No al minuto di silenzio per Ramelli in consiglio comunale a San Giorgio: “Non può diventare moneta di scambio”
Dopo le accuse mosse dal consigliere di Uniti per San Giorgio Samuele Trevisan, la maggioranza parla di «occasione persa per pacificare»

«Ramelli non può essere il pretesto per contrapporre ancora, né può diventare moneta di scambio». Continua a far discutere a San Giorgio su Legnano la decisione di non osservare un minuto di silenzio in consiglio comunale per Sergio Ramelli, studente 18enne e militante del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, che il 29 aprile del 1975 morì più di un mese dopo essere stato aggredito da alcuni militanti di sinistra. La proposta era arrivata dai banchi della civica di centrodestra Uniti per San Giorgio, che a valle della seduta consiliare per voce del consigliere Samuele Trevisan ha tacciato di «vigliaccheria istituzionale» il “no” arrivato dalla maggioranza.
«Ramelli non può essere il pretesto per contrapporre ancora, né può diventare moneta di scambio – replica il gruppo consiliare Vivere San Giorgio a Trevisan -. Il minuto di silenzio è stato negato dalľamministrazione di San Giorgio su Legnano, che non è di centrosinistra, ma da sempre civica, in quanto il tributo del silenzio è concesso in occasione di lutti recenti. Nulla comunque ha impedito al consigliere Trevisan di esporre al consiglio comunale, in occasione del 50° anniversario della morte del giovane Ramelli, un’ampia riflessione dal carattere decisamente politico e di parte, che comunque ha provocato una serena discussione nella sala».
«Se vogliamo fare memoria per Ramelli – aggiungono dalla maggioranza -, allora facciamola non solo per lui, ma per tutte le vittime del delirio fanatico dei cosiddetti anni di piombo, figlio di una storia mai risolta e di una pace mai veramente cercata o trovata, che ancora oggi, neanche troppo velatamente, sobilla un revisionismo semplicistico ed alimenta paure fantastiche, in nome delle quali si vorrebbe riscrivere la nostra Costituzione e limitare le libertà e i diritti conquistati – purtroppo – a caro prezzo. Ancora una volta la destra ha perso un’occasione per pacificare. E le “celebrazioni” di questi giorni ne sono dimostrazione».
Foto di archivio
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