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Perché in Europa si fuma di più che negli States?

Da qualche anno a questa parte la Commissione Europea è impegnata nella creazione di misure eccezionali tese alla riduzione dell’impatto del fumo sulle vite dei cittadini comunitari

fumatore

Da qualche anno a questa parte la Commissione Europea è impegnata nella creazione di misure eccezionali tese alla riduzione dell’impatto del fumo sulle vite dei cittadini comunitari. Si tratta di una scelta condivisa da parte di tutti i paese dell’Unione e che negli ultimi decenni ha comportato una leggera flessione delle percentuali riguardanti le persone interessate dal vizio del fumo. In linea di massima si è cercato di disincentivare l’uso di sigarette con un aumento consistente della tassazione su questo tipo di beni, con risultati che, come vedremo, hanno garantito risultati non sempre all’altezza delle aspettative. Il numero dei fumatori presenti nel vecchio continente continua ad essere maggiore di quello relativo agli States, nonostante il costo delle sigarette sia decisamente più elevato dalle nostre parti che nel paese a stelle e strisce. Secondo i dati forniti dall’OMS, i fumatori presenti sul suolo statunitense ammontano al 22% della popolazione complessiva, contro il 28% del vecchio continente. E questi numeri sono ancora più esaustivi se ci si concentra sul numero delle sigarette fumate pro capite. Nelle prime 20 posizioni della classifica degli stati in cui si fuma di più, figurano ben 15 paesi europei. Gli States sono soltanto al 68° posto.
Ecco alcuni dei motivi che potrebbero giustificare questa differenza.

Politiche di dissuasione

Il fumo rappresenta un serio fattore di rischio per la salute, ma questo tipo di concetto fa fatica a farsi strada all’interno della numerosa comunità di fumatori europei, e le politiche messe in pratica a livello di prevenzione e di controllo sono ancora insufficienti. Una differenza questa piuttosto marcata rispetto a quanto succede oltreoceano. Negli Stati Uniti, infatti, il governo s’impegna da decenni nella creazione di campagne mirate che puntano a mettere in evidenza i rischi legati all’abitudine del fumo, puntando dritto su eventuali alternative – come ad esempio i prodotti CBD -in grado di sostituire tabacco e nicotina dalle abitudini di milioni di cittadini. Questo messaggio, chiaro ed espresso con toni spesso piuttosto eloquenti, ha portato a risultati concreti, al contrario di quello che succede all’interno del territorio comunitario, in cui queste campagne sono molto più all’acqua di rose.

Tassazione

Andando a ragionare in termini di tassazione applicata alle sigarette, possiamo dire che l’acquisto di questo prodotto per i cittadini europei è decisamente meno conveniente rispetto ai cittadini americani. In alcuni casi, parliamo di imposte doppie rispetto a quelle statunitensi, ma evidentemente chi vive in Europa è da un certo punto di vista abituato all’appesantimento del costo delle tanto amate sigarette. E chi vive negli stati comunitari paga inoltre più tasse rispetto a chi è cittadino negli USA, con aumenti continui e spesso immotivati. Si pensi che un americano medio paga il 32% di tasse, mentre chi vive nell’Unione Europea è costretto a devolvere il 39% dei propri guadagni nelle casse erariali, con punte che superano il 50% in paesi come Danimarca, Francia e Belgio.
Più semplicemente, le normative dedicate al controllo sono decisamente più stringenti dall’altra parte dell’Atlantico, e questo tipo di strategia rappresenta un disincentivo decisamente superiore rispetto al balzello della tassazione. 

Fattore reddito

Un ultimo fattore utilizzato per motivare questa disparità di numeri relativi alla popolazione fumatrice è quello del livello reddituale. Uno studio ha messo in risalto un legame tra vizio del fumo e livelli di guadagno più bassi. In realtà la verità pare essere nel mezzo. In sostanza, chi guadagna di più e chi ha invece pochi soldi a disposizione, tende a fumare meno, mentre chi appartiene alla classe media fuma di più. Questo porta alla conclusione che, essendo gli stipendi americani generalmente più alti, il numero dei fumatori risulta più limitato, giustificando in parte quella differenza di 6 punti percentuali vista in apertura. 

Redazione
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Pubblicato il 31 Maggio 2022
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