Posti di lavoro, know how e patrimonio scientifico: “Non un solo lavoratore di meno alla Nerviano Medical Sciences”
Sindacati, lavoratori e istituzioni pronti a serrare i ranghi per salvare il Gruppo NMS. La proprietà ha "disertato" il consiglio comunale aperto

Ci sono più di 70 posti di lavoro da salvare, c’è un know how costruito in decenni di esperienza da proteggere e c’è un patrimonio scientifico che in Italia non ha pari da difendere. In poche parole, di ricollocamenti non c’è nemmeno da parlarne, la strada possibile è solo una: salvare il centro di ricerca del Gruppo NMS e scongiurare il rischio che un polo così strategico lasci Nerviano. Per farlo lavoratori, sindacati e istituzioni sono pronti a serrare i ranghi, anzi lo hanno già fatto. E se ancora ci fossero stati dubbi, li ha spazzati via il consiglio comunale aperto di martedì 30 settembre, “disertato” dalla proprietà. Anche perché i farmaci che escono dai cancelli del centro di ricerca di Nerviano salvano vite, non scrivono solo numeri sul bilancio, e questo tutti i presenti in aula lo hanno ribadito a chiare lettere alla proprietà.
Il calvario dei ricercatori di Nerviano è iniziato a metà luglio, quando l’azienda ha comunicato l’intenzione di staccare la spina alle attività di ricerca licenziando di conseguenza i ricercatori dei reparti Chemistry e Biology. Da lì a nemmeno 15 giorni c’è stata la prima audizione in Regione, poi a settembre è partita la procedura di licenziamento collettivo, i cui termini sarebbero dovuti scadere sabato 18 ottobre. Nel frattempo, però, si è aperto un tavolo istituzionale al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, e a valle dell’incontro dei giorni scorsi la data è slittata di qualche giorno, in attesa di un secondo incontro in programma per lunedì 20.
Martedì 30, peraltro, i sindacati si aspettavano anche di ricevere la comunicazione dell’avvio di una seconda procedura di licenziamento collettivo, questa volta per BioNerviano, la divisione del gruppo NMS cui fa capo il parco biotech che fin dagli anni ’60 è un riferimento nel campo della ricerca farmaceutica. Comunicazioni al momento del consiglio comunale non ne erano arrivate, ma il rischio di quello che un po’ tutti hanno definito «effetto domino» per il gruppo resta. E preoccupa, considerando che il centro di ricerca negli anni ha scoperto farmaci che hanno cambiato la storia della lotta contro i tumori ed è di fatto l’unico polo in Italia in grado di gestire internamente tutta la filiera della ricerca oncologica.
«Quello di Nerviano è un centro dove si fa ricerca molto specializzata, con grandissime professionalità e una spirito di squadra immenso – è l’appello lanciato durante la seduta consiliare aperta da alcune ricercatrici del Gruppo NMS -. Il nostro non è un lavoro semplice, si va spesso incontro a difficoltà e anche a tante sconfitte, ma un risultato positivo può salvare delle vite: il nostro centro ha competenze immense che ci permettono di partire dal bersaglio che vogliamo andare a colpire fino ad arrivare al farmaco. La bellezza della ricerca a Nerviano è data dalla preparazione e dall’altissima professionalità di tutte le persone che ci lavorano, ma anche dalla collaborazione che c’è. Un progetto di ricerca è fatto di tantissime competenze che devono lavorare insieme come gli ingranaggi di un orologio: a Nervino questo c’è stato e c’è, e la difesa di questo patrimonio non è solo per noi lavoratori, ma anche per una risorsa della nostra terra. Il centro di Nerviano è una gemma preziosa da proteggere e offrire alle nuove generazioni».

I sindacati: “Patrimonio eccezionale che non può essere disperso”
Per “salvare il soldato NMS” i sindacati sono pronti alle barricate. «Il problema non è legato solo ai posti di lavoro – ha sottolineato Luisa Perego, segretaria generale di Filctem CGIL Lombardia -: c’è un patrimonio eccezionale per il nostro Paese e per la salute che non può essere disperso. Le capacità e le conoscenze che ci sono a Nerviano sono state costruite nel tempo e sono state trasferite di generazione in generazione tra i ricercatori: chiudere il centro di ricerca significa perdere know how, capacità e competenze che non si possono riprodurre in un attimo. L’apertura del tavolo ministeriale è positiva, come è positivo l’impegno del Ministero nella ricerca di soluzioni in questa prima fase sindacale della procedura. L’ipotesi di uno spacchettamento, però, non farebbe bene alla ricerca e al sito, perché significherebbe non mantenere unita la filiera della ricerca e in qualche modo “sminuire” l’impianto attuale».
«Quello che è successo ci ha fatto capire che strategicamente il management attuale ha fatto solo disastri a Nerviano – le ha fato eco Ivan Stabile, portavoce del coordinamento sindacale interno -. La strategia della società sta portando frutti al contrario, anche per le altre società del gruppo. Fino a tre anni fa Accelera aveva un fatturato di circa 22,5 milioni di euro, oggi sceso intorno ai dieci milioni di euro, sono stati letteralmente buttati via milioni di euro di commesse oltre agli studi. NerPharma, in attesa del golden power entro il prossimo 20 ottobre, è stata messa in vendita con un bilancio sotto di 9 milioni di euro: quando è arrivato questo management galleggiava o si fermava poco sotto il milione di euro di perdite. Nonostante questo, il CEO dell’azienda a Roma ha avuto il coraggio di dire che il sacrificio di 73 ricercatori porterebbe al rilancio delle altre società».

