La tragedia dei migranti diventa una favola cantata, il legnanese Kabo premiato da Amnesty
Con il brano “100 Anime”, Kabo ha conquistato il Premio Staff del festival, portando in finale una canzone che è un atto poetico e struggente che ridà dignità a una giovane vita spezzata

Un rap che si fa ninna nanna, una storia vera che si trasforma in arte, una band che dà voce a chi non può più parlare. È questa l’esperienza vissuta da Andrea Kabo e dal suo collettivo artistico sul palco di “Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty”, il festival dedicato ai diritti umani promosso da Amnesty International Italia, giunto quest’anno alla sua 28ª edizione.
Con il brano “100 Anime”, Kabo ha conquistato il Premio Staff del festival, portando in finale una canzone che è più di una denuncia: è un atto poetico e struggente che ridà dignità a una giovane vita spezzata. Il pezzo racconta la storia vera di un bambino migrante morto in mare, partito su una barca con la speranza cucita addosso – una pagella scolastica nel giubbetto – e rinato grazie ad una favola sul fondo del mare: “Non è poi così tanto male riposare dentro il guscio di una perla”.
L’artista, originario di Legnano, è salito sul palco accompagnato dalla sua band: Luca Bossi, produttore musicale del progetto e musicista al basso elettrico e synth bass; Nicolò Buganza alla batteria e Luca Santini, artista visivo rhodense, che ha arricchito le performance con due installazioni realizzate dal vivo, capaci di dialogare emotivamente con la musica.
Durante la semifinale, Santini ha portato sul palco un salvagente bianco, simbolo di salvezza, che ha lentamente sporcato di rosso, richiamando il sangue versato nel Mediterraneo. In finale, l’opera si è fatta ancora più potente: una teca trasparente contenente un giubbotto salvagente, che l’artista ha riempito lentamente di sabbia, mentre “100 Anime” risuonava come una dolce nenia, un abbraccio musicale che scava nel silenzio delle coscienze.
L’esibizione ha colpito pubblico, critica e giuria per delicatezza, intensità e coerenza artistica. Il Premio Staff – assegnato proprio dall’organico di Amnesty, da chi il festival lo vive dall’interno – ha riconosciuto «il valore umano e creativo di un progetto che ha saputo unire musica, poesia e arte visiva in un racconto civile necessario».
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