Quantcast

Ricerca

» Invia una lettera

“Per altri… nella Giornata della Memoria”

conferenza Ucraina a Lugano

3 Febbraio 2023

Al momento in cui scriviamo, venerdì 27 gennaio del 2023, la guerra in Ucraina sembra essere ancora limitata ai territori di confine. In modo pressoché stagnante. Con modeste varianti tra perdite e riacquisti del territorio, tra sconfitte e vittorie e conseguenti avanzamenti e arretramenti. Tutto si svolge, grosso modo, lungo la via del Donbas e del Mar Nero, per la Crimea e fino a Odessa. Ma non più oltre. Il dispiegamento degli eserciti, dell’ una e dell’ altra parte, e lo stallo e le sue variabili e l’ alternanza delle loro fortune militari sul campo fanno pensare a un terribile gioco degli scacchi, quando sul principio tutto è ancora possibile per ciascuno dei contendenti.
Stando così le cose, ci chiediamo: ma quando e come si fermeranno le ostilità ?
Il governo di Kiev non sembra orientato alla resa e al disarmo. C’ è, dalla sua, il sostegno di una ferrea volontà popolare. Molte le rovine e molti i caduti in battaglia. Numerosi i civili, a tutte le età, morti sotto i bombardamenti. Tantissime le fosse comuni. Ma la determinazione di un popolo è muro alto, è un argine che non si lascia facilmente condizionare.
Allo stato dei fatti è pensabile che l’ Ucraina riesca a contenere la spinta dell’ armata moscovita. Ora, se tale condizione non dovesse evolvere per altri esiti, alla fine, nello scenario della geopolitica è presumibile che tutto resti sostanzialmente immutato. Poco o nulla sarà cambiato delle condizioni preesistenti al 24 febbraio del 2022. Resterà solamente aperto il pur grave problema della riedificazione e della pacificazione all’ interno delle due nazioni.

Assai diverso sarà il loro destino, se la fortuna delle armi dovesse volgersi a favore dei moscoviti. Cosa potrebbe accadere se la guerra in Ucraina si concludesse con il trionfo militare della Russia ? Cosa accadrebbe se il lungo conflitto venisse a spegnere le speranze e l’ eroica resistenza del popolo di Kiev ?
Con la sconfitta dell’ Ucraina o con un accordo di pace ingiusto e disonorevole, quali potrebbero essere le conseguenze negli attuali equilibri dell’ universo politico? Oggi a queste domande non è facile dare precise risposte. E nessuna certezza. Potremmo fare solamente delle ragionevoli ipotesi.

Ove la Russia avesse partita vinta sulla difesa militare dell’ Ucraina, l’ Europa non potrebbe non avvertire i rischi di una presenza così dichiaratamente ostile e non temere la sua prossimità a due passi dai suoi confini. Si sentirebbe braccata; sentirebbe sul proprio collo il respiro aggressivo di un vicino di casa, fatto ora più potente dalle fortune militari: un vicino sicuramente non pacifico e, per ciò stesso, divenuto più minaccioso e pericoloso. Sarebbe, questa, un’ inquietante condizione in termini di rapporti politici. Con una soffocante alternanza di interferenze finanziarie, di difficili accordi commerciali e di intese economiche scarsamente rassicuranti.

Allora sì, che il pericolo di una terza guerra mondiale (ed io penso alla gravità di una guerra nucleare) non sarebbe più una tristissima ipotesi.

Intanto, gli addestramenti tecno-strategici e gli armamenti convenzionali, i droni, i Panzer, i Leopard e i Challenger 2, che oggi vengono dati dall’ Europa al governo di Kiev, non basterebbero più e non potrebbero più limitarsi ad essere una calcolata, ancorché generosa, concessione. Il conflitto, di necessità, reclamerebbe un coinvolgimento aperto e diretto di molti Stati. E sarebbe un modello di guerra fino ad oggi solo parzialmente sperimentato, carico di tutte le sue micidiali tristissime imprevedibilità. Guerra della ricchezza. Non certamente il confronto della virtù, del coraggio o dell’ onore. Non conflitto delle idee, del benessere o delle economie, ma calcolo, voglia di sopraffazione e spavalda arroganza di oligarchiche potenze: guerra delle brame più barbariche e feroci, vista in tutte le sue più lucide e temibili latitudini.
Allora, la cessione di moderni mezzi di combattimento, addestramento, artiglierie, armamenti corazzati, missilistici e droni – come oggi si fa all’ Ucraina da parte degli USA, dall’ Inghilterra e da altri stati europei – non gioverà ai buoni fini della pacificazione. Apparirà, a quel punto, assai più rassicurante ricorrere alle armi nucleari. Superba follia. E alle menti più bellicose quell’ uso sembrerà persino pacificatorio (la romana pax di tacitiana memoria). Il nucleare sarà l’ inevitabile strumento di confronto che reclamerà di essere impiegato. Costi quel che costi. Quello, sì, che apparirà paradossalmente risolutorio. Tutto calcolato, con il nucleare, il conflitto si risolverebbe in tempi brevi. E poi sarà quel che sarà.

