CENTRO RECUPERO ANIMALI SELVATICI DI VANZAGO: I RICOVERI DEL 2009
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Che succede se si trova un piccolo rondone caduto dal nido ? O se in un campo ci si imbatte in un falchetto colpito da una fucilata ? Oppure se il cane ha morso un riccio in giardino? Semplice, si telefona allo 0293549076. A rispondere è il Centro di Recupero per Animali Selvatici (CRAS) WWF di Vanzago, centro istituito e riconosciuto dalla Regione Lombardia nel 1995 ed ospite di una struttura situata nella parte più interna dell’oasi.
Tutti gli animali selvatici rinvenuti in difficoltà nelle province di Milano, Varese e Como – dai quattrocento del 2000 ai quasi milleottocento del 2009 – giungono sotto le cure dello staff del CRAS di Vanzago. Esso consta di una clinica veterinaria, dove è giornalmente presente un medico veterinario affiancato da un gruppo di volontari, è dotato di numerose stabulazioni per la degenza immediata degli animali e di ampi gabbioni, collocati nel mezzo del bosco, dove i rapaci possono riabilitarsi alla vita selvatica senza alcun disturbo o interferenza proveniente dall'ambiente urbanizzato circostante. Se però la liberazione degli animali è il gioioso obiettivo del lavoro del CRAS, la successione di interventi che vi conduce prende le mosse dai cittadini nel ruolo di segnalatori e si attua attraverso una rete operativa “etica e responsabile” che vede coinvolte forze dell’ordine, enti parco, forestali, amministrazioni territoriali locali e provinciali. L’orario di ricezione della fauna in difficoltà è tutti i giorni dalle 9 alle 18. L’ospite, consegnato dalle guardie o direttamente dai suoi soccorritori, viene accolto gratuitamente e gli viene diagnosticata la causa dell’infermità. Per ogni esemplare si compila una cartella clinica, contenente il maggior numero possibile di informazioni sull’occasione del ritrovamento, la diagnosi e la terapia stabilita. Poi l’animale viene collocato in un box o in un gabbione, all’esterno o in stabulazioni riscaldate a seconda delle sue esigenze e dello stato di salute. La degenza dura normalmente da una a tre settimane; passato questo periodo, l’esemplare ormai recuperato viene trasportato nei gabbioni più ampi, dove si disabitua alla presenza dell’uomo e recupera l’attitudine al volo ed in generale alla vita selvatica. L’ultimo atto è la liberazione dell’esemplare: per le specie più esigenti e territoriali si preferisce optare per una liberazione nello stesso luogo di rinvenimento, negli altri casi la semplice apertura del finestrone delle voliere consente all’animale di tornare padrone della sua libertà. Purtroppo non per tutti i pazienti del CRAS è possibile garantire un lieto fine. Degli attuali 1600-1800 esemplari di selvatici che il centro ospita ogni anno, circa il 55% viene rilasciato in natura, mentre per un 27% sopravviene la morte e per un 7% si richiede l’eutanasia. Questi dati vanno però letti con la consapevolezza che gli animali non domestici, anche se in gravi difficoltà, non si danno per vinti fino all’ultimo istante, giungendo nelle mani dell’uomo solo quando ormai sono all’estremo delle loro forze. Anche l’estrema sensibilità di queste specie alla vicinanza e alla manipolazione da parte degli esseri umani è un pericoloso fattore di stress per creature già estremamente provate. Non è un caso in questo senso che fra gli esemplari che non sopravvivono, la morte sopravvenga abitualmente nelle prime 24 ore di degenza. Una volta superati invece i primi difficili giorni, è raro che un animale non giunga alla liberazione. Ovviamente lo staff veterinario del centro, accuratamente preparato, si impegna attentamente a minimizzare il contatto ed il disagio con i pazienti recalcitranti. Anche per le terapie si tende ad evitare interventi troppo intrusivi e violenti, rivolgendosi nei casi possibili all’omeopatia come approccio medico. Fra degenze e terapie la vita di un CRAS è molto dinamica, con però un suo andamento ciclico. I mesi più calmi sono i primi dell’anno, quando arriva qualche gheppio che ha urtato contro un filo della luce, civette impiastrate nella colla per topi o pettirossi finiti in bocca ai gatti. Da aprile fino a luglio vi è invece un aumento eccezionale di attività: è il periodo della nidificazione ed al centro arrivano centinaia di nidiacei caduti dal nido, presi dagli animali domestici, o recuperati durante il taglio di un albero. Nel 2009 sono stati accolti circa 600 fra nidiacei e cuccioli: merli, rondoni, rondini, balestrucci, passeri, fringuelli, allocchi, gufi, civette, gheppi, cornacchie, germani reali, cince, storni e poi ricci, caprioli, un cervo, faine, scoiattoli, ghiri e conigli selvatici. Tutti sono stati amorevolmente nutriti, allattati, curati e cresciuti dai volontari del centro. Ad agosto, finalmente, quando i piccoli iniziano la loro vita autonoma nel mondo esterno, si allenta la pressione nell’ambulatorio; solo da metà settembre ricomincia l’attività, quando si apre la caccia. Malauguratamente sono ancora troppi i cacciatori che non rinunciano a sparare ad un gheppio, ad una poiana o ad un falco pellegrino. Per questa ragione il CRAS di Vanzago svolge un’importante funzione educativa. In due modi differenti. In primis attraverso il grande numero di dati che vengono qui raccolti riguardo le patologie ed i pericoli che minacciano la fauna selvatica nazionale (sui quali d’altronde si sono elaborate ricerche, tesi e tenuti seminari); in seconda istanza coinvolgendo i cittadini nel recupero stesso dell’animale. Il CRAS è come un portone di comunicazione fra la gente ed il mondo selvatico: dal contatto continuo fra i soccorritori, gli animali soccorsi ed i volontari che li ricevono, nasce l’interesse comune e la curiosità verso il mondo naturale e si stimola una sensibilità verso le problematiche della conservazione. |
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