Un aspetto culturale, ma molto fragile, del Palio
A proposito di attendibilità storica degli stemmi di Contrada ed i loro significati espressivi!

A proposito di attendibilità storica degli stemmi
di Contrada ed i loro significati espressivi!
di Pierantonio Galimberti
L'enciclopedia Treccani della Storia dell'Arte Medievale nel primo dei suoi 15 volumi alla voce Araldica, tratta l'arduo tema, solo in poche pagine con foto e testi, tratta l'arduo tema e descrivendoci come questa scienza sia stata misconosciuta e guardata con poco rigore e considerazione da storici, storici dell'arte ed anche da archeologi!
Quando nel 1969 mi affacciai al mondo "sconosciuto" del Palio, questo tema mi affascinò ed iniziai con curiosità una ricerca che durò parecchi anni, ma in città raccolsi pochi e modesti documenti ed in Collegio solo le ingenue "invenzioni" di Guido Piero Conti (da tutti noi chiamato Gipi) forse ereditate!
Sia in contrada, sia in ambito Sagra su questo argomento non esisteva alcun interesse e le mie conoscenze dell'arte pittorica non potevano darmi risposte esaustive sulla storia e gli stili su questo tema, lasciando persino qualche perplessità come quella che provocò in me il primo impatto con il monogramma NBS, presente nelle insegne della mia contrada, anzichè esibire il celeberrimo YHS che identifica nell'iconografia il Santo Senese, predicatore del XV secolo.
In quegli anni il Palio era ancora lontano dalla gente, non si respirava aria di cultura nè tantomeno certezze aggreganti, i rapporti con il Comune erano difficili, i tre Enti organizzatori avevano interessi diversi per l'evento, con intenti distanti fra loro che non favorivano gli incontri, nelle contrade ci si vedeva solo a maggio in sede precarie e spoglie e la povertà di mezzi e persone era disarmante.
Le mie possibilità di studio e di ricerca nel contesto cittadino erano nulle e furono soltanto i miei fortuiti contatti lavorativi con Milano che favorirono l'incontro con un esperto dell'Istituto Italiano d'Araldica ed iniziò lentamente con lui una lunga e proficua stagione, culturalmente appagante, con passioni giovanili che portarono con la sua qualificata e rigorosa assistenza alle prime risposte concrete sul tema araldico.
Di lui conservo un grato ricordo con episodi e momenti che suscitarono anche dubbi per diverse dissonanze storico/stilistiche che vedremo più avanti, ma più di tutto feci tesoro dei suoi concetti base di una scienza che osserva la regola aurea che in araldica i simboli sono strutture antropologiche e sociali che utilizzano il segno per esprimere l'inesprimibile, un mezzo forte e dinamico che non descrive ma evoca, ed è sempre legato a precisi territori e ben identificabili periodi storici.Nel contesto particolare degli ordini cavallereschi ed ospitalieri questi appaiono solo alla fine del XIV secolo, nell'ambito dell'arte islamica invece non esiste traccia nè mai si è trattato il tema araldico.
Il rapporto con l'estroso cancelliere Gipi fu di reciproca stima, sempre collaborativo approvava il lavoro intrapreso e fu molto utile l'averci presentato Enzo Pagani ed il "caustico" Emilio Guidi, giustamente da lui ritenuti cronisti preziosi ed inesauribili fonti, depositarie di vicende di Palio, tradizioni e storia Patria. Di Gipi poeta conservo una bella lirica che mi dedicò per la nascita di mia figlia Giorgia. E' importante ricordare qui che, quando l'esperto ebbe modo di ammirare la pregevole araldica pittorica che decora le pareti della Sala degli Stemmi in Comune (allora sala consigliare), fu subito da lui ritenuta preziosa testimonianza e fonte attendibile di araldica per foggia, colori e codici espressivi, ma fu precisato che questi stemmi con il contesto storico coevo alla Battaglia ci andavano molto stretti.
Dalle mie successive ricerche risultò che le testimonianze erano sporadiche, la prima si rifà ad una lastra marmorea che si conserva in Castello Sforzesco a Milano dove tra le figure di armati milanesi di ritorno da Legnano è presente uno scudo con il profilo di un cavallo rampante e una seconda a Casale Monferrato tratta da mosaici pavimentali dell'anno Mille che sorprendentemente presentavano due grandi scudi bicolori, uno "tagliato" orizzontale in due metà e l'altro "interzato in sbarra" con strisce oblique.
