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Un delitto quasi perfetto

Oiginale racconto di una studentessa di scuola media, un thriller da leggere in pochi minuti

Era lunedì pomeriggio del 18 maggio 1873.

In una villa in campagna, attorniata da grandi prati verdi e una vasta vegetazione, si sentivano urla provenire dal proprio interno.

In una famiglia è normale sentire grida così potenti: era la signora Lucia Dala che litigava con le sue figliastre Alessia e Nicoletta Astiglia di 16 anni.

Stavano discutendo in salotto sedute su dei divani con una copertura ricamata con fili d’oro, su quali vestiti il maggiordomo dovesse andare a comprare per le due sorelle.

– Non potete comportarvi così davanti a vostra madre! Se non voglio che prendiate quei vestiti, allora così non sarà! – così parlava la matrigna.

– Per cominciare tu non sei la nostra madre, e poi siamo noi a dover metterli – disse Nicoletta carica di rabbia.

A quel punto la signora Lucia esplose: – Senti ragazzina viziata, tu fai quello che dico io, altrimenti preparati ad essere rinchiusa in camera per il resto dei tuoi giorni! –

– Non ne avresti il coraggio – la schernì lei.

– Oh, vuoi ved…. – e si accasciò a terra senza fiato.

Le due sorelle corsero dal maggiordomo dicendogli di chiamare subito il medico di famiglia.

Quando questi arrivò, la donna era seduta sul comodo divano accanto all’entrata del salone.

– La prego dottore, mi aiuti lei – chiese in un tono di supplica che non le si addiceva affatto.

La visitò e con fare saccente le disse: – Signora, mi dispiace comunicarle, ma è mio dovere, che il suo corpo presenta tracce di avvelenamento.  -.

Lo disse con tale freddezza che l’aria nella stanza sembrò congelarsi con essa.

La matrigna scattò come una molla, ma si pentì subito del gesto affrettato e si risedette.

– Maledette figliastre, questa me la pagherete cara! – disse con tono sprezzante.

Fortunatamente il maggiordomo era lì a trattenerla.

– Signora non può incolpare qualcuno senza avere prove – rispose Martin, il medico.

– Ho le prove: mi odiano -.

– L’importante, ora, è lei che si riprenda, al resto penseremo dopo -.

Quando se ne andò, nella casa calò un silenzio di tomba.

Passarono le ore e venne il momento di cenare.

Finalmente la cuoca ruppe il silenzio: – Ecco il vostro pranzo signora, spero sia di vostro gradimento – disse portando una succulenta coscia di coniglio servita con un denso sughetto.

Andarono a dormire presto rispetto al solito, e quel silenzio di tomba inquietante non cessò fino alla mattina seguente.

La cameriera stava entrando nella camera delle ragazze per svegliarle, quando sentì un urlo agghiacciante provenire dalla camera della padrona di casa.

Era la sguattera che era sgattaiolata nella camera per pulire, ma per terra, al posto della sporcizia, aveva trovato la signora Lucia.

Il maggiordomo contattò subito l’investigatore Giacomo Scarola e il suo aiutante Carlo Mandolo.

Arrivarono in fretta e furia con Martin al seguito.

Quest’ultimo visitò la vittima constatando che era morta per avvelenamento verso le 12:40 di notte.

– L’avevo detto io che sarebbe dovuta stare attenta, soffre di cuore e il veleno l’avrebbe potuta uccidere. A quanto pare è arrivato prima qualcun altro – disse a Scarola.

– Mi chiami chiunque viva o lavori in questa casa! – disse Giacomo al maggiordomo.

Quando arrivarono tutti, cominciò a parlare: – Come ben saprete la vostra padrona è deceduta a causa del veleno. Chiunque di voi potrebbe essere stato, quindi mi metterò subito all’opera affinché la verità venga svelata -.

Si mise così ad interrogare il maggiordomo.

– Per cominciare, cosa sapeva della vittima, che rapporto aveva con lei e che cosa stava facendo questa notte alle 12:40? –

– Ero al mio solito posto di guardia davanti al portone –.

– Non ha risposto a tutte le domande – disse Scarola.

