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Mons. Cairati e il Natale a Legnano: “La prima cosa che le feste ci consegnano sono gli affetti”

Nell'omelia della messa della vigilia, il pensiero di monsignore su noi cristiani che “non siamo della notte, né delle tenebre”, bensì “figli della luce e figli del giorno”

In tutte le comunità e le parrocchie del Legnanese, la notte del Natale è stata celebrata con messe che hanno affollato le chiese. In basilica San Magno, mons. Angelo Cairati, prevosto e decano di Legnano, ha voluto raccogliere alcuni aspetti del Natale storico di Gesù secondo la tradizione evangelica di San Luca, per cercare di scoprire, ancora oggi, quali realtà, quali attenzioni, ci permettono di incontrare il Signore.

Gli affetti

«La prima cosa che le feste di Natale ci consegnano sono gli affetti – ha affermato monsignore nell’omelia -. In questi giorni i mezzi di comunicazione ci parlano continuamente della frenetica mobilità delle persone. Tutti tornano a casa. Si moltiplicano le iniziative per non lasciare solo nessuno in questa festività. Perché ciò che conta sono gli affetti profondi, gli stessi provati in quell’anfratto per gli animali dove nasce il bimbo Gesù. Egli è generato in un contesto di emarginazione, privo di un guanciale. Eppure, nel racconto di Luca c’è un particolare sottolineato con insistenza e tenerezza: “Sua madre lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia”.
Come oggi, anche allora, luce e tenebre si sfidano a duello. Il Vangelo secondo Luca è più delicato, ma non tace il dramma che avvolge questa nascita. Matteo invece, l’altro evangelista che narra le vicende della nascita di Gesù, è più crudo: il suo vangelo dell’infanzia è striato di sangue; infatti, come può Dio farsi uomo senza pagare il prezzo che ognuno di noi paga alla vita? È possibile che egli venga al mondo senza assumere gli stessi fardelli che essa ci impone?»

La perdita della speranza

«Di Gesù si dice che salverà il suo popolo dai peccati. Essi sono la prima forma di oscurità che rende duro il cuore dell’uomo, lo spinge all’egocentrismo radicale. Vi sono poi tutte le forme di disordine che guastano la società e la disgregano; infine le tenebre costituite da una cultura, da una mentalità, da un sentire collettivo che, avendo perso il senso dei valori più alti, non trova neppure la forza per riorientarsi e per smascherare le aberrazioni sociali, cioè i giudizi ultimi sulla vita e sulla morte, sul senso del vivere. Tuttavia è la perdita della speranza in un futuro eterno per l’uomo, è il cielo strappato, svuotato, la tenebra più spessa e impenetrabile».

Il Natale è luce

«Il Natale parla invece di luce, di speranza affidabile, di un futuro possibile nella giustizia e nella pace. Ma su quale melodia angelica dobbiamo ritmare i nostri passi per ottenere ciò che il nostro cuore desidera: pace, serenità, amore, unicamente amore? Gli angeli, con il loro canto, ci conducono alla grotta e lì vi sono i pastori, appena convocati. Queste figure, al di là della narrazione che li edulcora, presentandoli come docili custodi del gregge, sono dei poveri senza fissa dimora; anzi per i rabbini del tempo, i pastori erano persone impure e quindi da escludere dalla vita sociale e religiosa. Per il cristianesimo, invece, essi sono i primi cristiani, i fedeli, che annunceranno la buona notizia della nascita di Gesù. Fatto strano questo, per la gente del tempo la loro credibilità era pari a zero. Tuttavia la loro privilegiata presenza alla grotta ci svela la logica di Dio, già manifesta con la nascita di Gesù. Egli nasce da un popolo oppresso e in mezzo a quei poveri, che i potenti spostano come pedine insignificanti sullo scacchiere della loro politica internazionale».

Figli del giorno

«Stante questo stile divino di presentarsi al mondo, possiamo dire che il Natale è la festa degli uomini di sempre che accolgono il messaggio di Cristo venuto ad insegnarci a vivere da uomini, a far si che non vada perduta la nostra umanità, cioè quella parte di noi che di fronte alla fragilità e alla debolezza non prevarica, ma prova tenerezza, quella parte di noi che sa ancora commuoversi di fronte ai dolori degli altri, quella parte di noi che sa farsi prossimo alle indigenze altrui, quella parte di noi che non distoglie lo sguardo dai drammi umani, non assuefatta e non rassegnata alle ingiustizie, amante del bene comune. Perché come scrive san Paolo ai cristiani di Tessalonica, noi cristiani “non siamo della notte, né delle tenebre”, bensì “figli della luce e figli del giorno” (5,5).», la conclusione di monsignore con un affettuoso “Buon Natale di Gesù, da don angelo”

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Pubblicato il 25 Dicembre 2025
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