LO «STERNMANTEL» (IL MANTO DI BAMBERGA) DI ALESSIO FRANCESCO MARINONI
LO «STERNMANTEL»
Il Mantello di Bamberga di Enrico II: un monumento al potere Imperiale
di Alessio Francesco Marinoni
dottore in Filosofia presso l’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, specializzando in Filosofia della Storia. Attuale Vicepresidente di ASR – Associazione Alumni San Raffaele
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Figure della mitologia, come Ercole, stanno a raffigurare il potere imperiale.Il significato politico e religioso di questo splendido mantello è reso chiaro dall’iscrizione. Viene rappresentato il cosmo e il potere dell’imperatore come solo regnante “autorizzato” su questo mondo. Cristo appare come l’Essere più elevato, il quale sta nel centro della rappresentazione con le quattro figure canoniche ai lati. Le altre raffigurazioni tolte dal mondo della salvezza cristiana, sono concentrate su Cristo come “alpha” e “omega”, ma allo stesso tempo sono accompagnate dai simboli delle stelle e dello zodiaco, ovvero l’universo nel tempo.
I 36 medaglioni corrispondono ai decani: le divisioni dello zodiaco e i simboli delle stelle raffigurano l’universo nella sua spazialità. In più, si ha la figura di Ercole: già nell’antichità Ercole stava per il potere imperiale
Iniziamo col decifrare i tre grandi gruppi di iscrizioni presenti sul manto. La prima, ovvero quella inerente l’iscrizione che corre lungo il bordo inferiore, ne spiega il significato, «…DESCRIPTIO TOCIUS ORBIS…», nonché il nome del donatore, «…PAX ISMAHELI QUI HOC ORDINAVIT…». Come ringraziamento del capitolo del duomo di Bamberg dopo la morte dell’imperatore, venne aggiunta anche l’iscrizione, in alto all’interno della mandorla: «…SUP[ER]NE VSYE SIT GRATV[M] HOC CESARIS DONUM…». Il bordo inferiore del piviale porta, a caratteri maiuscoli, l’iscrizione: «…O DECVS EVROPAE CESAR HEINRICE BEARE ANGEAT IMPREIVM (imperium) IBTI (tibi) REX QUI RE[G]NA[T] WNE (in evum)…».Le singole rappresentazioni, sia cristiane sia profane, sono accompagnate da iscrizioni.
Nel centro in alto, la Majestas Domini, affiancata dai siboli “A” e “Ω” e dai simboli degli Evangelisti. Sotto, tra un cherubino ed un serafino, è ricamato il mezzobusto di Maria Vergine. Sopra a Cristo, troviamo “SOL” e “LVNA” raffigurati come donne recanti torce; fra di solo, due santi vescovi con un libro nella mano desta ed una calice in quella sinistra. Accanto, sei figure con nimbo, letti come gli anziani dell’Apocalisse.
Sotto al cherubino, Maria Vergine, descritta come “STELLA MARIS”, è affiancata alla sua destra da San Giovanni Battista: «…SA[NCTV]S JOHANES QVI ET GR[ATI]A D[E]I…». Nella fila superiore, dentro un ottagono, è possibile leggere la figura dell’Agnello di Dio con l’iscrizione «…AGNE D[E]I DELE CRIMINA NDIMV (mundi)…». Accanto una vergine, raffigurante la verginità di Maria, «…VIRGINITAS PAP[RO]BATE (approbate) MIRE MERE…».
Accanto a Maria e a San Giovanni Battista la metà del cielo con i segni dello zodiaco e delle costellazioni, con l’iscrizione: «…DESCRIPOI DVORV[M] SEMISPERIORVM…».Seguono le figure di Pegaso (1), il Capricorno (2), il Carrettiere (3), l’Uomo-Serpente sullo scorpione (4), la Vergine con Bilancia (5), l’Aquila (6), la Balena (7), Perseo con la testa della Medusa (8), il Serpente d’acqua con una brocca da latte ed un corvo (9), il piccolo Cane (10), il Toro (11), i Gemelli (12), Cefeo (13), un Drago con orsi (14), Andromeda, Ercole che uccide il drago (15), i Pesci, la Lira (16), Cassiopea (17), il Sagittario raffigurato come un centauro (18), il Dominatore degli orsi (19), il Cigno, il Cancro (20), un triangolo con leone e acquario (21), lo Scorpione (22), l’Orsa Maggiore e l’Orsa Minore.
