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L’originale materia prima delle favole: “Morte di una sirena”

Romanzo con trama, personaggi e ambientazione perfetti. Sembra quasi di vedere Andersen che si aggira per le strade di una Copenhagen poverissima

Libro sul comodino - Morte di una sirena

Morte di una sirena
di Rydahl & Kazinski
ed. Neri Pozza
€ 18,00


Vi siete mai chiesti da dove avranno tratto ispirazione i grandi autori di favole dell’Ottocento? I fratelli Grimm, Perrault, Andersen: la loro fantasia ha formato intere generazioni di bambini, e lo fa ancora oggi.

Ormai è noto che le loro storie in origine erano nerissime, poi rimaneggiate per renderle più adatte al pubblico infantile: l’obiettivo era indagare lo spirito umano, le sue paure, le sue ombre, per poi darne una chiave di lettura, non sempre positiva… Ecco, il romanzo di Rydahl e Kazinski porta questo concetto agli estremi: e se le storie nerissime che son diventate favole fossero state vissute dall’autore?

Copenaghen, 1834. Anna lavora in una zona della città dove le botti d’acquavite prendono fuoco per strada, i panettieri vendono pretzel infilati sui bastoni, i marinai ballano tra di loro e i mendicanti e i ladri si aggirano senza sosta. Per provvedere alla Piccola Marie, la figlia di sei anni, riceve fino a tarda ora uomini ubriachi ed eccitati che non le chiedono nemmeno il nome, le strappano i vestiti di dosso e la prendono. Una sera viene condotta a forza in una casa elegante e, davanti a una grande porta spalancata sul mare, qualcuno pone fine alla sua giovane vita. Il suo corpo viene ritrovato nell’immondezzaio della città, il canale dove si raccolgono tutti i rifiuti di Copenaghen. Un corpo bellissimo con gli occhi chiusi, ma con i capelli che, come quelli di una sirena, scintillano di conchiglie.

«L’uomo dei ritagli»… l’assassino non può essere che lui. Molly, la sorella minore di Anna, ne è sicura: soltanto un dissoluto può recarsi nell’appartamento di una prostituta e starsene tutto il tempo su una panca a contemplarla e a realizzare ritagli di carta che le somigliano. Ne è convinto anche il questore: il responsabile dell’infelice decesso non può essere che lo scrittorucolo con la passione per carta e forbici, l’uomo che è stato visto uscire per ultimo dall’appartamento della vittima. «L’uomo dei ritagli» si chiama Hans Christian Andersen ed è o, meglio, vorrebbe essere uno scrittore; tutti i tentativi per diventarlo sono però miseramente falliti, stroncati senza esitazione dai critici.

Non fosse per la protezione dell’influente signor Collin, che lo ha spedito in collegio, ha pagato la retta e lo ha introdotto nel bel mondo, sarebbe immediatamente incriminato di omicidio e condotto nelle patrie galere per essere poi punito con tutto il peso della giustizia. Il questore lo vedrebbe volentieri decapitato e sulla ruota, ma, dato il peso dei Collin in città e persino sulla corona, deve scacciare per il momento la visione e offrire ad Andersen un’ultima chance: tre giorni, soltanto tre giorni per trovare altri colpevoli. Se non salteranno fuori, Hans Christian Andersen si trasformerà da scrittore povero in canna in assassino. L’unica speranza di Andersen è allora trasformarsi in detective, un detective che resterà a lungo nella mente dei lettori: il detective che trasformerà in storie eterne l’oscura materia delle sue inchieste.

Romanzo con trama, personaggi e ambientazione perfetti. Sembra quasi di vedere Andersen che, per riabilitare se stesso e il suo nome, si aggira per le strade di una Copenhagen poverissima, in cui ognuno deve lottare per la sopravvivenza. Sorprendente.

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Pubblicato il 18 Ottobre 2020
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