Ora non c’ è nessuno al mondo che non sappia come tutto ciò possa segnare il declino della dimensione umana sulla faccia della terra. E non solo. Dalle rovine di un’ ultima guerra – dico ultima perchè non ne vedo altre successive e conseguenti – il mondo che sarà rimasto in sopravvivenza, con le sue ferite, sarà obbligato a ricercare una pur lenta rifondazione di sé stesso. Nuove idee, una nuova esistenza, diverse culture e motivazioni. Futuribili motivazioni, se mai ce ne saranno. Un nuovo fondamento.
Con tutte le devastazioni e le deformazioni e trasformazioni che ne deriveranno, la scienza – come già si teme – con dolorosa certezza potrà rappresentare il principio di una nuova era geologica.
——-

Nel discorrere di così penose evenienze, ancora una volta, come già altre volte in precedenza su temi analoghi, ci soccorre la rilettura del pensiero greco. E andiamo a ritroso di 2500 anni.

Dolorosamente e con vergogna oggi ci tornano alla mente le disdegnose parole di Andromaca a Menelao, nei versi di Euripide:

Σὺ δὴ στρατηγῶν λογάσιν Ἑλλήνων ποτὲ Τροίαν ἀφείλου Πρίαμον, ὧδε φαῦλος ὤν; ὅστις θυγατρὸς ἀντίπαιδος ἐκ λόγων 325 τοσόνδ’ ἔπνευσας, καὶ γυναικὶ δυστυχεῖ δούλῃ κατέστης εἰς ἀγῶν’; οὐκ ἀξιῶ οὔτ’ οὖν σὲ Τροίας οὔτε σοῦ Τροίαν ἔτι.

” Sei stato tu, al comando di potenti eserciti greci, tu, un essere così insignificante, a strappare la città di Troia al grande Priamo ? Tu, un uomo da nulla ? Come ti è stato possibile ? se ora sono bastate le parole di una ragazzina, tua figlia Ermione, per accenderti d’ ira e ti inalberi e minacci e muovi guerra a una donna, dico una donna, una sventurata, una povera schiava ?
No, non ne eri degno, tu non meritavi tanta gloria, non meritavi di conquistare Troia, né Troia si meritava di venir conquistata da te “.
(Euripide, Andromaca, w. 324-327).

Parole di fuoco. Proviamo, ora, a traslitterare il senso di questo breve passaggio della tragedia di Euripide e ci rendiamo perfettamente conto di come allora ( nel tempo della più alta espressione della cultura ateniese) un’ intera civiltà fosse entrata in crisi. Nei versi di un intellettuale, un drammaturgo amato dal popolo, c’ è una donna che si pone al centro della Storia, una donna contro un uomo; una femmina schiava che osa e sfida il suo re; e con lei la schiera dei più poveri che avanza pretese contro la soperchieria dei potenti; la virtù e la dignità contro l’ arroganza; la verità contro la menzogna.

Poi, le cose andarono come andarono. Anzi, come dovevano andare. Sappiamo come la Storia andò a svilupparsi. Il trionfo dei valori della civiltà. Contro la cultura e la barbarie della guerra . Atene contro Sparta. Così, per il mondo poterono crescere l’ arte e il pensiero; e si diversificarono e nel tempo si moltiplicarono la ricerca del bello e l’ amore per il giusto. Con esiti spesso inattesi e laceranti. Fino ai giganteschi mutamenti di età medioevale, fino alle straordinarie vicende della seconda guerra mondiale. E ancora più oltre.

Appare evidente: in quell’ Atene del V secolo c’ era stato un passaggio prodigioso, il capovolgimento di una fede, un’ autentica rivoluzione culturale. Un positivo scossone che sarebbe servito a pilotare la vita verso un nuovo ordine sociale, verso modelli più rassicuranti di “felicità”.

Ma tutto questo, se rapportato alle conclusioni di una guerra moderna, ci porta a dire che – con gli eventi ultimi di un conflitto nucleare – ci troveremmo di fronte alla più pericolosa delle negatività. Saremmo di fronte al rovesciamento o, meglio, alla cancellazione della realtà e dei fondamenti stessi del pensiero.
Se si desse seguito all’ impiego di una macchinazione nucleare e perciò allo sterminio violento dell’ evidente e dell’ esistente, non ci rimarrebbe che il nulla. Una irrealtà. Senza memoria e senza prospettive. Senza più traccia di ciò che è stato. E senza segnali di ciò che in futuro potrebbe ancora essere. Cosa accadrà, dunque, con la privazione di una qualunque germinazione di vita e di pensiero ?

È vero:
C’è chi ha scelto – per propria consolante rassegnazione – di abbracciare la ” scienza e la vocazione del nulla” come fosse la certezza più coerente, la più affidabile e la più attendibile. E dovremmo poter dire, persino, l’inevitabile. Ma sarebbe uno scenario per il quale non c’ è più domanda e non ci sarebbe più una ragionevole risposta.

Se, dunque, sono queste le conclusioni, siamo forse nel vero se ora dubitiamo dell’ opportunità e dell’ autenticità di una tale ideologia.
Ma chi sarà il suo propulsore, il nostro interlocutore ? A chi mai potrà giovare una così squallida fine ?
Ci chiediamo: non sarà, forse, il grido disperato e doloroso degli innocenti? Ossia, la pura rappresentazione dei puri?
Non sarà la scelta di chi si illude di fondare una nuova religione della vita ?

Ma quale ??

Prof. Giuseppe Conte

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.