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“Free Palestine”, anche gli studenti in protesta a Legnano per Gaza

La protesta di un centinaio di studenti davanti al liceo Galilei. L’iniziativa è nata in concomitanza con lo sciopero nazionale di 24 ore indetto da Usb e dai sindacati di base

Free Palestine, protesta degli studenti a Legnano

Oltre cento studenti del liceo Galileo Galilei di Legnano questa mattina, 22 settembre, non sono entrati a scuola per «manifestare la propria vicinanza alle decine di migliaia di innocenti che stanno morendo massacrati a Gaza». La protesta, durata dalle 8 alle 10, si è svolta davanti all’ingresso dell’istituto. Poi i ragazzi si sono spostati i in centro: sul cancello di ingresso sono stati appesi cartelli e manifesti pro-Palestina, in seguito rimossi.

L’iniziativa è nata in concomitanza con lo sciopero nazionale di 24 ore indetto da Usb e dai sindacati di base, che ha coinvolto tutti i settori pubblici e privati. Lo sciopero generale è stato proclamato “contro il genocidio in Palestina e la fornitura di armi a Israele” ma anche contro “l’economia di guerra e l’aumento delle spese militari” e “lo sfruttamento sul lavoro”.

La protesta degli studenti, partita dal basso e spontanea, non era concordata con la scuola. Alcuni docenti hanno comunque mostrato solidarietà ai ragazzi, invitandoli a manifestare senza lasciare che l’iniziativa degenerasse in disordini, sottolineando l’importanza e il coraggio del gesto e della causa sostenuta. Anche all’interno del liceo l’adesione è stata significativa, con diversi docenti che hanno partecipato allo sciopero. «Non possiamo rimanere indifferenti davanti al massacro di migliaia di innocenti da parte di uno stato terrorista  – ha spiegato Marco, studente impegnato della manifestazione, assolutamente pacifica -. È importante che gli studenti alzino la voce e che la scuola apra un dibattito sull’attualità: è davvero un peccato, invece, che la scuola sia sempre meno politicizzata e ridotta a luogo dove imparare e basta, in modo passivo».

A prendere la parola davanti al gruppo di studenti è stato Matteo Campo, che ha letto una sua riflessione: «Noi studenti non siamo lavoratori, ma siamo solidali con i lavoratori e manifestiamo una libertà di pensiero – ha detto rivolgendosi ai suoi compagni (sotto il discorso integrale) -, è importante manifestare il nostro dissenso contro una situazione tanto terrificante: l’orrore che sta colpendo la striscia di Gaza, sterminando la sua popolazione, con moventi turpi, di odio represso, di ambizioni territoriali, di pura e violenta rabbia, è un genocidio. Chi oggi tace o sta in silenzio è complice di ciò che sta succedendo. Questa non è solo una manifestazione importante, non è un giorno in meno di scuola, ma un giorno in più di libertà, in cui noi tutti stiamo applicando uno dei nostri diritti costituzionali. Fermiamo il genocidio». La protesta si è svolta in modo pacifico. Nel pomeriggio è invece degenerata la manifestazione pro Gaza a Milano dove una frangia di attivisti ha preso d’assalto Stazione Centrale.

Immaginate di avere una sveglia in mano, il tempo che scorre e l’indecisione che corre sulle vostre fronti per decidere quando è giusto svegliarsi. Contempli quella sveglia, sai che prima o poi dovrai farla suonare, forse tra un’ora, tra due, quattro, otto ore. Ma quando sarà arrivata già l’ora di svegliarsi avrà senso aver contemplato quella sveglia? Quando possiamo affermare che è troppo tardi per rimandare, che il sole è già sorto e non ha più alcun senso restare fermi?
Siamo pronti ad affrontare la notizia che mentre noi abbiamo il sole alto da fissare, i giorni passano e migliaia e migliaia di persone muoiono affamate, ricercando nel sole una speranza di svegliarsi l’indomani senza l’orrore che pervade ogni muscolo, ogni brandello della pelle.
Il tempo scorre e noi stiamo ancora fissando la sveglia.
59.999 è apposta scritto gigante sulla sveglia. Un numero insignificante, irrisorio, inutile ad allarmarsi.
60.000, adesso sì stai esagerando. Quella singola unità, quell’uomo o donna o bambino che domani non potrà più vedere la luce del cielo, è quel gesto che fa proprio il numero 60.000, un fatto scattare nelle menti di chi governa l’allarme che chissà è arrivato il tempo di parlare di Genocidio.
“Genocidio: sostantivo maschile. Metodo di distruzione di un gruppo etnico, razziale e religioso, compiuto attraverso lo sterminio degli individui e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali”.
È un genocidio quello che sta accadendo sotto gli occhi di un’Europa immobile, incapace di reagire. È un genocidio l’orrore che sta colpendo la striscia di Gaza, sterminando la sua popolazione, con moventi turpi, di odio represso, di ambizioni territoriali, di pura e violenta rabbia.
Chi oggi tace o sta in silenzio è complice di ciò che sta succedendo a Gaza.
“Noi siamo distanti e non ci tocca” è la frase che più volte sentiamo ripetere quando il nostro interlocutore è stanco e stanco dell’argomento, annoiato o indifferente.
L’indifferenza è ciò che sta uccidendo il movimento unito e coeso di persone che come tutti noi sanno quanto l’orrore di una strage sia inaccettabile.
Un domani saremo chiamati a rispondere delle nostre azioni sul genocidio di Gaza.
Chi oggi non si muove sarà complice. La manifestazione non è soltanto un atto di aperto dissenso, ma in primis è un atto di maturità, soprattutto intellettuale, sociale, che invece prova indifferenza e continua imperterrito a volgere lo sguardo altrove.
Se ognuno di noi prendesse coscienza di quello che sta succedendo allora potremmo davvero aprire gli occhi e vedere un mondo pieno di odio, disinformazione e silenzio. Giornalisti corrotti che mostrano camion pieni di aiuti umanitari, di sorrisi, di uomini e donne sfamate, statistiche manipolate per far sembrare che tutto questo sia meno preoccupante di quanto appaia, leader vanagloriosi che fanno a lotta per accaparrarsi i meriti su una strage.
Non si può parlare di una guerra, di fazioni o di armi pari. Si parla di un esercito contro una popolazione. Un esercito che fino ad ora è stato finanziato per poter invadere sul suolo una striscia di terra barbarico, degno di una partita di Risiko, fantapolitica drammatica in altre circostanze. E invece è la realtà che si spiega davanti ai nostri occhi.
Ma torniamo alla nostra realtà, perché noi studenti DOBBIAMO manifestare dissenso contro una situazione terrificante del genere? Chi lavora e sciopera non viene pagato. Noi studenti non siamo lavoratori, ma siamo solidali con i lavoratori e manifestiamo una libertà di pensiero. Noi studenti siamo garantiti dalla libertà di pensiero per una causa civile. Un forte segno di libertà è manifestare un libero pensiero, noi siamo solidali con i lavoratori che scioperano per Gaza.
Questa non è solo una manifestazione importante, non è un giorno in meno di scuola, ma un giorno in più di libertà, in cui noi tutti stiamo applicando uno dei nostri diritti costituzionali.
Lo sciopero è lo strumento che durante gli ultimi due secoli ha garantito tutto ciò che rende vivibile il nostro stile di vita. Non c’è nulla nella società contemporanea che è stato raggiunto senza sciopero e io credo fermamente che questo gesto possa fare la differenza.
Fermiamo il genocidio.

Di seguito l’intervista a Marco

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 22 Settembre 2025
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