– La padrona ha ereditato molta ricchezza dal marito morto sei anni fa–

– Quindi sarebbe passata alle due figlie -.

– Esattamente. Comunque, io con la padrona ho il solo rapporto di…di…di maggiordomo -. – Ah, inoltre lei soffre di cuore e solo io lo so -.

– Bene, per adesso può andare -.

Chiamò la sguattera e le fece le stesse domande a cui lei rispose così: – A quell’ora avevo appena finito di pulire al piano di sopra e, quando sono scesa, ho visto la cuoca che litigava con la mia signora. Lei non mi ha neanche guardata, come al solito. Per lei sono solo una sguattera che non conta nulla -.

– Ha notato qualcosa di strano durante il litigio? – chiese Scarola con fare molto sospettoso.

– Veramente sì. La cuoca, infatti, teneva in mano un cucchiaio di metallo minacciandola dicendole che non poteva continuare a trattarla così, o sarebbe andata a dire tutto alla polizia. La padrona ha ricambiato dicendo che era anche colpa sua e che se l’avesse fatto, l’avrebbe spifferato -.

– Dov’è adesso la cuoca? –

– Proprio là sulla soglia del salotto – disse lei.

Mandò a chiamarla e lei arrivò subito con fare un po’ goffo. Era una donna robusta con un grembiule sporco di un liquido giallognolo.

A quell’ora disse di essere stata in cucina a lavare i piatti come suo solito, ma Scarola era contrariato a tal punto che la cuoca si fermò.

– Mi è giunta voce, cara cuoca, che lei non stava lavando i piatti, bensì litigando con la vittima. Questo suo nascondere il fatto è piuttosto sospetto, perciò la prego di spiegarmi cosa vi siete dette l’altra sera -.

– E se io non volessi? – rispose quella.

– In tal caso la consegnerò alla polizia – rispose lui con fare piuttosto provocatorio.

– Mi rifiuto, vado in cucina -.

Così la cuoca tornò in cucina e venne la voltadelle due figlie.

– Stavamo dormendo nella nostra camera, abbiamo l’obbligo di andare entro le undici in camera – disse Alessia.

– Lo può confermare la domestica che dovrebbe essere stata lì fino all’ora del delitto – ribadì Nicoletta.

– Come fa a saperlo signorina? –

– Mi sono svegliata a quell’ora perché ho sentito dei passi, ma mi sono riaddormentata subito -.

– Molte grazie signorine, potete andare -.

Le due se ne andarono parlando e discutendo di ciò che era successo.

Mandolo mandò a chiamare il giardiniere, l’unico che mancava alla lista.

– Io alle 12:40 ero nella mia camera a riposare, sa…non riuscivo a dormire -.

– Dove si trova la sua camera? – chiese Giacomo.

– Si trova accanto a quella della padrona, perché? –

– Lei mente. –

– Come scusi? –

– Lei mente, altrimenti avrebbe sentito dei passi, o comunque dei rumori tra le pareti. Queste pareti sono piuttosto fragili e quindi molto vulnerabili anche nell’ambito sonoro. –

Il giardiniere era rimasto a bocca aperta.

– Che rapporti aveva lei con la signora Dala? –

Il giardiniere sperò che non arrivasse mai quella domanda, e invece…

– Io…ehm…-, si fermò. – Io…ero il suo vecchio marito – disse tutto d’un fiato.

– Lavoro qui per garantire soldi alla mia famiglia attuale -.

– Dov’era allora all’ora del decesso? – chiese.

– Alle 12:20 ero in camera della padrona con lei per chiarire su come avrei dovuto lavorare e abbiamo litigato sulla faccenda del divorzio -.

– Abbiamo discusso per molto, credo per più di venti minuti -.

Scarola si alzò di scatto e chiamò Mandolo.

– Dove si trova il laboratorio di Martin, presto ditemelo! –

– Si trova davanti all’università – rispose il maggiordomo.

I due si fiondarono fuori dalla villa e corsero al laboratorio in fretta e furia.

Aprirono la porta e vi trovarono solo una scrivania e delle provette.

