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IL DISAGIO DI GIANFRANCO TRIPODI DI FRONTE ALLA GUERRA QUOTIDIANA IN AFGANISTAN

14 Giugno 2010


Egr. Direttore,
l’altra sera il TG1 ha aperto il proprio notiziario comunicando che alcuni bambini erano riusciti ad evitare l’ennesimo attentato in Afganistan, avvisando i nostri militari della presenza di un ordigno sospetto sulla strada che gli stessi stavano per percorrere.

Quell’ordigno, in effetti, era una bomba: rudimentale, ma in grado di uccidere.
Fin qui, la notizia di cronaca, il racconto giornalistico ed il grazie a quegli attenti bambini.

A me, però, oltre alla commovente ammirazione per quel gesto, ha provocato sgomento e dolore il presupposto di quell’episodio: quei bambini, ogni momento del proprio giorno, lo vivono ancora a contatto con la morte; ogni istante della loro innocente quotidianità nasconde un pericolo mortale; ogni eroico ed ingenuo tentativo di vivere in modo normale la vita, si scontra con una realtà di morte.

Quei bambini, prima ancora di salvare la vita dei nostri militari, fortunatamente, hanno salvato la propria.

E mentre noi dibattiamo in modo sconsiderato e volgare di intercettazioni, di alleanze partitiche e di condoni, i bambini dell’Afganistan (come dell’Iraq, dell’Iran, dell’America Latina, dell’Africa…..), giocano, camminano, vivono con la morte accanto.

Mi sono sentito piccolo ed  in colpa: e con  il bisogno di rendere pubblico questo mio personale disagio.

Per stringerci, almeno in coscienza, con quei bambini e con quei popoli che sono espropriati ogni istante della loro vita, della loro innocente normalità: eppure, continuano a sorridere. A tutti. Sempre.

Abbiamo tutti tanto da fare.  E tutti insieme abbiamo il dovere di riaprire gli occhi e dare le nostre energie per qualcosa di vero, di autentico, di inviolabile: il diritto alla vita.
 
Gianfranco Tripodi

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