L’Arcivescovo Delpini a medici e personale sanitario: “Generosi fino all’eroismo”
Le parole pronunciate dal Monsignore nell’omelia che ha pronunciato celebrando la Messa nella chiesa dell’Annunciata interna all’Università degli Studi rivolgendosi ai medici e al personale sanitario del Policlinico di Milano

«In questi mesi di pandemia la dedizione generosa fino all’eroismo ha caratterizzato il personale sanitario. Non sempre è stato riconosciuto, non sempre le richieste di aiuto e la speranza di guarigione si è espressa con il realismo e la comprensione che ci si possono aspettare, talora invece di attese sono state pretese irrealistiche, talora il servizio prestato invece che un grazie ha ricevuto reazioni sgarbate. Anche questo interroga il principio del dono e chiede di essere disponibili a perdonare, a ricambiare il male con il bene, a continuare a professare: “Ecco, vengo per fare la volontà del Signore, che io possa essere un dono, in ogni circostanza e ambiente, sempre, per tutti”».
Lo ha detto questa mattina l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, nell’omelia che ha pronunciato celebrando la Messa nella chiesa dell’Annunciata interna all’Università degli Studi (antica sede della Ca’ Granda), per la Festa del Perdono, rivolgendosi ai medici e al personale sanitario del Policlinico di Milano.
«Un ospedale è un sistema complesso in cui si incontrano e si fecondano e talora si scontrano tante dimensioni – ha sottolineato l’Arcivescovo -: quella della malattia e della fragilità, quella della cura e dell’assistenza, quella della ricerca e della scienza, quella della politica e delle risorse finanziarie. Tutte queste dimensioni hanno un’anima e questa anima ispira tutta la vita dell’ospedale. Quest’anima è abitata dall’annunciazione dell’angelo che rivela e tiene vivo il principio del dono: la vita è dono e la risposta al dono è decidere di donarsi, di dedicarsi a prendersi cura dei fratelli e delle sorelle».
L’omelia completa:
Eccomi! Tutto è grazia.
Ci sono quelli della paura.
Ci sono quelli che ritengono che il convivere umano sia costruito sulla paura.
Chi può fa paura agli altri e si impone e comanda e minaccia e ne trae vantaggi. Chi è debole deve rassegnarsi, piegarsi al potere dei potenti, cercare di eseguire la loro volontà per non irritarli e attirarsi castighi, immeritati, forse, ma certo dolorosi. Ciascuno poi cerca di praticare lo stesso principio a coloro che sono più deboli di lui, quindi far paura agli altri perché si pieghino alla sua volontà e facciano quello che lui vuole.
Nella storia dell’umanità è divenuto spontaneo trasferire il “principio paura” anche nei rapporti con Dio. Dio è onnipotente: significa che fa paura a tutti. Perciò tutti devono sottomettersi se vogliono evitare che si scateni l’ira di Dio con castighi tremendi, fino alla condanna eterna. La trasgressione si chiama ribellione e merita severa condanna.Ci sono quelli del mercato.
Ci sono quelli che ritengono che la società sia tenuta insieme dal “principio del mercato”.
Tutto deve essere contrattato, tutto si può vendere e comprare. Se io ti do questo, tu devi darmi quello.
Così sono le cose, i beni necessari per la vita: ho bisogno del pane e in cambio ti do un vestito; così sono i rapporti interpersonali: ho bisogno del tuo servizio, del tuo lavoro o del tuo amore e in cambio ti do i miei soldi o il mio tempo o la mia casa.
Nella storia dell’umanità è stato spontaneo trasferire il “principio mercato” anche nei rapporti con Dio. Ho bisogno dell’aiuto di Dio e in cambio offro a Dio le primizie del campo e del gregge, il mio tempo, i miei servizi. Un principio di dare e avere che richiede una contabilità attenta e una affidabilità reciproca, perché Dio non mi faccia pagare il mio debito con l’interesse. La trasgressione si chiama debito e non sono tranquillo finché non ho risarcito fino all’ultimo spicciolo.“Maria piena di grazia”.
L’angelo entra nella vita di Maria e il suo annuncio è sconcertante. Maria rimase molto turbata dal saluto dell’angelo. È infatti una parola che smentisce il principio della paura e il principio del mercato. Dice infatti: “piena di grazia”. Rivela il principio del dono. Tu sei stata riempita di grazia, Maria. Tutto è dono, è grazia.
Il “principio del dono” è una rivelazione che suggerisce di non riferire a Dio quello che si constata nella vita umana, ma al contrario di trasfigurare la vita umana a partire da Dio. Dio è amore che si dona e di questo viviamo. La vita è dono, la vita è grazia.
Gesù rivela il senso della sua incarnazione come la missione a rendere presente nella storia umana la vita divina. Il Figlio unigenito del Padre, vivo nell’eterna comunione con il Padre e lo Spirito Santo diventa figlio dell’uomo: un corpo mi hai preparato. E così può rivelare il senso della vita umana: è un dono che può farsi dono, è frutto dell’amore che può vivere di amore. “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”.
Maria riceve dall’angelo la rivelazione della verità di Dio: il Signore è con te, perciò tu sei piena di grazia. La risposta a questa rivelazione è l’amore che si dona: ecco la serva del Signore.Farò della mia vita un dono.
La contemplazione del “principio del dono” diventa annunciazione anche per noi, diventa vocazione.
L’intenzione che ha condotto alla creazione dell’ospedale è una risposta a questa vocazione. Un ospedale è un sistema complesso in cui si incontrano e si fecondano e talora si scontrano tante dimensioni: quella della malattia e della fragilità, quella della cura e dell’assistenza, quella della ricerca e della scienza, quella della politica e delle risorse finanziarie. Ma la celebrazione della festa dell’Annunciazione è un invito a riconoscere che tutte queste dimensioni hanno un’anima e questa anima ispira tutta la vita dell’ospedale. Quest’anima è abitata dall’annunciazione dell’angelo che rivela e tiene vivo il principio del dono: la vita è dono e la risposta al dono è decide di donarsi, di dedicarsi a prendersi cura dei fratelli e delle sorelle.
Ispirarsi al principio del dono può contribuire a tenere vivo uno stile che qualifica i rapporti tra le persone, con i malati e tra gli operatori, che qualifica la ricerca, che orienta le scelte amministrative e gestionali.
Lo stile qualificato dal principio del dono è quello del servizio, piuttosto che dell’ambizione, quello dell’amabilità e della benevolenza, della pazienza e della generosità, del rispetto delle persone e dei loro diritti, dell’accurata esecuzione del proprio dovere.
In questi mesi di pandemia la dedizione generosa fino all’eroismo ha caratterizzato il personale sanitario. Non sempre è stato riconosciuto, non sempre le richieste di aiuto e la speranza di guarigione si è espressa con il realismo e la comprensione che ci si possono aspettare, talora invece di attese sono state pretese irrealistiche, talora il servizio prestato invece che un grazie ha ricevuto reazioni sgarbate. Anche questo interroga il principio del dono e chiede di essere disponibili a perdonare, a ricambiare il male con il bene, a continuare a professare: ecco, vengo per fare la volontà del Signore, che io possa essere un dono, in ogni circostanza e ambiente, sempre, per tutti.
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