«Ogni chicco ha una storia»: con Riso Quanto il cibo diventa veicolo di conoscenza
Dalla valorizzazione delle varietà alla trasparenza nella filiera: il progetto di Anna Cecilia intreccia agricoltura, divulgazione scientifica e cultura alimentare. Il 30 giugno l’incontro a Materia Spazio Libero

Non tutti i risi sono uguali. E non tutte le tavole raccontano solo di cibo. A dirlo è Anna Cecilia, professoressa universitaria e fondatrice del progetto Riso Quanto, che sarà ospite a Materia Spazio Libero lunedì 30 giugno alle 21.00 nell’ambito dell’evento “In cammino per il cibo giusto. Storie di terre, diritti e condivisione”, in collaborazione con Coop Lombardia”.
«Il riso è un prodotto italiano, ricco di sfumature e identità, eppure troppo spesso ridotto a una commodity indistinta», racconta Cecilia. Da questa consapevolezza nasce Riso Quanto, progetto che intende ridare valore a una coltura tradizionale attraverso la valorizzazione delle varietà, la tracciabilità completa della filiera e un forte legame con il mondo della ricerca scientifica e della divulgazione.
Al centro del progetto c’è l’idea che ogni varietà di riso meriti un’identità precisa: «Non esiste un riso generico, proprio come non esiste un vino generico», spiega. «Il nostro riso nero si chiama Ebano, quello rosso Rubinum. Entrambi fanno parte della filiera dei risi speciali di Ires, e ogni passaggio – dalla coltivazione al confezionamento – è seguito e tracciato. Non finiscono in un calderone indistinto: ogni chicco ha una storia, una provenienza, un’identità dichiarata».
Un altro pilastro del progetto è la sostenibilità, perseguita non solo attraverso l’agricoltura biologica, ma anche grazie a una struttura di filiera che garantisce controllo e trasparenza. «Sulle nostre confezioni – racconta Cecilia – è riportato il numero identificativo della filiera a cui apparteniamo. Questo permette ai consumatori di sapere esattamente dove e da chi è stato coltivato, lavorato e confezionato il prodotto che stanno acquistando».
Ma Riso Quanto non si limita alla produzione: è anche un progetto di divulgazione scientifica, nato dall’esperienza accademica della fondatrice. «Il cibo ha un potere aggregante formidabile: porta le persone a sedersi allo stesso tavolo. A quel punto, perché non approfittarne per passare anche delle informazioni?». È così che il riso diventa un veicolo per parlare di temi complessi come immigrazione, previdenza, fiscalità, con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’informazione e della partecipazione pubblica.
«Crediamo che raccontare la ricerca sia un dovere – conclude –. Se le persone hanno accesso a informazioni corrette, possono fare scelte più consapevoli. Il nostro desiderio è che il riso diventi un’occasione per innescare un passaggio dalla convivialità al pensiero, dalla tavola al confronto, dalla memoria agricola alla responsabilità sociale».
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