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Legnano città sicura? Di giorno più che di notte, ma servono “Forze dell’Ordine, telecamere e meno degrado”

Presentati a Palazzo Leone da Perego i dati emersi dal questionario incentrato sulla percezione della sicurezza promosso in primavera dalle consulte di quartiere

sicurezza legnano

Chi abita a Legnano si sente sicuro girando per la città, di giorno e di notte? Se lo sono chiesto le consulte di quartiere, che in primavera hanno lanciato un questionario incentrato sulla percezione della sicurezza per «intercettare umori, sensazioni e istinti», nel tentativo di «misurare la temperatura su un argomento che anche a livello nazionale sta prendendo molto piede». E le risposte – 745, più di quelle che le consulte stesse si aspettavano di ricevere, pari circa all’1,2% dei residenti – sono state presentate sabato 22 novembre a Palazzo Leone da Perego.

A rispondere sono state soprattutto le donne (54%) e i residenti in città da almeno 10 anni (86%), mentre tra le fasce d’età a farla da padrone è stata quella dei 45/64enni, seguiti dai 35/44enni e dagli over 65. La maggior parte dei questionari sono stati compilati dai cittadini del centro (40%) e a seguire dall’Oltrestazione (33%), mentre le risposte dall’Oltresempione si sono fermate sotto quota 30%.

Dalle 15 domande è emersa una percezione di sicurezza medio-alta in orario diurno (70% in centro, 62% nell’Oltrestazione e 78% nell’Oltresempione), che sale soprattutto tra i 35/44enni e gli over 65, tra le donne (77%) più che tra gli uomini (62%). Tutta un’altra musica quando si parla invece di sicurezza percepita durante la notte, dove il giudizio scende per il 65% di chi ha risposto al questionario verso valori medio-bassi e per il 26% ad una posizione intermedia, con solo il 9% delle risposte attestato su punteggi alti e medio-alti. Il feedback negativo arriva da tutte le fasce d’età, under 35 in primis, e soprattutto dalle donne (69%).

Tra gli indicatori che abbassano la percezione di sicurezza, invece, i più gettonati sono state le persone sospette (68%), le strade buie (50%), gli spazi isolati e il degrado (58%) e la stazione (42%): i cittadini hanno legato la percezione di sicurezza soprattutto a situazioni come bivacchi di persone ubriache, in molti casi di nazionalità straniera, a bande di giovani allo sbaraglio e allo spaccio di droga. Tra i luoghi più pericolosi, invece, sono stati indicati soprattutto l’area ex Cantoni, il parco Falcone e Borsellino, la stazione e i giardinetti di corso Italia.

Atti vandalici e spaccio la fanno da padroni tra gli episodi a cui più di frequente hanno assistito direttamente o indirettamente le persone che hanno risposto al questionario, con qualche differenza però tra i rioni: in centro, infatti, insieme allo spaccio sono state segnalate soprattutto aggressioni (52%), mentre nell’Oltresempione sono stati segnalati principalmente atti vandalici (35%) e nell’Oltrestazione spaccio e atti vandalici (60%). L’area della città percepita come più insicura è quella dell’Oltrestazione, seguita da centro, Mazzafame e Canazza, soprattutto per la presenza di individui sospetti (81%), assenza delle Forze dell’Ordine (56%), mancanza di telecamere e scarsa illuminazione (18%). A dare un giudizio negativo sui quartieri, però, è stato perlopiù chi non ci abita: solo il 22% dei residenti dell’Oltrestazione e il 34% di quelli del centro hanno espresso giudizi negativi sul proprio quartiere, dato che a Mazzafame scende addirittura al 7%.

Per sentirsi più sicuri, quindi, cosa vorrebbero i legnanesi? Stando al quadro tracciato dai questionari, un aumento della presenza delle Forze dell’Ordine (80%), più telecamere (48%) e il recupero delle aree degradate (42%). Tra i suggerimenti sono state lanciate le proposte di taxi rosa a prezzi calmierati per gli spostamenti serali, il lavoro sull’educazione dei più giovani e gruppi di volontari che controllino le strade. Anche se pur conoscendo il Controllo di vicinato, la maggior parte di chi ha risposto al questionario non ne farebbe parte. Legnano nel complesso viene comunque considerata una città attrattiva dal 74% dei 745 cittadini che hanno risposto alle domande delle consulte, dato che addirittura sale all’81% nell’Oltresempione contro il 75% del centro e il 67% dell’Oltrestazione.

A commentare i dati, insieme ai presidenti delle tre consulte, ha pensato Stefano Rolando, docente di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica, Comunicazione pubblica e politica e Public Branding e direttore dell’Osservatorio sulla comunicazione pubblica, il public branding e la trasformazione digitale del Dipartimento di Business, Law, Economics and Consumer Behaviour – Business, Diritto, Economia e Consumi dell’Università IULM. Rolando ha sottolineato come il campione, pur non avendo valenza statistica, sia «significativo» e passibile di uno scostamento massimo dell’1 o 2% dal dato statistico vero e proprio, e soprattutto si è concentrato sul paradigma in cui vanno inserite le risposte raccolte, un paradigma radicalmente diverso rispetto a quello di qualche anno fa.

«Tanti, soprattutto tra chi è più avanti con gli anni, hanno la percezione che una volta la situazione fosse diversa – ha spiegato Rolando, che si è soffermato a lungo anche sul rapporto tra dato statistico e dato demoscopoco -. Allora, però, i nostri nonni, i nostri padri, vedevano una notizia ritagliata una volta al giorno sul quotidiano se entrava a casa, e i quotidiani erano costruiti secondo la logica con cui si trattava allora la cronaca, che non veniva messa in prima pagina ma dopo le guerre, la politica, l’economia. Dopodiché c’erano i telegiornali, che seguivano lo stesso criterio di impaginazione. L’arrivo del digitale ha prodotto l’accerchiamento mediatico di ognuno di noi da mille fonti a tutte le ore del giorno: non è più una percezione, ma una permeazione».

Ma la ricetta, allora, qual è? Si parte inevitabilmente dalla richieste materiali, ma poi bisogna lavorare sull’educazione e sulla comunicazione pubblica. «Lavorare sull’educazione significa mettere insieme l’educazione civile – civile, non civica – e la spiegazione, che comporta il trattamento dei dati – ha concluso Rolando -. Su queste due leve si deve costruire la comunicazione pubblica del nostro tempo. Il progetto di comunicazione ai cittadini deve riguardare un presidio permanente in cui, sistematicamente, si lavora sui dati e li si interpreta».

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 22 Novembre 2025
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