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Rescaldina dice “no” alla tampon tax, via libera all’unanimità alla mozione in consiglio comunale

Nei giorni scorsi il consiglio comunale ha dato il via libera all'unanimità ad una mozione promossa dalla consigliera di maggioranza Katia Pezzoni contro la tampon tax

comune rescaldina

Rescaldina dice “no” alla tampon tax, l’applicazione dell’aliquota del 22% per l’imposta sul valore aggiunto sui prodotti assorbenti per l’igiene femminile. Nei giorni scorsi il consiglio comunale ha dato il via libera all’unanimità alla mozione promossa dalla consigliera di maggioranza Katia Pezzoni che impegna Piazza Chiesa a farsi portavoce dell’istanza per l’abbattimento della tassa con Governo e Regione e a «verificare la possibilità di applicare nella farmacia comunale prezzi particolarmente contenuti e promozionali sui prodotti sanitari e igienici femminili simulando un abbattimento dell’IVA al 5% per i prodotti normali e al 4% per quelli eco-compatibili».

Da tempo al centro di richieste di ritocchi al ribasso anche in Italia – sia a livello parlamentare che con iniziative regionali e locali – sulla scia di quanto è avvenuto in molti altri Stati dell’Unione Europea, la tampon tax è entrata anche nel documento programmatico di bilancio per il 2022 approvato nelle scorse settimane dal Consiglio dei Ministri, che ha previsto il taglio dell’aliquota IVA dal 22% al 10%. Vivere Rescaldina, però, ha deciso di portare ugualmente la mozione tra i banchi del consiglio, visto che da un lato la finanziaria non è ancora legge e dall’altro l’obiettivo finale del provvedimento votato dal parlamentino è quello di arrivare all’aliquota minima, ovvero quella del 4 o 5% applicata ai generi di prima necessità.

«In Italia e in diversi paesi dell’Unione Europea e del mondo si è aperta una discussione sull’entità dell’aliquota applicata all’imposta sul valore aggiunto dei prodotti igienico-sanitari per il ciclo mestruale, dato anche l’aumento del costo di questo bene – ha spiegato la consigliera Pezzoni presentando la mozione -. Nel nostro Paese sono in vigore diverse aliquote iva: 4% e 5% per l’aliquota minima applicata alla vendita di generi di prima necessità, 10% per l’aliquota ridotta applicata a diversi prodotti alimentari, a particolari operazioni di recupero edilizio e ai servizi turistici, 22% per l’aliquota ordinaria per tutto il resto. I prodotti igienico-sanitari per il ciclo mestruale, nonostante costituiscano un bene primario, sono sottoposti all’iva del 22%, cioè l’aliquota massima contemplata dal sistema fiscale italiano, equiparandoli di fatto a beni di lusso. Nel nostro paese l’aliquota ordinaria sugli assorbenti è stata introdotta nel 1973 ed è cresciuta nel tempo dal 12% fino alla quota odierna del 22%. A differenza di prodotti come il tartufo o francobolli da collezione che hanno ottenuto un imposta agevolata al 10% i prodotti igienico-sanitari femminili, così come i pannolini per i neonati non hanno ancora subito una riduzione dell’aliquota. I prodotti igienico sanitari per il ciclo mestruale, infatti, sono tassati come qualsiasi altro tipo di prodotto ritenuto non essenziale. In Italia, inoltre, è quasi del tutto ignorato il fenomeno della cosiddetta povertà mestruale, ovvero l’impossibilità economica di potersi garantire un’igiene adeguata durante tutto il periodo mestruale attraverso appositi dispositivi sanitari e in luoghi idonei».

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 02 Novembre 2021
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