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LEGNANO HA RICORDATO IL SACRIFICIO DEI LAVORATORI DELLA F.TOSI NEL 1944


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Gianni Rinaldini, segretario nazionale Fiom Cigl, è stato l'oratore ufficiale dell'annuale commemorazione in Franco Tosi della deportazione in Germania di lavoratori dell'azienda legnanese, avvenuta il 5 gennaio 1944.

Ogni anno dal 1945 nello stabilimento il lavoro si ferma per ricordare le decine di lavoratori della Tosi arrestati e deportati a Mauthausen all'indomani degli scioperi che paralizzarono la fabbrica all'inizio del 1944, clamorosa ‘anteprima’ di quel movimento che sfociò negli scioperi del marzo dello stesso anno.

La cerimonia si è tenuta stamane al reparto Montaggio, presenti esponenti della RSU di Franco Tosi Meccanica, il Comitato Antifascista Franco Tosi Meccanica, istituzioni politiche regionali, provinciali e comunali. Presente, come sempre in Tosi e in corteo, anche Candido Poli, l'ultimo sopravvissuto di quel terribile episodio.

Alle 11, il corteo ha raggiunto il Monumento al Partigiano al Cimitero dove Luigi Botta, presidente dell'Anpi Legnano, ha tenuto il proprio intervento. Lungo il percorso dalla Franco Tosi al cimitero sono state deposte corone ad alcuni monumenti cittadini che ricordano il sacrificio di tanti caduti per la Patria e la Libertà.

Questo l'intervento di Botta:

“ Chi muore lontano dalla propria terra muore due volte “  Queste  parole,  che Dostojevskij mette sulle labbra di Dimitrij Fjòdorovic nel suo romanzo “ I fratelli Karamàzov.”, assumono un tragico, nostalgico significato se accostate alla sorte toccata a questi nostri compagni lavoratori che oggi abbiamo ricordato.

Come tutti noi, essi amavano la vita, sognavano il loro futuro circondati dai più sacri affetti, in una Italia finalmente in pace, dove la giustizia,  la democrazia, la solidarietà e, soprattutto, la libertà sarebbero stati patrimonio comune. Ma qualcuno ha detto NO a queste loro speranze di menti libere e più non tornarono dai campi di sterminio nazisti. Non erano eroi questi nostri lavoratori, ma lo sono diventati loro malgrado.

In questi campi, limite dell’orrore, un apparato scientifico di repressione e di morte, doveva distruggere, dopo averle ridotte ad ombre di vita, milioni di persone. Lavoratori, partigiani, militari, sacerdoti, oppositori politici, ebrei, Testimoni di Geova, zingari, omosessuali, donne e bambini, disabili e mendicanti sono state le vittime sacrificali in olocausto alle aberranti dottrine del nazismo e del fascismo.

Olocausto: questa terrificante parola che deriva dal greco antico holokàuston e che
letteralmente significa, completamente bruciato, avvolge come un sudario pietoso le ceneri di questi nostri lavoratori, sotterrate o sparse in terra straniera.

Se noi togliessimo ora da questo campo le lapidi che recano alla nostra  memoria i volti ed i nomi dei nostri deportati,  troveremmo solo avelli vuoti, non le loro ossa che mani pietose potrebbero consegnare al culto dei  congiunti.

I nostri deportati forzatamente lasciarono Legnano ma  non fecero più ritorno nella nostra città. E noi non possiamo dimenticare che il fascismo italiano ebbe gravi responsabilità in tutto questo con le leggi razziali del 1938, col suo regime di dittatura, con la Repubblica delle Brigate Nere che operarono in prima linea con rastrellamenti, delazioni e rappresaglie a sostegno dell’occupante nazista.

Malgrado tutti i tentativi di revisionismo, di negazionismo, di mettere sullo stesso piano vittime e carnefici, chi lottava per la libertà ed il riscatto dell’Italia e di chi era dalla parte della tirannia; di chi vuole rimuovere la memoria storica del nostro Paese, mirando al superamento dell’antifascismo, noi siamo qui, dinnanzi alle tombe dei nostri caduti per la libertà, a ribadire ancora oggi l’impegno di trasmettere ai più giovani la memoria di ciò che è stato, perché, conoscendo un orribile passato,  possano essi costruire per tutti un futuro migliore, difendendo e facendo propri i valori per cui questi uomini hanno dato la vita.       

Mentre nelle nostre menti passano i nomi dei deportati della Franco Tosi: Pericle Cima, Alberto Giuliani, Carlo Grassi, Francesco Orsini, Angelo Santambrogio, Antonio Vitali, Ernesto Venegoni, ad essi accumuniamo le altre vittime di altre nostre fabbriche : Giuseppe Ciampini, Giannino De Tommasi, Rino Cassani, Astorre Landoni, Carlo Ciapparelli, Giuseppe Ranzani, Davide Zanin, Eugenio Verga, Mario Pomini, Gianpiero Farioli, Giuseppe Bosani, Ambrogio Bossi, Luigi Mazza, Carlo Filetti, Gianfelice Moro.

Un pensiero a don Mauro Bonzi, sacerdote legnanese, direttore del Collegio Arcivescovile di Desio.
Aiutò la Resistenza, i militari allo sbando, i perseguitati dal regime. Dopo una delazione, le Brigate Nere lo portarono al carcere di Monza, poi a San Vittore, poi lo consegnarono alla Gestapo. Internato nel campo di Dachau si tramutò in spazzino per portare una parola di conforto ai detenuti.

Subì maltrattamenti, privazioni, umiliazioni. Liberato nel ’45 ritornò a Legnano, ma la sua salute non resse alle malattie contratte in detenzione e morì nell’arco di pochi mesi. Ora don Bonzi riposa in questo cimitero, nella cappella del clero.

Dietro a queste splendide figure, i terribili nomi di Mauthausen, Dachau, Flossenburg, Ebensee, Gusen, Bruex,  Zschachwitz.
Ma  oggi questi nostri morti li sentiamo ancora vivi in mezzo a noi, perché noi abbiamo raccolto e fatto nostro il significato del loro sacrificio ed i valori che esso esprime.

Questi valori noi li abbiamo custoditi immutati, li ritroviamo scolpiti nella prima parte della nostra Costituzione Repubblicana, nata dalla lotta di liberazione dal fascismo  e ci impegniamo a trasmetterli a coloro che la vita ci ha messo accanto nelle generazioni successive alla nostra.

E’ questo l’impegno solenne che  noi rinnoviamo, qui, all’ombra delle loro tombe, affinchè sui nostri compagni deportati aleggi la certezza che il loro sacrificio non è stato vano.
 

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Pubblicato il 11 Gennaio 2010
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