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Antares: una serata in compagnia dei… pellerossa

Originale  incontro mensile di Antares. Il tema è stato il simbolismo e la cosmologia dei "pellerossa", spiegate dal professor Adriano Gaspani...

Continuano gli appuntamenti mensili con gli astrofili di Antares, che quest’anno compie 40 anni. Ieri sera a palazzo Leone da Perego i presenti si sono goduti un viaggio indietro nel tempo, indietro di circa 30 mila anni, quando si stanziarono negli attuali Stati Uniti i nativi d’America, quelli che spesso chiamiamo “indiani d’America” per errore di Cristoforo Colombo che credeva di essere arrivato nelle Indie, o “pellerossa” sebbene certe tribù di rosso non abbiano proprio nulla. Ce ne ha parlato il professor Adriano Gaspani, dell’Osservatorio astronomico di Brera, appassionato di simbologia e cosmologia dei nativi americani e appena tornato da un viaggio in Messico in cui ha potuto ammirare la congiunzione di Luna, Venere e Marte.

La denominazione “nativi d’America” comprende una moltitudine di popoli che, giunti attraverso lo stretto di Bering nell’attuale America del Nord, circa 30 mila anni fa hanno iniziato un processo di stanziamento nel continente. Le tre etnie principali hanno quindi dato vita alle popolazioni con cui nel XVI secolo i colonizzatori bianchi si scontrarono: Navajo, Cheyenne, Sioux, Irochesi, Apache, ma anche Inca, Maya e Aztechi e molte altre. Questi popoli, così diversi tra loro, svilupparono comuni credenze cosmologiche e una religione animistica e spiritistica basata soprattutto sulla continuità tra cielo e terra: non c’è separazione, come per i Cristiani, ma bisogna vivere in armonia con entrambe le dimensioni.

Il cielo è elemento centrale nella vita dei nativi, che basano tutto sull’osservazione celeste. Gaspani ci ha parlato della questione degli insediamenti: sebbene di tipologie diverse, adatte ai differenti climi, tutte le abitazioni dei “pellerossa” sono orientate nella stessa identica maniera, seguendo i punti cardinali o punti di solstizio. La casa è infatti per loro una trasposizione terrestre della cosmogonia. Anche i mound, terrapieni adibiti alla sepoltura, sono orientati in base al cielo, così come le danze vengono effettuate ricreando il tragitto dei corpi celesti.

All’interno della volta celeste è il sole ad essere il punto di riferimento principale. I nativi credevano in un mondo superiore, in cui dominava il sole, e in uno inferiore, in cui si finiva dopo la morte e in cui il sole non c’era. Per i nativi possiamo parlare di un vero e proprio culto del sole, e apice del loro calendario è la danza del sole: quattro giorni di purificazione collettiva in cui rendere grazie dell’anno trascorso e chiedere protezione per quello a venire.

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Pubblicato il 14 Marzo 2015
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