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Ricercate ma sottovalutate, a Parabiago lo sportello che orienta sul lavoro delle badanti

È quanto emerge dallo studio InnovaCare condotto da ricercatori dell’Università Statale in Lombardia e che ha coinvolto lo Sportello assistenti familiari di Parabiago dove, rispetto al 2019, sono raddoppiati gli accessi di badanti e famiglie

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Da una parte le famiglie si attendono un servizio altamente qualitativo, dall’altra le assistenti familiari, dette comunemente badanti, faticano a soddisfarle per la difficoltà a frequentare corsi di formazione che potrebbero migliorarne la professionalità. L’assistenza agli anziani, per decenni gestita all’interno delle famiglie, è oggi più che mai, complice l’invecchiamento della popolazione, alla ricerca di una identità autenticamente professionale che, però, fatica a realizzarsi. È quanto emerge da InnovaCare, il progetto di ricerca dedicato allo studio delle sfide legate all’invecchiamento della società italiana e all’individuazione di soluzioni innovative nell’ambito dell’assistenza di lungo periodo per le persone anziane non autosufficienti che restano nel proprio domicilio.

Lo studio multidisciplinare, condotto in Lombardia dall’Università degli Studi di Milano e dall’Università Vita-Salute San Raffaele grazie al sostegno di Fondazione Cariplo, ha coinvolto anche lo Sportello assistenti familiari di Parabiago (lo sportello d’ambito del Legnanese con sede a Villa Corvini, finanziato dal Piano di zona e gestito attraverso una convenzione con Azienda So.LE) con una quindicina di interviste a badanti, assistiti e famiglie realizzate da Maurizio Artero e Minke Hajer, ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche della Statale coordinati da Maurizio Ambrosini.

«Nelle interviste effettuate abbiamo riscontrato da parte delle famiglie una sottovalutazione del lavoro delle assistenti –osserva Artero -. È un atteggiamento, questo, che può riverberarsi anche sui contratti che, pur se in regola, non risultano, nei fatti, sempre rispettati; ad esempio per quanto concerne l’orario di lavoro. Manca, nelle famiglie, la consapevolezza che questa sia una vera professione e che una persona non possa dedicare l’intera giornata all’assistito, così come si tende a ignorare che questa attività implichi un coinvolgimento emotivo, oltre che una fatica fisica, e presupponga una vita al di fuori del lavoro».

La totalità delle assistenti intervistate durante la ricerca a Parabiago è straniera, a confermare la situazione che, ormai da diversi anni, vede le donne di nazionalità non italiana costituire la parte più cospicua dell’offerta di lavoro nel “mercato” dell’assistenza familiare. Si tratta di donne in cui, spesso, le famiglie danno per scontata la conoscenza della lingua italiana e la capacità di assistere ogni tipo di anziano non autosufficiente.

«La necessità di garantire la formazione degli assistenti familiari è una condizione nota a livello del welfare sociale ormai da diversi anni –osserva Ilaria Zaffaroni, responsabile dell’Ufficio di programmazione zonale– tant’è che la Legge Regionale 15/2015 “Interventi a favore del lavoro di assistenza di cura svolto dagli assistenti familiari”, partendo dal presupposto che la buona parte delle assistenti familiari, di cui molte di origine straniera, non dispone della formazione professionale necessaria alla cura dell’assistito, finendo sovente ad adempiere a lavori domestici e prestazioni effettuate senza le giuste conoscenze, ha individuato nella Regione l’ente promotore dei percorsi formativi. La situazione cui si assiste vede chi ha frequentato corsi professionalizzanti (ASA e OSS) cercare occupazione in strutture di cura, mentre per l’assistenza familiare la disponibilità è rappresentata, per la quasi totalità, da chi non vanta titoli specifici».

«Lo sportello ha fatto la differenza in termini di soddisfazione degli utenti –spiega Artero – . A Parabiago non ci si limita a incrociare le disponibilità delle assistenti con le esigenze degli assistiti e delle loro famiglie; esiste, infatti, un vero e proprio orientamento per le possibilità contrattuali offerte dall’assistenza, un monitoraggio in itinere del rapporto fra badante e famiglia e, all’occorrenza, anche un lavoro di mediazione su aspetti essenziali della convivenza, oltre che di informazione relativa agli sgravi fiscali. Per questo valore aggiunto apprezzato da tutti, alla conclusione della ricerca, ci sentiamo di suggerire uno sportello di questo tipo come modello di modalità operativa».

Lo sportello assistenti familiari di Parabiago, nel 2020, ha raddoppiato i numeri della propria attività registrando 126 accessi da parte di famiglie dell’ambito territoriale e 145 accessi di badanti; 32 sono state le assunzioni concluse. Le nazionalità più rappresentate fra le badanti sono, nell’ordine, Marocco, Ucraina, Italia, Ecuador e Perù. La struttura tiene il registro territoriale delle badanti, cui sono circa 400 le iscritte, e quello regionale, che ne conta soltanto nove per via dei requisiti molto stringenti posti per la conoscenza della lingua italiana, la certificazione dei lavori svolti con tanto di referenze oltre alle nozioni di economia domestica.

Redazione
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Pubblicato il 24 Novembre 2020
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