Prof. Mazzone: “Un equipe di specialisti l’arma migliore contro il covid-19”
Il "segreto" del nostro ospedale, un gruppo composto da un infettivologo, uno pneumologo, un internista e un reumatologo UNA PEGHIERA PER I DEFUNTI, UNA CAREZZA PER GLI AMMALATI LA FEDE DA LONTANO HA RIAVVICINATO TANTI PARROCCHIANI

[pubblicita] Il prof. Antonino Mazzone, direttore del Dipartimento Area Medica dell’Ospedale di Legnano, è diventato uno tra i medici di maggior riferimento per una analisi di come sia stata trattata la cura del covid-19 nei nostri ospedali. Nella carica di vicepresidente FISM, past president di FADOI e membro della cabina di regia costituita dal Ministero della Salute per monitorare tutti i progetti di gestione e presa in carico dei pazienti cronici, è stato intevistato dalla rivista Sanità e Benessere per raccontare come si sono riorganizzati i reparti di Medicina Interna per far fronte all’emergenza di questo periodo. Di seguito, l'intervista
Professore, cosa sta facendo la Medicina Interna per affrontare l’epidemia?
“La maggior parte delle Medicine Interne degli ospedali italiani (che, per fortuna sono presenti in praticamente tutte le strutture del territorio) si sono prontamente riorganizzate diventando reparti per la gestione dei pazienti affetti da polmonite da coronavirus. Abbiamo differenziato i livelli di assistenza, creando dei reparti nei quali viene gestita quella quota di pazienti con insufficienza respiratoria e che ha bisogno della C-PAP (ventilazione meccanica a pressione positiva continua) ad alta intensità di cura e assistenza; tutti gli altri letti sono dedicati ai pazienti che necessitano di cure e che non possono essere dimessi al domicilio”.
A livello di terapie farmacologiche, come vi state muovendo?
“Stiamo partecipando a dei protocolli di cura sperimentale, come quello di fase II che è stato di recente approvato da AIFA e dal Ministero, per il trattamento del virus con il farmaco per l’artrite remautoide, il Tocilizumab, che si è rivelato davvero efficace e molto importante su diversi pazienti nei quali ha fatto regredire l’insufficienza respiratoria così da poter interrompere la ventilazione e mandarli a casa. Il nostro ospedale aveva già iniziato in realtà dai primi di marzo ad utilizzare il farmaco, dopo aver letto alcuni studi di medici cinesi in merito”.
Come viene gestito l’afflusso dei pazienti in ospedale?
“Fin dall’arrivo in Pronto Soccorso, sono stati identificati due percorsi ben separati per i pazienti: quelli che accusano tosse, febbre e difficoltà di respiro e sono dunque sospetti di avere una patologia da infezione da coronavirus entrano in un percorso dedicato e separato rispetto gli altri, dove rimangono isolati in attesa di ricevere il risultato del tampone, che viene eseguito immediatamente e di conseguenza entro 4/6 ore si può sapere con precisione l’esito. Per chi è positivo, il percorso prevede il ricovero nell’Area Medica dove abbiamo creato 4 reparti nuovi dove vengono ricoverati questi pazienti e a cui afferiscono anche gli infettivologi e altri specialisti del Dipartimento”.
Da quali specialisti in particolare vengono assistiti i pazienti positivi?
“Escludendo quelli più gravi che vengono ricoverati in Terapia Intensiva, data la complessità dei pazienti, abbiamo creato anche una mini équipe multidisciplinare formata da un Infettivologo, uno Pneumologo, un Internista – dal momento che la maggior parte dei pazienti è anziana e ha molte comorbilità che devono essere gestite anche in presenza della polmonite – e un Reumatologo per le sue competenze specifiche nell’utilizzo di questo farmaco sperimentale. In questo modo l’équipe, formata da queste professionalità, riesce ad affrontare la patologia e tutti i problemi clinici del paziente a 360°".
E quale l’assistenza, invece, ai pazienti che solitamente afferiscono alla Medicina Interna?
“A questi pazienti è riservato un percorso a parte dove sono rimasti dei letti, separati dai COVID-19, e dove ricoveriamo coloro che necessitano un altro tipo di cure”.
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