Ritroverò anni dopo medesime modalità negli Arengari delle città di Milano, Mantova e Firenze, e confermavano che nel 1300 in territori a volte tra loro lontani presentavano medesimi stilemi e modalità espressive, che ritroviamo anche nelle illustrazioni delle biccherne senesi e persino ancora nel 1450 nelle opere di magica pittura, espressa da Paolo Uccello.
Furono rintracciati vari documenti cartacei stampati nell'anteguerra, quali locandine, stemmi ed anche manifesti che, come testimoniò il già capitano di San Domenico, l'industriale Ranzi, fu commissionato dal Podestà ad un famoso artista il primo manifesto della neonata Sagra del Carroccio, che in seguito, ereditato dal cartellonista Emilio Guidi, divenne manifesto ufficiale dell'evento sino a pochi anni fa.
Si riscontrano le prime discordanze stilistiche e persino evidenti invenzioni, presenti in vari stemmi di contrada con merlature, griglie e barre dentate di forma quadra e persino a "dente di sega" precisi stili e segni che identificano origini guelfe oppure ghibelline. Storicamente sappiamo che la prima ha merlature quadre che la identificano mentre invece la seconda ha merlature a coda di rondine. I guelfi con il segno del leone sono fedeli alleati del Papa, mentre i ghibellini fedeli all'imperatore hanno come segno l'aquila.
Sono segni araldici nati sul finire del 1300, quindi ben lontani dal periodo di nostro interesse, che colti cartellonisti già ligi alla storia adottarono nell'anteguerra, come viene ben illustrato da una rara cartolina postale (qui a sinistra) edita negli anni '30 dall'Ordine Nazionale Dopolavoro che con disegni e bozzetti esibivano i tratti fondativi della contrada, dove nei colori di Parigi, (rosso e blu) esprimeva nel campo rosso dello scudo, candide "Rose di Cipro" preciso simbolo floreale araldico che si ritenne, desse nome identificativo alla contrada, mentre nel blu della banda trasversale il disegno della palma evocava preciso significato devozionale/religioso del martirio, sorte subita dai suoi santi protettori: Sisinio, Martirio ed Alessandro.
Di un'altra contrada con scudo "tagliato" bianco e azzurro, la maldisegnata figura di uno strano volatile, colto nell'insolito atto di beccare dei grani (sette come le sette avversarie) invenzione poco attendibile, sostituita da una bella e storica figura tratta da un sacello tombale di San Uberto del sec. XI, di cui fu rintracciata la sua origine sin nell'arte paleo/cristiana, risalente fino ad eredità stilistiche elleniche arcaiche del V sec. a.C. legate al culto di Apollo, dove il corvo era considerato uccello sacro al dio (vedi qui a fianco le immagini), come ci testimoniano un disegno tratto da una terracotta del museo di Atene e una bella copia dipinta che si conserva nel museo di Delfi.
Va detto che nel nostro territorio il più antico stemma nobiliare che sono riuscito a rintracciare risale al 1300 e lo scoprii sulla lastra tombale di Giovanni da Legnano, esposta al museo archeologico di Bologna.
Fu una stagione di ricerca lunga, che generò innumerevoli incontri e liberi dibattiti e con l'avvento a Gran Maestro dello scalpitante ed estroso Enzo Pagani, nacquero idee evolutive anche su cosa fosse e cosa potesse diventare il Collegio, il suo carisma aprì porte sconosciute, generando interessi assopiti che produssero consapevolezza ed eventi stellari e finalmente l'araldica ripulita di stonature ed invenzioni stilistiche, seguì una debita ricerca presso l'Ufficio Italiano Brevetti (vedi lettera a destra) di preventiva antecedenza per eventuale deposito di marchio. In Sagra, tutto fu definitivamente depositato ufficialmente con un'apposita assemblea generale, e gli otto stemmi di contrada definitivi, furono collocati in Cenobio sopra otto nuove spade donate allora dagli otto Capitani reggenti le contrade.
Con la stesura di un nuovo Statuto del Collegio e le modifiche del Regolamento Sagra, furono anche realizzati i primi gonfaloni e fu Pagani che mi portò al Convento delle Carmelitane alla Canazza e mi presentò Suor Elisabetta, che seguì la realizzazione dei nuovi vessilli del Collegio, San Bernardino, San Martino e Sant'Erasmo, progetti che per il rispetto dei ruoli, sottoposi allora al responsabile sfilata prof. Mosè Turri, capacità che ho potuto esprimere sino al suo decesso.