La sindaca di Nerviano: “Preoccupazione per l’effetto domino”
E proprio il futuro delle altre società del gruppo per l’amministrazione comunale è una preoccupazione indifferente: se Nerviano infatti non vuole dire addio ai 73 ricercatori a rischio, è anche intenzionata a fare di tutto per scongiurare il rischio che la ricerca sia solo il primo anello della catena a saltare.
«In questo momento la procedura di licenziamento riguarda il settore ricerca, ma nell’aria c’è il coinvolgimento di BioNerviano – ha evidenziato la sindaca Daniela Colombo -. La preoccupazione è che ci sia un effetto domino, anche perché BioNerviano è la divisione proprietaria del bioparco, quella che si occupa della gestione degli immobili, e se venisse meno ci sarebbero impatti trasversali. È importante lavorare su soluzioni percorribili: l’azienda ha formulato una proposta di buy out, ovvero dipendenti che diventano imprenditori, che ha quasi il sapore della provocazione e che personalmente ritengo difficile da perseguire, poi c’è la costituzione di una fondazione indipendente, anche in questo caso con luci e ombre, anche perché può richiedere grossi investimenti e la ricerca per sua natura non è una divisione che può dare risultati immediatamente spendibili sul mercato. Uno strumento efficace potrebbe essere il golden power, che non impedisce licenziamenti ma mette in campo strumenti che possono bloccare alcune azioni, ad esempio la delocalizzazione in Cina, per l’interesse nazionale della salute».
I sindaci dell’Alto Milanese: “Unica soluzione salvare il centro”
Anche i sindaci dell’Alto Milanese, rappresentati al consiglio comunale aperto dal presidente della Consulta Economia e Lavoro Gilles Ielo, primo cittadino di Rescaldina, sono pronti a scendere in campo. A partire dall’approvazione nei consiglio comunali del territorio della mozione già “varata” dal consiglio comunale di Nerviano nei giorni scorsi per difendere il polo di ricerca. «Questo centro è un’eccellenza – sono state le parole di Ielo, che ha messo in luce anche i possibili effetti sull’indotto chiedendo attenzione anche per i lavoratori di questi settori -: gli esuberi riguardano circa il 20% del personale, ma se ci fosse stato il 20% dei risultati in meno chi ha beneficiato di quegli stessi risultati ottenuti grazie alla ricerca probabilmente non sarebbe vivo. Il buon esito di questa vicenda può essere uno e uno soltanto: non il ricollocamento, ma il mantenimento di questa realtà nel comune di Nerviano e nel territorio dell’Alto Milanese».

La regione: “Non ci si può rassegnare a perdere neanche un lavoratore”
Anche perché le possibilità per far ripartire il centro di ricerca ci sono, e la regione è pronta a fare la sua parte. «Siamo pronti a mettere in fila le opportunità da offrire all’azienda, dai finanziamenti ai bandi sulla ricerca, alle verifiche relative ai bandi ad hoc per la ricerca biomedica, magari anche tramite fondazioni e istituzioni legate al mondo sanitario regionale che lavorano in questo ambito – ha spiegato Carlo Bianchessi, dirigente dell’Unità organizzativa Competitività e sostenibilità di imprese, ecosistemi e filiere e Rapporti Istituzionali della Lombardia -. Ma tutto questo è possibile solo se la proprietà metterà da parte la procedura di licenziamento collettivo».
In aula durante la seduta consiliare erano presenti anche i consiglieri regionali Silvia Scurati (Lega), Carlo Borghetti (PD) e Michela Palestra (Patto Civico), che hanno stigmatizzato l’atteggiamento «inqualificabile» di «profonda chiusura tenuto da parte dell’azienda» fin dall’audizione di fine luglio in Commissione Attività produttive, istruzione, formazione e occupazione e il modus operandi della proprietà, che «ragiona solo dal punto di vista economico, senza tener conto del patrimonio incalcolabile non solo a livello lavorativo, ma anche di conoscenza».
Al di là del colore politico, il messaggio arrivato dai consiglieri intervenuti durante la seduta e dalla consigliera Paola Pizzighini (Movimento 5 Stelle), il cui messaggio è stato letto in aula da Stefano Raimondi, referente del Movimento 5 Stelle Nerviano, è uno e uno solo: il Pirellone c’è, e «non ci si può rassegnare a perdere neanche una persona di quelle che oggi lavorano a Nerviano».
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