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Il lavoro ai tempi dell’AI e del calo demografico. Confindustria rilancia la sfida della formazione

Mercoledì 5 novembre Confidustria Alto Milanese ha scelto di (ri)mettere la formazione al centro con un incontro ad hoc e una tavola rotonda

confidustria alto milanese lavoro formazione

Quale futuro per la formazione ai tempi dell’intelligenza artificiale, ma anche del crollo demografico che porta le nascite – e a tendere la forza lavoro – ai minimi storici? In un momento storico in cui l’Italia si trova ad affrontare sfide decisive per la crescita del Paese e del suo tessuto imprenditoriale, la risposta per Confindustria Alto Milanese non può che passare dal lavoro in rete di scuole e imprese, chiamate a trovare la chiave per dare alle nuove generazioni la formazione necessaria per costruire il proprio futuro e, di riflesso, quello di un’intera Nazione. Per questo Confidustria mercoledì 5 novembre ha scelto di (ri)mettere la formazione al centro con un incontro ad hoc e una tavola rotonda alla quale hanno preso parte Anna Gervasoni, rettore dell’Università Carlo Cattaneo LIUC, Cristiana Poggio, presidente della Fondazione ITS Leading Generation Academy, e Antonio Zito, dirigente dell’Istituto Marcora di Inveruno.

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«La risorsa più importante che le nostre aziende hanno è il capitale umano, più importante addirittura del capitale finanziario – ha sottolineato durante il convegno il presidente di Confindustria Alto Milanese Maurizio Carminati -. La formazione è diventata un’esigenza importantissima, irrinunciabile per i nostri imprenditori. Di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale si sente dire sempre di più che dobbiamo mettere l’uomo al centro, e lo dobbiamo mettere al centro come scudo valoriale davanti alla trasformazione tecnologica. Per poterlo fare, l’uomo deve essere in grado di capire e soprattutto di decidere: se mettiamo al centro un uomo non formato e quindi non dotato di pensiero critico, rischiamo una ricaduta devastante sia sul fronte del lavoro, sia su quello sociale. Diciamo ai ragazzi di privilegiare le materie STEM perché sono il futuro, quindi viene spontaneo chiedersi se abbia senso occuparsi di umanesimo in un momento critico come questo. La risposta è che non solo ha senso, ma è urgente e assolutamente necessario: abbiamo sempre “paura” di essere superati dalle macchine, ma non ci preoccupiamo di formare ragazzi che rischiano di non saper pensare. L’idea sarebbe avere ingegneri e tecnici che leggano Dante e filosofi che sappiano programmare i robot e comprendano gli algoritmi: è una sfida che sembra impossibile, ma deve diventare possibile».

«Una Confindustria che parla solo di istruzione rischia di non essere incisiva sulla società civile e sul dibattito pubblico mentre sullo sfondo la demografia è il primo dei problemi di questo Paese, quello più strutturale e quello più difficile da aggredire – ha aggiunto Riccardo Di Stefano, delegato Education e Open Innovation di Confindustria -. Il tema dello sviluppo del nuovo capitale umano del Paese riguarda il match positivo che dobbiamo riuscire a fare tra le esigenze di crescita e di competitività delle nostre imprese con un percorso di vita che dia garanzie, welfare e soddisfazioni personali e magari si traduca in nuovi giovani imprenditori. Con le attività di education dei territori e delle categorie della Confindustria nazionale, orientiamo ogni anno centinaia di migliaia di studenti. Crediamo sempre di più che ai giovani non debbano solo essere forniti gli strumenti per essere impiegati nella filiera delle imprese italiane già esistenti, ma si debba metterli nelle condizioni di contribuire con l’innovazione che viene dal basso, quella che viene dai banchi degli ITS e delle università, dalle startup. L’innovazione non industriale, non finanziata dal pubblico è la leva della nuova imprenditorialità ed è uno dei settori in cui il nostro Paese fa meno bene. Siamo davanti ad una legge di bilancio da circa 16 miliardi di euro, quando in base ai dati dell’Istat, il mismatch di posizioni non assolte nel mercato del lavoro tocca punte del 48% e costa 44 miliardi di euro: formare non è utilitarismo, ma un’esigenza del sistema economico del Paese».

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Esigenza che insieme al sistema economico del Paese ha anche il sistema economico lombardo. «Da qui ai prossimi 5 anni in Regione Lombardia verranno richiesti circa 855mila nuovi posti di lavoro – ha spiegato Simona Tironi, assessore regionale a Istruzione, Formazione e Lavoro, soffermandosi sugli interventi messi in campo dal Pirellone per il lavoro femminile, per i NEET, per il lavoro dei diversamente abili e per la formazione professionale -. I ragazzi che usciranno dai percorsi di formazione e che entreranno nel mercato del lavoro saranno 650mila circa. Dobbiamo assolutamente colmare questo gap di oltre 200mila richieste di lavoro, e dobbiamo iniziare ad occuparcene ancora di più ai tempi visto il dato demografico. L’intelligenza artificiale non andrà a sostituire il lavoro delle persone, ma servirà un aggiornamento delle competenze e quindi anche della formazione che va fornita non solo ai futuri lavoratori, ma anche a quelli che già oggi sono nelle nostre aziende. Per farlo possiamo solo sviluppare azioni e strategie politiche sul mondo del lavoro che permettano a chi oggi non ha un impiego di entrare nel mercato del lavoro».

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 05 Novembre 2025
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