Lo studio era vuoto e non volava una mosca.

Scarola si mise ad aprire tutti i cassetti finché non trovò un fascicolo con una rivista vecchia di sei anni con un foglio che aveva scritto sopra “digitale”.

Accanto ad esso c’era un pezzo di carta che Scarola identificò come la pagina strappata di un libro sul quale era raffigurata una pianta con la didascalia digitale, l’elenco delle sue proprietà e gli effetti collaterali.

Carlo si avvicinò piano, mise le mani nel cassetto e le tolse così bruscamente che esso si staccò dal resto del mobile.

Giacomo lo guardò con fare severo, ma se ne pentì subito, infatti avevano trovato un diario, il diario di Martin.

Lessero ciò che non si sarebbero mai aspettati di leggere: “Dopo tante ricerche, ecco la soluzione: la digitale. Riduce o aumenta il battito cardiaco della persona che la assume in quantità troppo elevala.

La mia odiata matrigna pagherà per ciò che ha fatto. Il piano è semplice: il giorno in cui mangeranno coniglio, metterò la digitale davanti alla tana dell’animale e il giardiniere verrà a prenderlo.

La matrigna lo prenderà e tutto farà il suo corso.

La fortuna volle che sentii per puro caso una conversazione tra la lei e il maggiordomo dove ho scoperto i suoi problemi di cuore.

Ho già raccontato tutto alle mie sorelle e se io non dovessi farcela, ecco le informazioni che servono.”

I due erano sbalorditi. Carlo non esitò a prendere la pagina di giornale sulla quale c’era l’articolo della morte del marito della vittima e delle scritte in penna che Martin aveva aggiunto. Le parole risuonavano agghiaccianti.

Lui era uno dei figlidel padre di Nicoletta e Alessia. Era stata la matrigna ad ucciderlo per prendere il patrimonio; per finire il lavoro avrebbe ucciso i figliastri. Martin però mise in scena la sua morte avvelenandosi, ma con un veleno raro che gli avrebbe permesso di sembrare morto per qualche ora e da cui si sarebbe risvegliato come da un sonno profondo; il caso venne archiviato come suicidio. Il suo corpo venne poi messo nella cripta della famiglia. Svegliatosi scappò. Proprio quel giorno la cripta venne chiusa, ma riuscì ad andarsene comunque (il che era vantaggioso, perché nessuno avrebbe sospettato la finzione non potendolo vedere). Sapeva che la matrigna li avrebbe uccisi e che era colpa sua se il padre era morto.

Così si laureò e cospirò contro la matrigna utilizzando il suo punto debole.

Non fecero in tempo a rimettere tutto a posto che la porta si aprì ed entrò il medico che cominciò a impallidire fino a diventare più bianco della neve.

Quando si rese conto del pericolo provò a scappare, ma Carlo, prontamente, lo prese per il braccio e lo trattenne.

Scarola convocò subito la polizia.

Martin non sembrava per niente soddisfatto e Scarola gli chiese: – Allora, perché quella faccia corrucciata? Non hai appena ucciso la donna che aveva ucciso tuo padre? Non sei soddisfatto? – gli chiese con scherno.

– No, assolutamente. A quanto pare non ho finito il mio lavoro. C’entra anche la cuoca – disse arrabbiato scuotendosi per liberarsi dalla presa della polizia.

Alla fine tornarono a prendere anche la cuoca ed entrambi finirono dietro le sbarre.

– Come hai fatto a capire che si trattava di lui? – chiese Mandolo.

– Caro amico mio, innanzitutto il giardiniere mi ha detto che all’ora del delitto stavano ancora litigando. Chi solo poteva sapere l’orario, se non chi analizzava il corpo?

E poi il fatto che la signora avesse problemi di cuore, se lo sapeva solo il maggiordomo, come mai all’inizio della giornata, Martin me ne stava parlando? A volte i piccoli dettagli -disse sorridendo- possono fare la differenza caro Carlo! –

Così facendo si allontanarono dalla casa sperando, vivamente in cuor loro, di non doverci più tornare

Francesca Gioffredi 2E

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 25 Aprile 2020
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