I giovani ai tempi dei “maranza” e delle baby gang. Don Burgio racconta il mondo dei ragazzi a Rescaldina
Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano, ha parlato del disagio giovanile partendo dagli spunti arrivati dagli studenti delle scuole secondarie di primo grado del paese
Come stare vicino ai giovani ai tempi dei “maranza” e delle baby gang? A Rescaldina nei giorni scorsi se ne è parlato con don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria di Milano e fondatore dell’associazione Kayròs, che dal 2000 si occupa dell’accoglienza di adolescenti in situazioni di disagio, in una serata che ha preso le mosse dagli spunti arrivati dagli stessi studenti delle scuole secondarie di primo grado del paese.
A Don Burgio i ragazzi delle prime hanno sottoposto riflessioni non scontante, che hanno spaziato da «Ho dei genitori che pensano sempre a me, ma il problema è che sono troppo esagerati» a «Ho un bellissimo rapporto con i miei genitori, soltanto che a volte mi sento un po’ deluso e non ascoltato come vorrei», passando per «Abbiamo bisogno di luoghi e tempi in cui essere ascoltati». «Essere genitori è una cosa molto importante e difficile – ha sottolineato uno studente -, devi ricordarti che stai crescendo una persona reale e che in futuro se la dovrà cavare da solo, quindi devi dare una buona dose bilanciata di insegnamento e protezione. Perché non curarsene lo renderà facile preda del mondo, ma vale anche per chi lo vizia e difende troppo». «Chiediamo adulti autentici, capaci di mettersi in gioco, non perfetti, ma presenti. Vorremmo sentirci dire: “Ti conosco, ti riconosco per quello che sei tu”», ha spiegato un altro.

Una ragazza di terza di seconda generazione, invece, ha sottoposto al cappellano del Beccaria tre spunti: «Dietro ogni comportamento c’è una storia che non si vede», «gli errori non definiscono per sempre», «invece di giudicare sarebbe bello ad ascoltare e fare una domanda in più: “Come stai davvero?”».
«A queste riflessioni Don Burgio ha risposto puntualmente raccontando chi sono i ragazzi che incontra, quali domande, quali desideri, quale rabbia, quali storie si portano dentro, quali sogni hanno per loro che noi non riusciamo a intercettare – spiegano l’assessore alla Prevenzione e Sicurezza sociale Rosario Vitolo e l’assessore all’Istruzione Loredana Pigozzi -. Ovviamente non fornendo istruzioni per l’uso ha evidenziato che bisogna avere la pazienza di ascoltare le narrazioni dei ragazzi, camminare al loro fianco, come ha fatto Gesù nella discesa di Emmaus, concedere loro fiducia, aprirli alle relazioni di senso, perché l’approccio al problema del disagio giovanile passa necessariamente per la via educativa, nell’intreccio di una trama di relazioni fiduciarie di cura, liberi dall’esito della prestazione e non può passare solo attraverso la soluzione securitaria che, per sua natura, è solo chirurgica».









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