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Don Pietro Paiusco, legnanese, ordinato sacerdote a Torino

Laureato in Fisica, vive da diverso tempo nella casa torinese della Fraternità San Carlo, cui è affidata la cura della parrocchia Santa Giulia

Generico 2018

Oggi, sabato 27 giugno, Pietro Paiusco, 33 anni, legnanese, è stato ordinato sacerdote. La cerimonia a Torino, nella cattedrale di San Giovanni Battista, è stata celebrata dall’Arcivescovo, monsignor Cesare Nosiglia. Laureato in Fisica, vive da diverso tempo nella casa torinese della Fraternità San Carlo, cui è affidata la cura della parrocchia Santa Giulia. Dopo l’ordinazione, proseguirà con il suo lavoro di insegnante nelle scuole superiori. Di seguito, la storia della vocazione scritta dallo stesso sacerdote.

Sono nato il 6 marzo 1987 a Milano. I miei genitori mi fecero battezzare la notte di Pasqua. Ho vissuto l’infanzia, assieme alle mie due sorelle, in una villetta a schiera annessa ad un condominio con un grande giardino. Lì trascorrevamo pomeriggi e serate estive a giocare con altri bambini. La domenica andavamo a messa.
C’era don Mario, severo ma buono. Mi accompagnò alla prima confessione, alla prima comunione e alla cresima. In quegli anni, conobbe le famiglie della parrocchia che, come i miei genitori, appartenevano a Cl e si affezionò loro. Accettò così l’invito a partecipare alla vacanza del movimento di Legnano. Era estate, mio padre lavorava in banca, perciò io e mia madre salimmo nella piccola macchina di don Mario e ci dirigemmo verso la montagna. Facevo ancora le elementari, ero seduto sul sedile posteriore mentre mia madre e lui discutevano. Ad un certo punto, iniziò a parlare con tristezza del preoccupante calo di giovani che sceglievano di abbracciare la vocazione sacerdotale. Ricordo che mi sentii chiamato in causa. Non volevo che i preti “finissero”. Credo che in quel momento il Signore mi abbia fatto percepire un frammento della sua passione per la Chiesa.
Intanto crescevo. Finii le elementari, superai le medie e approdai al liceo scientifico di Legnano. Iniziai a frequentare il gruppo di amici di Gioventù studentesca. Mi trovai subito bene. Contemporaneamente stringevo amicizie con i compagni di classe ed entrai a far parte di un gruppo di ragazzi piuttosto vivaci. Frequentando due compagnie così diverse, la fede che avevo ricevuto dai miei genitori e dall’educazione del movimento era costantemente messa alla prova. In quarta superiore, nel mese di maggio dedicato a Maria, sentii un forte desiderio di andare a messa tutti i giorni. I pochi anziani che frequentavano quelle messe, così come i miei genitori, rimanevano alquanto perplessi. Sono sicuro che, grazie alle annuali visite di tutta la famiglia al santuario di Loreto, la Madonna si sia presa a cuore la nostra storia e mi abbia preparato a ciò che sarebbe avvenuto, il mese successivo, alla vacanza di Gs a Madonna di Campiglio. Ci accompagnò don Ettore Ferrario, appartenente alla Fraternità san Carlo e fresco di ordinazione. Una sera ci raccontò la storia della sua vocazione e ne rimasi colpito. Descriveva quello che cercavo davvero. Ero pieno di gioia e di certezza. Il Signore mi chiamava e io volevo andare.
Tornato a casa, mia sorella Rachele mi disse che sarebbe andata a Roma ad iniziare l’avventura delle Missionarie di San Carlo. Grazie a lei, conobbi don Paolo Sottopietra e gli raccontai quello che mi era successo. Mi lanciò a vivere l’università. Gli anni milanesi del Clu a Fisica furono un cammino di certezza. Feci l’esperienza di una forte appartenenza ad una compagnia orientata unicamente al rapporto con Cristo. Intanto, con la scusa di andare a trovare mia sorella a Roma, visitavo una o due volte all’anno il seminario della Fraternità san Carlo. Rimanevo sempre affascinato dall’amicizia che vivevano preti e seminaristi ed ero grato per come mi accoglievano. Andavo via con il desiderio di tornare.
Don Marco Barbetta, cui mi aveva affidato don Paolo, mi propose di andare a Vienna in Erasmus. Lì c’era una casa della San Carlo. Fu un anno travolgente. Missione, studio, liturgia e amicizia. Quando tornai in Italia, ero deciso ad entrare in seminario. I tre anni passati a Roma sono volati, così come i cinque vissuti a Torino. Dei primi, trattengo un grande insegnamento che riassumo con una frase benedettina: «Nulla anteporre all’amore di Cristo»; dei secondi, che l’essenza del cristianesimo è la comunione con il Signore che si esprime in una amicizia carnale.
Grato di essere stato accolto in una compagnia così bella, desidero renderne grazie nel sacerdozio.

don Pietro Paiusco

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 27 Giugno 2020
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