Può accadere per esempio che, per un recente rifacimento del gonfalone di Sant'Erasmo, senza alcun indugio verrà stravolto, cancellando quasi totalmente il mio precedente progetto, già approvato da questo esperto, nel 1974.
Succede che sul Catalogo Costumi del Palio venga ad altri attribuita la realizzazione del gonfalone di San Martino e cosa eticamente ancora ahimè più grave, si pubblica a pagina 197 sul libro "Il Palio di Legnano", dove viene attribuita la fondazione ad altri della Commissione dei Costumi (tanto osteggiata e denigrata) e non mi viene nemmeno riconosciuta la realizzazione dell'Arazzo della creazione , ma una bella fotocolor mi presenta come… abile vetrinista.
Sono in parte tranquillo che già nei quattro Vangeli si afferma: "Nessuno è profeta in patria" non di meno porgerò l'altra guancia agli artefici ingiustificati di queste vicende assai scorrette, in particolare per quanto riguarda l'araldica delle Contrade dove una capace regia, con l'inconsapevole e tacito assenso dell'allora Gran Maestro e nella generale indifferenza, riuscì a modificare e sostituire alcuni stemmi delle Contrade ed il logo del Collegio, già depositati e vigenti da quasi mezzo secolo, ed in tutta fretta questa nuova araldica resa vigente con un secondo deposito.
Clamoroso!
Questa malcelata direzione ha potuto tranquillamente cancellare un lungo lavoro di ricerca, realizzando scudi sostituivi d'indefinibile identità storica ed araldica, con stilemi che ricordano solo gli stemmi dei team americani di palla-ovale.
Si è cancellato persino l'antico stemma del Collegio che vantava (unico ente in città) l'esclusiva prerogativa acquisita di poter esibire sul proprio vessillo fondativo il millenario e celebre profilo devozionale della Croce di Ariberto.
La vicenda è così grave che sembra dettata da mie paranoie senili o peggio da rancori repressi, ma purtroppo è invece la desolante realtà, una triste cronaca che ci conferma, come nitida fotografia, i nostri limiti e denuncia da tempo la mancanza nel Palio e nelle Contrade di un riconosciuto, plurimo e qualificato:
indispensabile arbitro, adatto a garantire il rispetto di regole e tradizioni.
Questa situazione ha invece permesso di riportare in auge quel brutto logo amanuense (ho dovuto disegnarlo di fretta, si giustificò allora Gipi Conti) invece già a statuto fu allora relegato al semplice ruolo di "sigillo", solo per non essere dimenticato. Oggi questa insolita e formidabile:
new-age araldica
la possiamo ammirare in tutto il suo splendore ed in bella vista, nell'Ufficio Palio in Comune, ogni maggio quando garrisce al vento sui brutti pennoni di piazza Monumento e da pochi mesi anche in Cenobio su strepitosi piatti in ceramica. Di questa ultima sceneggiata mi chiedo come si possa giustificare l'aver concesso al noto e affabulante protagonista, da sempre avvezzo e succube alla tirannia dell'apparire di poter esaudire un suo capriccio iconoclasta, di studiata visibilità, potendosi così esibire, addirittura sulla pedana scenica nel rito pubblico del Soldo alle Contrade, dove senza alcun indugio etico, ha violato ogni lecito diritto acquisito, senza rispetto dovuti ad un patrimonio storico ufficialmente depositato e gelosamente conservato in Collegio da quarant'anni!
Questa è una lunga vicenda, la cui gravità rimane tristemente sospesa e svela azioni eticamente scorrette, che arrecano danno alla credibilità del Palio, collocandolo ingiustamente ad una:
Estrema periferia Culturale
"Negli anni 70/90, nelle 21 edizioni della Fiera di Legnano, ho sempre onorato il Comune e la Sagra del Carroccio e con dieci pregevoli allestimenti nelle ampie sale d'ingresso qualificanti mostre sui costumi, armi e d'insegne della sfilata storica. Nella foto, ecco come nell'ultima edizione Fiera del 1997, celebrando l'araldica delle contrade, rendevo doveroso omaggio al Collegio".
Legnano, 4 novembre 2014
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