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Arresti di ‘ndrangheta nel Varesotto. I Giacobbe si erano presi un bar a Parabiago e una carrozzeria

L'estensione del clan arrivava anche a Parabiago dove Angelino Giacobbe subentra nella gestione di un bar che per un breve periodo diventa ritrovo di malavitosi

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L’operazione di carabinieri e Guardia di Finanza che ieri, lunedì, ha portato a 14 arresti richiesti dalla Dda di Milano nei confronti di altrettanti esponenti della ‘ndrangheta tocca ancora una volta il Varesotto e l’Alto Milanese. Due degli arrestati del gruppo con a capo Salvatore Giacobbe e i figli Angelino e Vincenzo, risiedono in provincia di Varese. Si tratta di una vecchia conoscenza della malavita locale, Livio Pintus residente a Brunello, di Roberto Cagliani di Saronno e Alessandro Solano residente a Dairago.

Un varesotto al soldo dei Giacobbe, famiglia vicina ai Piromalli

Nel gruppo, legato alla potente cosca di Girolamo “mommino” Piromalli della piana di Gioia Tauro (RC) (nella foto con Salvatore Giacobbe), c’era chi si occupava della gestione del traffico di rifiuti e chi della acquisizione e gestione di locali e minimarket e chi di estorsioni. Cagliani e Pintus, che nell’organizzazione ha il grado di picciotto, erano addetti al recupero dei crediti anche con l’intimidazione. Sempre Pintus era già finito a processo per una storia di estorsioni a Bulgarograsso nel 2014.

Il carrozziere che chiede aiuto agli amici calabresi e ne diventa vittima

Le intercettazioni ambientali e telefoniche hanno svelato una vicenda estorsiva complessa avvenuta a partire dal settembre 2019 nella provincia di Varese, che coinvolge il giovane proprietario di una carrozzeria della zona a nord di Varese e il mafioso Salvatore Giacobbe. Inizialmente l’imprenditore aveva cercato l’aiuto di Giacobbe (che conosceva da tempo) per risolvere tensioni con il suo socio, e un cliente insoddisfatto. Giacobbe, sfruttando la situazione, ha estorto favori, utilità e denaro al carrozziere, arrivando a controllare completamente l’attività.

Il controllo è iniziato quando Giacobbe intervenne per costringere il socio a ridurre le sue pretese economiche per la vendita delle sue quote, facilitando così all’amico l’acquisto a un prezzo ribassato. In seguito, Giacobbe ha manipolato anche la disputa con il cliente insoddisfatto, utilizzando la violenza e le minacce tramite il suo associato Livio Pintus per assicurarne la sottomissione.

Questa ingerenza ha permesso a Giacobbe non solo di estorcere quasi 5.000 euro attraverso ricariche su una carta prepagata, ma anche di ottenere il controllo effettivo della carrozzeria, imponendo la riparazione gratuita delle auto del sodalizio e l’uso delle risorse della carrozzeria a beneficio del suo gruppo criminale. 

La situazione ha raggiunto un punto critico quando l’imprenditore, ormai completamente assoggettato, ha continuato a pagare somme ingenti nonostante le difficoltà finanziarie, rimanendo intrappolato nella rete di obbedienza imposta da Giacobbe. Da quanto emerso dall’indagine le estorsioni sono andate avanti almeno fino ad ottobre del 2023.

Il bar di Parabiago preso, svuotato e abbandonato

L’estensione del clan arrivava anche a Parabiago dove Angelino Giacobbe subentra nella gestione di un bar che per un breve periodo diventa ritrovo di malavitosi, molti calabresi, ai quali deve continuamente mostrare a chi appartiene per tenerli lontani. Subentra ad una famiglia che si era indebitata, promette l’acquisto del locale e invece massimizza l’incasso in pochi mesi e lascia i debiti ai precedenti gestori che speravano di esserseli lasciati alle spalle.

Orlando Mastrillo
orlando.mastrillo@varesenews.it
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Pubblicato il 16 Aprile 2024
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