Ens Maas ha dimostrato come il simbolismo adottato nel mantello si appoggi fortemente all’antico. Nella letteratura classica si trova questo simbolismo negli scholia greci di Arato. Quello dei “Phaenomena”, il “Poema delle Stelle” lo “Sterngedicht”, venne conosciuto nell’epoca dei merovingi attraverso una traduzione in latino dell’VIII secolo, alla quale seguì verso la fine dell’XI secolo, una nuova versione.
A questa idea si ispirarono anche le placche carolingie di avorio della Cathedra Petri a Roma.
Anche il mantello di Enrico II aveva i suoi prototipi nel mondo antico, dal tempo dei Diadochi a quello degli imperatori romani, da Augusto fino a Giustiniano. Anche il Gran Sacerdote, nel Vecchio Testamento dimostrava il suo potere e la sua maestà per mezzo di un mantello con rappresentazioni dell’Universo. Gli imperatori carolingi adottarono il mantello “stellato” prendendolo direttamente da Bisanzio.Un mantello del genere, appartenente ad Ottone III fu regalato al convento di Sant’Alessio a Roma. È quindi comprensibile che il duca Ismahel di Bari, città che risentiva ancora fortemente dell’influsso di Bisanzio, fosse a conoscenza di questo simbolo del potere e portasse all’imperatore, per al sua incoronazione, avvenuta a Bamberg nel 1013-1014, questo splendido mantello ricamato, per ottenere il suo aiuto contro i bizantini.
L’iscrizione dedicatoria, «…PAX ISMAHELI QUI HOC ORDINAVIT…», sembrerebbe indicare tuttavia, che il duca abbia fatto fare il mantello in un convento che conosceva nell’Italia meridionale e probabilmente proprio a Bari. Molte indicazioni confermano questa ipotesi, come nel caso del mantello della Santa Kunigunde, la tecnica del ricamo indica rapporti con Bisanzio.
Anche il girocollo, una specie di ricordo del loros bizantino, sembra essere stato adottato dalle vesti bizantine. Nel manto di Bamberg l’ornato, e anche il modo di fare le maiuscole, corrisponde piuttosto alla maniera dell’Italia meridionale che non a quella di un convento imperiale della Germania Anche le prime menzioni del Mantello dell’Universo sembrerebbero assegnarne l’esecuzione all’Italia meridionale. Albert Boeckler trova un forte rapporto con gli scriptoria di Regensburg, ma lascia aperta la questione di una localizzazione nell’Italia meridionale. Anche Messrer e Lasko concordano con l’attribuzione a Regensburg, citando la parentela tecnica con il Rationale a Bamberg, lasciando però aperta la possibilità che sia stato fatto nell’Italia meridionale.
Non sappiamo se Enrico II abbia portato il mantello al momento dell’incoronazione. Di sicuro avrà avuto un altro mantello. Uno ne donò, infatti, qualche tempo dopo al convento di Cluny e ciò rende anche credibile che il duca Ismahel abbia regalato il mantello un po’ più tardi, verosimilmente verso il 1019-1020, quando, come esule, cacciato dalle sue terre da Bisanzio, chiese aiuto all’imperatore. Siccome oltre ai due pezzi del Tesoro di Bamberg – il mantello di Kunigunde ed il Rationale – non si sono trovati altri tessuti simili, una precisa localizzazione rimarrà dubbia. Nonostante i rapporti molto evidenti con Monte Cassino, si può pensare che il duca Ismahel abbia preferito far fare il mantello nel suo paese: a Bari.
Bibliografia:A.A.V.V., Monumenta Germaniae Historica, III, 37Weitzmann K., The Art Bulletin, 1973A.A.V.V., Sakrale Gewänder des Mittelalters, München, 1955Belli d’Elia P., Alle sorgenti del Romanico. Puglia XI sec., Dedalo, 1984Schramm P.E. – Mütherich F., Denkmale der deutschen Könige und Kaiser, München, 1981Baumgärtel-Fleschmann R., die Kaisermäntel im Bamberger Domschatz, in «Bericht des Historischen Vereins Bamberg», 133, 1997A.A.V.V., Heinrich II (1002-1024), Bamberg, 2002A.A.V.V., Matilde di Canossa. Il Papato l’Impero. Storia, arte, cultura alle origini del Romanico, Silvana, 2008
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