Bullismo: E’ possibile prevenirlo?
È possibile individuare vari comportamenti che possiamo considerare veri e propri campanelli d’allarme...

Nello scorso articolo abbiamo affrontato il tema del bullismo. Come fare per riconoscere se nostro figlio è vittima di bullismo? È possibile individuare vari comportamenti che possiamo considerare veri e propri campanelli d’allarme. Il ragazzo vittima di bullismo potrebbe per esempio essere riluttante ad andare a scuola (anche adducendo mal di stomaco, mal di testa ecc.), avere frequenti sbalzi d’umore (per esempio potrebbe essere molto teso, lamentoso e triste dopo la scuola), dormire male e/o fare brutti sogni, tornare a casa con i vestiti stracciati o sgualciti, oppure con i propri oggetti personali rovinati, non portare mai a casa compagni di classe e non frequentarli mai oltre l’orario scolastico, diminuire il rendimento scolastico. Nei casi più gravi la vittima potrebbe arrivare a nascondere lividi, ferite, tagli o graffi che comunque non saprebbe spiegare o addirittura chiedere o rubare denaro ai familiari.
E’ possibile prevenire il fenomeno del bullismo? Risulta poco utile agire sul disturbo e sulla psicopatologia ormai conclamata. La specificità di un intervento preventivo è quindi rivolto a tutti gli alunni e non direttamente ai "bulli" e alle loro vittime, perché, al fine di un cambiamento stabile e duraturo, risulta maggiormente efficace agire sulla comunità degli spettatori. Infatti risulta inefficace l'intervento psicologico individuale sul "bullo", in quanto non motivato al cambiamento, visto che le sue azioni non sono percepite da lui come un problema ed egli ne trae giovamento. L'intervento diretto sulla vittima, pur efficace a fini individuali, non lo è per quanto riguarda la riduzione del fenomeno del "bullismo". Quella vittima cesserà di essere tale e il bullo ne cercherà presto un'altra nel medesimo contesto. Quindi la prevenzione deve interessare gli alunni, gli insegnanti e i genitori. Questo intervento rappresenta un'occasione di crescita per il gruppo classe stesso che, attraverso un maggiore dialogo ed una maggiore consapevolezza di pensieri, emozioni ed azioni, diventerà risorsa e sostegno per ciascun membro della classe. È inutile sottolineare che per rendere efficace e duraturo questo tipo di prevenzione, è necessario che gli insegnanti, gli educatori e le famiglie collaborino, come modelli e come soggetti promotori di modalità adeguate di interazione, affinché l'esempio possa essere acquisito e diventare uno stile di vita per i ragazzi. Spesso i genitori sono gli unici a poter osservare i campanelli d’allarme, il che ha una grandissima rilevanza poiché difficilmente i ragazzi ne parleranno esplicitamente: le vittime saranno reticenti a causa della paura, del giudizio o della vergogna, e i bulli non si esprimeranno per evitare paternali e prediche e perché non considereranno quello del bullismo come un problema. Una volta riconosciuto il problema i genitori possono lavorare per favorire il dialogo senza atteggiamenti colpevolizzanti e/o punitivi, comunicare costantemente con la scuola, prestare attenzione ai vissuti emotivi del proprio figlio. Sarà importante incoraggiare il ragazzo a sviluppare le proprie caratteristiche positive e le sue abilità, stimolandolo a stabilire relazioni con i coetanei senza isolarsi. Gli insegnanti d‘altro canto possono apportare interventi preventivi sul gruppo classe con il fine di promuovere e favorire la mentalità del rispetto e della solidarietà fra i ragazzi e possono collaborare con le famiglie per individuare i segnali più o meno sommersi che i ragazzi manifesterebbero.
Il ruolo di genitori e insegnanti è basilare: alcuni comportamenti attuati dagli adulti, infatti, permettono il perpetuarsi dei comportamenti di bullismo, come ad esempio credere che sia soltanto un fenomeno facente parte della crescita o una semplice "ragazzata", oppure giudicare colpevole la vittima, poiché non in grado di sapersi difendere. Punire il bullo e/o iperproteggere la vittima non sembra dare risultati positivi duraturi e rischia di etichettare i ragazzi; in questi casi è consigliabile dare rinforzi positivi rispetto al buon comportamento dei compagni, responsabilizzare la vittima ed aiutare il bullo nel cambiamento facendogli capire che quello che si condanna non è lui, ma il suo comportamento.
La psicoterapia è spesso molto utile in questi casi e sarà orientata a sostenere le vittime di bullismo in questo particolare momento della loro crescita: l’immagine di sé del ragazzo in questi casi può non corrispondere alla realtà, in quanto può vedersi più o meno forte, efficace o degno di stima. Un percorso di psicoterapia può restituirgli un’immagine più realistica di quella percepita e fornire schemi di comportamento adeguati, soprattutto rispetto alla gestione dei conflitti. Inoltre si potrà lavorare sul riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui, poiché sia nelle vittime che nei prevaricatori sembra esserci una difficoltà nel riconoscere le emozioni. Per le vittime, infatti, è difficile riconoscere gli specifici segnali emotivi relativi alla rabbia; da un lato tali difficoltà potrebbero impedire al bambino di riconoscere l’altro come potenziale aggressore e quindi di difendersi, e dall’altro non leggere tale emozione nell’altro potrebbe favorire l’utilizzo di modalità relazionali che finiscono con il provocare ulteriormente in modo involontario. Per i bulli, invece, si riscontra una generale immaturità nel riconoscimento delle emozioni, soprattutto per quanto riguarda l’empatia. I risultati di questo lavoro si ripercuoteranno positivamente anche sull’autostima traendo dalle esperienze negative nuova forza e risorse personali.
Resto a disposizione per domande, chiarimenti, o per spunti su argomenti che desiderate approfondire.
Dott.ssa Federica Camellini
federicacamellini@libero.it
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