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Rho, la Recovery Art spiegata a Villa Burba

Cristina Palmieri, critica d'arte rhodense e curatrice della mostra, ci porta alla scoperta delle opere in esposizione...

Può una cassetta della frutta diventare arte? Sì, può. Parola di Cristina Palmieri, critica d'arte rhodense e curatrice della mostra "Recovery art" visitabile fino al 26 novembre a Villa Burba, a Rho. E non solo può essere arte una cassetta della frutta, ma lo possono diventare anche delle lattine di birra, degli scarti metallici, dei chiodi. Il segreto sta nell'atto artistico: non più creazione materiale, ma un'idea che stravolge il senso e il significato dell'oggetto, fino a portarlo ad essere anche la cosa più lontana da quello che è. Come accade, appunto, per un rifiuto che diventa opera d'arte.

Trasformare il quotidiano in un'opera non è una prerogativa della Recovery art. Le radici di questa tendenza affondano nell'alba del secolo scorso, con i cubisti e i ready made di Duchamp. Ma la scelta del rifiuto è fortemente simbolica. «Quello che noi consideriamo come scarto o rifiuto, non è eliminabile. Va ricollocato – ha spiegato Palmieri ieri sera, giovedì 5 -. Se non possiamo eliminarlo, dobbiamo necessarimamente reintegrarlo nel ciclo vitale. Una soluzione è quella in cui la società ripensa il loro ruolo. Proprio come hanno fatto gli artisti, che hanno ridefinito il contesto e il fine degli oggetti, stravolgendolo». «Abbiamo scelto di proporre due artisti che utlizzano materiale di riciclo per realizzare le loro opere – ci ha raccontato la curatrice della mostra -. Questo è importante perchè riteniamo che sia un tema di assoluta attualità: sensibilizzare il pubblico verso una tematica ormai ineludibile. Non possiamo fingere che non ci riguardi, anche nel quotidiano».

Gli artisti scelti sono Hector & Hector, artista cosmopolita che fa dei linguaggi matematici, esoterici e delle pitture rupestri una delle sue caratteristiche. L'utilizzo delle scatole e delle cassette, tipico dell'artista, è una metafora della società che ci vuole tutti ingabbiati e condizionati. Paolo Villa, invece, è uno scultore che realizza le sue opere dando forma a ciò che originariamente non ce l'ha: assemblea pezzi di diversa provenienza per arrivare a un nuovo "tutto", alle "macchine inutili". Anche lui ironizza sulla società moderna, dove si acquista compulsivamente e si getta in maniera smodata. 

Redazione
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Pubblicato il 06 Ottobre 2017
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