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A Busto Arsizio la battaglia contro la violenza sulle donne passa dall’arte con “Free Women”

Finanziato da un bando regionale, il progetto durerà due anni e prevede 10 tirocini professionalizzanti e tre assunzioni stabili in musei, siti storici e luoghi di cultura del territorio

progetto free women

A Busto Arsizio la battaglia contro la violenza sulle donne passa dall’arte con “Free Women”, progetto che mette in rete le cooperative sociali Baobab, San Carlo e Solidarietà e Servizi, i centri antiviolenza E.VA Onlus e Rete Rosa e la rete antiviolenza degli Ambiti di Busto Arsizio, Gallarate, Saronno e Somma Lombardo per aiutare le donne vittime di violenza a costruirsi una nuova vita partendo dal lavoro.

Finanziato da un bando di Regione Lombardia con un contributo di 150mila euro a fronte di un costo complessivo di poco più di 190mila euro, il progetto durerà due anni e prevede l’attivazione di 10 tirocini professionalizzanti in musei, siti storici e luoghi di cultura del territorio, tre assunzioni stabili per le partecipanti che completeranno il percorso, percorsi formativi personalizzati per la crescita professionale e l’autonomia economica e servizi di conciliazione familiare per le madri con figli minorenni. Durante il percorso le donne saranno seguite da un tutor on the job, una figura che le accompagnerà, insieme agli educatori, sia nei percorsi di formazione che nell’inserimento lavorativo vero e proprio, passaggio per cui sono previsti anche un monitoraggio e un tutoraggio costante.

«In queste giornate particolarmente dedicate alla lotta alla violenza sulle donne abbiamo affrontato diverse aspetti: mi fa piacere oggi affrontarne uno positivo, quello legato alla conclusione della strada in salita che le donne vittime di violenza devono percorrere, dalla denuncia alla cura fino alla ripresa della propria vita – ha sottolineato durante la presentazione del progetto l’assessore a Inclusione sociale e Salute Paola Reguzzoni -. Proprio qui si inserisce questo progetto: il percorso di reinserimento è una parte molto delicata di conclusione della cura ed è la parte alla quale effettivamente oggi si dà meno attenzione. Questi 150mila euro si tradurranno in insegnamenti, vite aiutate e famiglie che potranno riprendere la propria vita in autonomia, senza più il sostegno dei servizi sociali: è un progetto che porta ricchezza a Busto Arsizio sia in termini economici, sia in termini umani e di professionalità».

Accanto al reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza, “Free Women” punta dichiaratamente ad un campo di paradigma: utilizzare i siti culturali per potenziare le risorse per nuovi percorsi professionali, accanto ai “tradizionali” contesti protetti. «Per questo progetto c’è già stata una piccola sperimentazione a Castiglione Olona, dove una donna seguita da una delle nostre case rifugio è stata accolta per mesi al polo del Museo civico Branda Castiglione e del Museo della Collegiata – ha spiegato Maurizio Martegani, presidente della cooperativa Baobab e della cooperativa San Carlo -. Le donne vittime di violenza hanno bisogno che l’assistenza ad un certo punto diventi autonomia e dignità, e dignità significa avere un lavoro e una casa per ricostruire quello di cui sono state private. Questo progetto rappresenta proprio questo, e grazie il contesto culturale permette di trasformare la bellezza in veicolo educativo e di far crescere anche i luoghi di cultura della Provincia di Varese».

Non solo. “Free Women” si propone di agire anche sul contesto sociale con «azioni artistiche e culturali per sensibilizzare la cittadinanza e lavorare ad una cultura dell’integrazione e del rispetto», come ha sottolineato Beatrice Turconi, coordinatrice di Casa Pierangela e del progetto. Per questo durante i due anni di progetto verranno organizzati anche eventi pubblici, laboratori e momenti di sensibilizzazione per la cittadinanza, coinvolgendo anche un’artista che darà vita ad una serie di workshop e una compagnia teatrale per raccontare lo sviluppo del progetto.

«Per una donna vittima di violenza l’aspetto più difficile, dopo la denuncia, è trovare la propria strada – ha concluso l’assessore regionale Francesca Caruso -, ma è importante che sappiano di non essere sole e che esiste una rete di professionisti formati e qualificati di cui fidarsi e ai quali affidarsi». «I numeri non sono positivi, anzi peggiorano – le ha fatto eco il sindaco Emanuele Antonelli -, ma dobbiamo continuare ad insistere perché questa è l’unica strada possibile».

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Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 28 Novembre 2025
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