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Il Sanremo dei coraggiosi: una maratona musicale per insonni

Il commento sempre senza pretese critiche e un pizzico di ironia dell'amico videomaker Luca Mondellini

I cantanti sul podio di Sanremo 2021

A 24 ore dalla finale di Sanremo, lasciata un attimo decantare per non giudicare troppo di pancia (per colpa del sonno, avrei scritto le peggio cose) provo a tirare le fila di un festival che quest’anno, complice la pandemia, non ha fatto dire “wow” fino in fondo.

All’ultima sera, però, il “wow” è arrivato con la vittoria dei Maneskin.
Vince la tanta apparenza e la poca sostanza, ho sentito dire da diversi amici.
A primo impatto, giudicando di pancia, sembra che sia cosi, che i Maneskin portino sul palco un grido arrabbiato, senza fronzoli, che spara netto su tutto e tutti. Tutto è caratterizzato da questa voglia di arrivare e scardinare tutte le regole con arroganza, perché solo loro sono i migliori. Sanno (o pensano di sapere) cosa voglia dire trasgressione, rivoluzione, ribellione e la provano a raccontare. Una rabbia “che fa casino” e che porta ad un’arroganza diffusa.

Ma scavando un po’ oltre, non fermandosi all’apparenza “cattiva”, viene fuori questa voglia di redenzione, di voglia di andare oltre senza compromessi o rinunce, la voglia di fare un salto (“Scusami ma ci credo tanto // Che posso fare questo salto // E anche se la strada è in salita // Per questo ora mi sto allenando”). Una ricerca per arrivare alla verità (penso al loro penultimo pezzo “vent’anni”) e ricercare un senso nelle cose.
Hanno vinto grazie a delle esibizioni ottime, tanta energia e grinta, anche se sono umani pure loro (penso a Damiano che si commuove alla fine!).

Diciamo che che non c’è nessuna innovazione a livello sonoro o armonico, ripropongono tale e quale di un certo tipo di hard rock, convenzionale. La rivoluzione non è tanto che abbiano vinto Sanremo: avere un pubblico abituato al televoto aiuta, soprattutto se di target giovane (anche se ho scoperto che esistono anche le Mammeskin, fan over 30-40-50 che stravedono per i Maneskin).

Questo è stato un Festival neverending, una maratona per insonni possiamo dire (annunciare il vincitore alle 2.40 del mattino è immorale, a mio avviso), dove si iniziava con la cena e si finiva quasi a preparare la colazione.
Eppure va riconosciuto che è stato un percorso ad ostacoli senza precedenti, tra covid, restrizioni, quarantene e la desolazione di un Ariston vuoto. Immagino Amadeus e Fiorello con interlocutori solamente delle telecamere (pensate che senso di spaesamento, impossibile da spiegare se non lo provi in prima persona), dovendo fare per forza i conti con i silenzi, spesso disarmanti, di una sala deserta.

Potrei dire che è stato il Sanremo dei coraggiosi:
Fiorello e Amadeus che provano ad entrare nelle case degli italiani portando un frammento di spensieratezza (molti dicono che i bassi ascolti sono perché la gente non ha voglia di divertirsi, io non credo).
Ibra che non è coraggioso nell’improvvisare ma al gioco c’è stato, da buon sportivo, anche se non è stato il migliore in campo.
Achille Lauro che ha voluto sfidare tutti, osando e provocando. Capisco che c’è qualcosa lì, che ha voluto dirci qualcosa, ma ancora non riesco a capire cosa: Achille lasciami del tempo per capirti!
Orietta Berti che si mette in gioco a 77 anni (e basta dire solo questo).
Coma_Cose che ci ricordando quant’è bella la vita in due, come è bello volersi bene e cantarlo a tutti, con un brano spettacolare, pieno di immagini e suggestioni splendide.
Fulminacci che porta un sano e semplice cantautorato a Sanremo, senza tante pretese ma con passione.
Madame che con i suoi 19 anni porta a Sanremo una ventata di aria fresca (non a caso vincitrice del premio per il miglior testo!).
La rappresentante di lista che salgono sul palco e si sentono a casa, con un pezzo con un sound che non va via
Willie Peyote che forse è troppo pieno di polemica (ma almeno non è la solita canzone d’amore) ma porta all’Ariston un sound giusto, che ti coinvolge (ad ora è l’unico ritornello che canticchio con piacere) e piace alla critica, che lo premia.
Colapesce Dimartino che con una leggerezza che fa bene, sono stati capaci di conquistare proprio tutti (anche la sala stampa, che gli da il premio!).
Ermal Meta che, pur avendo portato un brano da “compitino fatto bene” per Sanremo, sotto sotto, ha dei passaggi interessanti nel pezzo, anche musicalmente (infatti vince il premio miglior composizione). Ci vuole però ancora più coraggio per andare fuori gli standard, e sarebbe davvero bello…
Ci sarebbero altri coraggiosi (ma non per questo meno bravi), altri invece che hanno osato di meno, altri ancora che a Sanremo potevano non venire. Se guardiamo poi alla serata finale la più coraggiosa rimane Ornella Vanoni, a 86 anni sul palco con una serie di brani da pelle d’oca.
Coraggiosi siamo anche noi, popolo di Sanremo, che abbiamo fatto le ore piccole questa settimana. Coraggiosi voi che siete arrivati fin qua a leggere: in queste sere ho provato a dirvi cosa più mi colpiva, senza pretese e un po’ a random, spero che ve la siate goduta, io si!
A Dio piacendo, all’anno prossimo!
Cè da dire una cosa: la canzone dei Maneskin non si può assolutamente fischiettare, quindi possiamo osare dire che non hanno vinto il Festival di Sanremo!
Luca Mondellini

Redazione
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Pubblicato il 08 Marzo 2021
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