descritte nelle grotte note da tempo. L’organigramma complesso della sovraintendenza lombarda, mi ha depistato: ho chiesto informazioni al referente degli scavi di Canegrate e a un’archeologa che avevo conosciuta in passato. Ci siamo anche telefonati, ma all’idea di comunicarlo via stampa sono stato frenato con toni e modi discutibili e intimidatori( “le consiglio in ogni caso di agire con cautela e in accordo con la Soprintendenza, in tutela sua”…Ho pensato di farmi affidare una protezione armata…) Sfogliando la complicata struttura della sopraintendenza mi sono anche imbattuto nel sindaco del paese del masso erratico, a cui ho scritto ricevendo una tardiva risposta, che ritengo influenzata da archeologi e sopraintendenza (“ ragazzi hanno giocato vicino magari deturpando il masso, ci passano tante persone, fanno pic-nic…”). Peccato che nessuno lo abbia mai visto, fotografato o segnalato a chi di dovere. Finalmente sono riuscito a contattare dopo, molti tentativi via mail e cell, la diretta responsabile del territorio del masso che, simpaticamente così mi apostrofò: “Ha contattato tutti fuorché la “VERA RESPONSABILE DI QUELLA ZONA”! L’organigramma della sopraintendenza lombarda è un ginepraio… La mia sensazione, sicuramente errata, è che essendo stata osservata da un “non Archeologo strutturato e senza titoli accademici”, abbia infastidito i veri responsabili della sopraintendenza, come fosse un’ingerenza sgradita di un solo appassionato (ma non sprovveduto) di storia del neolitico e paleolitico lombardo. Anche diverse redattrici e giornaliste di varie testate sono state inibite dalla sopraintendenza lombarda e si sono rifiutate di pubblicare una mia intervista sull’episodio (L’Italia è al 46mo posto per libertà di comunicazione…) . Quando mandai a una archeologa della sopraintendenza quello che “avrebbero dovuto essere le indagini complete per arrivare a definire il caso”, il gelo è sceso fra noi e sono cessate mail e telefonate. Da gennaio non è giunta nessuna mail o telefonata in proposito che tre archeologi mi avevano assicurato a “breve” dopo che qualche “tecnico” si fosse recato sul posto a visionare il masso e a fare altre indagini coperte da segreto professionale. Si sa che la Sopraintendenza lombarda, ha tempi lunghi e investimenti limitati, a fronte di un organigramma infinito. Una archeologa creatrice di un bel museo è stata trasferita a Roma, poi rientrata a Milano su sua richiesta e ora, con master in storia greca e romana “deve rinnovare una saletta del Castello Sforzesco (limitatissima in spazi e materiale esposto) sulla protostoria e preistoria lombarda dalle prime scoperte”. Ha chiesto in un formulario cosa suggerirebbe un visitatore e a me. Ho una casa di vacanza accanto a lei e sa che ho notato molti reperti del paleolitico e neolitico orobico, e vorrebbe che le facessi “da guida per insegnarle qualcosa”. Sono un cardiologo, solo appassionato di archeologia, studiata per passione e praticata da dilettante, ma con una discreta cultura teorica, senza avere titoli accademici o funzioni negli alti livelli della sopraintendenza lombarda. Ho anche scritto un libro sulla Patera di Parabiago, dimostrando che é una gran bufala, ma che tuttora campeggia in originale al museo storico di Milano come pezzo di assoluto valore, quando è un falso clamoroso e mai studiato approfonditamente. Al Responsabile degli scavi di Canegrate, conclusi in un nulla di fatto, la notizia relativa alla Patera parabiaghese ha avuto una riposta decisa ”La patera è autentica e uno dei più importanti reperti del museo milanese”. Subito dopo ad Amazon è arrivata la richiesta di una copia del mio libro su quell’argomento… E’ da gennaio che attendo risposte dalla sopraintendenza lombarda, in particolare dall’archeologa referente per il territorio che include il masso. Telefonate, mail dirette a tre archeologi non hanno avuto risposta, anche dopo che avevo elencato quanto avevo appreso, da “ dilettante allo sbaraglio”, relativamente alla modalità di studio. Spiace anche segnalare che giornaliste di diverse testate (oltre al sottoscritto) sono state “invitate”, con modi e toni discutibili, a non rivelare il luogo in cui si trova il masso per non mettere a rischio una possibile (ma considerato poco probabile) scoperta archeologica. La sopraintendenza tramite la referente del territorio assicura che, nel caso fosse davvero una scoperta, verrà riconosciuta la mia priorità nella segnalazione e il mio intuito…Intanto il tempo passa e non arriva nessuna risposta su una corretta interpretazione, Il masso e le impronte sono state visionate mesi fa e richiederebbero studi “molto lunghi e complicati”. Come medico avevo anche proposto una piccola “biopsia” dell’impronta, perché potesse essere studiata approfonditamente dal punto di vista fisico e chimico con le apparecchiature attuali (spettrofotometria compresa) considerata devastante, se reale.
Conclusione: Scherzo di qualche burlone o scoperta archeologica? Agli archeologi l’ardua sentenza…
Dott.Raffaele Baroffio

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