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Città metropolitana di Milano: ecco come cambia il mercato del lavoro

Presentato a Palazzo Isimbardi il report annuale a cura dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro di Città metropolitana con una analisi dei dati dal gennaio 2022 al primo semestre 2023 e un focus sui cosiddetti “contratti collettivi pirata”

Generico 15 Jan 2024

Assunzioni, cessazioni, tasso di occupazione, contrattazione collettiva: riflettori accesi a Palazzo Isimbardi, sede istituzionale della Città metropolitana di Milano, sull’andamento del mercato del lavoro tra dati, indicatori e prospettive.

Un lavoro minuzioso e accurato, portato avanti dall’Osservatorio del mercato del lavoro, che ha presentato il Report annuale 2023, con i dati relativi al primo semestre, nell’ambito del Tavolo metropolitano per i servizi all’impiego e le politiche attive del lavoro presieduto da Diana De Marchi, consigliera delegata alle Politiche del lavoro, politiche sociali e pari opportunità della Città metropolitana di Milano.

Oltre all’analisi dei dati, focus anche su un tema caldo: l’impiego e la diffusione dei contratti collettivi nazionali non siglati dai sindacati confederali CGIL, CISL e UIL.

Relatori del convegno l’ex Ministra del Lavoro e delle Politiche sociali Nunzia Catalfo; Andrea Garnero, economista OCSE, Dipartimento Occupazione e Affari sociali; Giuseppe Tango, giudice del lavoro presso il Tribunale di Palermo. Moderatrice dell’incontro Rita Querzè, giornalista della redazione Economia del Corriere della Sera.

Il Report annuale 2023 (fino al primo semestre)

Sotto la lente di ingrandimento i primi risultati operativi dell’Osservatorio regionale, nato dalla convenzione del febbraio 2023 tra la Città metropolitana di Milano, le Province lombarde e Regione Lombardia e che ha messo a disposizione una banca dati delle comunicazioni obbligatorie (COB) di qualità. I dati presi in considerazione vanno dal gennaio 2022 al giugno 2023, mentre per quelli complessivi dello scorso anno bisognerà attendere il mese di marzo.

A partire dalla seconda metà del 2022 si assiste ad un rallentamento degli avviamenti al lavoro ma anche delle cessazioni, e un’analoga tendenza per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, che possono essere interpretati come una normalizzazione del mercato dopo lo tsunami della pandemia. Nel primo semestre 2023 si registra un -1,5% per quanto riguarda gli avviamenti al lavoro, e uno -0,9% per le cessazioni. Guardando alle tendenze di fondo, però, si assiste in realtà ad una stabilizzazione dei volumi dei flussi occupazionali e una crescita del numero complessivo degli occupati. Quest’ultimo aspetto è evidenziato dai saldi positivi delle posizioni lavorative: +51.420 nel 2022 e +48.615 nel primo semestre 2023 (vedi tabella 2). Le stime Istat per il primo trimestre del 2023 indicano un tasso di occupazione pari al 64,7%, in aumento di 0,6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Importante il traino dei contratti a tempo indeterminato, sostenuti per lo più dalle stabilizzazioni di impieghi esorditi a termine (+5,3%) o dalla conferma di rapporti di apprendistato. Questo dato si ritrova anche in altre fonti informative, in primo luogo le stime delle forze di lavoro ISTAT che a livello nazionale nel secondo trimestre 2023 evidenziano un’avanzata pari al +1,7% del numero di occupati (+3,0% se si considera la componete a tempo indeterminato). Anche i dati INPS certificano queste dinamiche registrando complessivamente un +2,2% nel primo semestre 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo aumento suggerisce che le imprese sono disposte a investire sui lavoratori, offrendo loro contratti di lavoro più stabili.

La contrattazione collettiva nell’area metropolitana

L’Osservatorio ha studiato gli avviamenti al lavoro degli ultimi otto anni, dal 2015 al 2022 (4.318.655 in totale), limitando il campo di indagine ai datori di lavoro privati e alle forme contrattuali normate in tutti i CCNL: tempo indeterminato, tempo determinato e apprendistato. Considerate le 1.179 tipologie di contratto depositate al CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). Emerge che: 229 sono sottoscritti da Cgil Cisl e Uil e 950 da sindacati non confederali, mentre sono 824 quelli firmati da almeno una organizzazione datoriale o sindacale rappresentata al CNEL.

Negli avviamenti considerati dal 2015 al 2022 (318.655), emerge, che l’adozione dei CCNL “non confederali” risultano marginali, soltanto il 2,6%​, ma il 79,4% di essi si concentra nell’ultimo quadriennio (2019-2022)​ e nel 2022 la loro quota è cresciuta raggiungendo il 4,8%. La loro espansione riguarda soprattutto mansioni a minore specializzazione e con elevata sostituibilità, con una maggiore incidenza nelle cooperative e nell’impiego part time nel settore dei servizi alle imprese. Inoltre, si caratterizzano per la prevalenza di rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore all’anno. Il rapporto evidenzia l’anomala concentrazione nell’ambito del comparto definito dal CNEL “V plurisettoriale”, perlopiù in “Servizi Imprese” e “Commercio e Logistica”, in cui otto avviamenti su dieci risultano essere regolati appunto da CCNL stipulato dai sindacati non confederali.

Si è riscontrata la grande frammentazione ed eterogeneità degli attori, sia datoriali sia sindacali, coinvolti nella sottoscrizione di questi contratti. Solo nei 16 contratti più diffusi è stato possibile censire 22 sigle sindacali e ben 30 associazioni datoriali.

«Il tema dell’impiego dei CCNL è strettamente legato al dibattito nazionale riguardo all’introduzione, per legge, di una paga minima oraria – dichiara la consigliera delegata Diana De Marchi – La diffusione dei contratti collettivi nazionali è un importante indicatore dello stato di salute dell’economia locale. I dati presentati dal Rapporto sono incoraggianti. La maggior parte delle aziende con sede nel territorio metropolitano applica i contratti collettivi nazionali siglati dai sindacati confederali. Questo dimostra che le imprese milanesi riconoscono come un valore la salvaguardia delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, anche a fronte dell’opportunità di facili risparmi sul fronte salariale. Le sacche di utilizzo di contratti collettivi alternativi, nei quali sovente vengono sacrificati i lavoratori, appaiono marginali nella quantità e tuttavia allarmanti per la loro concentrazione nei settori trasversali dell’economia locale. La Città metropolitana di Milano, per quanto la sua azione istituzionale in materia di lavoro sia circoscritta alla gestione dei servizi per l’impiego, resta ferma nel sostenere ed incentivare la massima salvaguardia e tutela dei lavoratori, anche partendo dalle condizioni dettate dai contratti nazionali applicati. Questo obiettivo, sono certa, è condiviso da tutte le parti sociali aderenti al Patto per il Lavoro siglato con il Comune di Milano e reso concreto dalle scelte che verranno intraprese dal Tavolo metropolitano per il lavoro con azioni mirate ad informare e sensibilizzare i lavoratori e i datori di lavoro sui benefici dei contratti collettivi nazionali e ad adottare misure che disincentivino l’utilizzo di contratti collettivi alternativi».

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Pubblicato il 15 Gennaio 2024
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