SUL LETTINO DELLO PSICOLOGO: LA CRISI DI COPPIA
Rispondendo alle lettere di due lettori: mio figlio e sua moglie sono in crisi, cosa posso fare da genitore? Nei giorni successivi al mio ultimo intervento sulla crisi di coppia in questa rubrica, ho ricevuto alcuni spunti molto interessanti da parte di due lettori, che mi hanno fatto riflettere su un aspetto che non avevo in origine considerato. Senza citarne il contenuto, riassumo dicendo che entrambi si ponevano il problema di come poter essere d' aiuto ai figli di fronte a un momento di difficoltà, coniugale nello specifico (ma credo anche nel generico), e se in ciò fosse rintracciabile anche la responsabilità dei genitori. Specificando il termine responsabilità entrambi i due genitori che mi hanno scritto si domandavano se, alla base dell'investimento narcisistico che pare essere dominante nella costruzione delle coppie di oggi, ci fosse in parte la colpa dei genitori di allora, che forse hanno eccessivamente tutelato i loro figli. I due lettori si chiedevano, nella sostanza, se proteggendo i loro figli in passato, non avessero corso il rischio di esporli alla realtà esterna senza gli opportuni strumenti, per cui questi sarebbero meno pronti, più disarmati di fronte alle avversità. L'effetto di questo essere disarmati è ragionevolmente molteplice, nel caso di cui si parlava nello scorso articolo (sulla crisi di coppia come fenomeno sociale) di essere arrendevoli alle prime difficoltà tra coniugi e di lasciare intentate strade più faticose ma finalizzate alla riconciliazione piuttosto che alla resa. Questo il riassunto molto concentrato di considerazioni molto articolate a me arrivate. Mi sembra innanzi tutto doveroso rispondere alla prima domanda di cui sopra: come posso essere di aiuto a mio figlio / figlia che sta vivendo un momento di difficoltà nel suo matrimonio? Devo permettere lui / lei di “sbrigarsela da solo/ sola” o è opportuno intervenga in sua vece qualora lo / la veda fragile? E come mi devo comportare se in questa circostanza si comporta in modo che io non ritengo corretto? Nel particolare i due lettori avevano due idee polarmente opposte. Devo innanzi tutto dire che non esiste una strategia a priori giusta o sbagliata in proposito e ogni situazione è specifica. In ogni caso credo che i genitori possano essere una risorsa importante, nell'accezione per cui posso esserti vicino permettendo a te di indicarmi qual'è la giusta distanza: 'Io ti dico cosa ne penso e cosa farei al tuo posto, è un mio diritto e dovere di genitore! Ma al tuo posto non sono quindi è giusto che tu scegli quello che ritieni opportuno' tutto nella certezza che, comunque vada, sai che ci sono. Credo che sia giusto, come mi scrivono i due lettori, che un genitore senta di doversi attivare di fronte a una difficoltà del proprio figlio. Proprio perché non esiste una modalità univoca di intervento in questa circostanza è bene che tale sia argomento di discussione ovvero può essere utile mantenere attiva la conversazione parlare di circa quanto sta succedendo, nel senso di prediligere però un ascolto che si astenga dal giudizio. Il limite dell'astensione dal giudizio, per quanto soggettivo, tiene conto del fatto che se giudico che il comportamento di mio figlio varchi il limite di quanto sento non solo giusto ma anche lesivo di sé, fa parte del mio difficile compito da genitore dirti anche che non sono d'accordo, perché penso 'ti faccia male'. In generale è costruttivo esplicitare la propria presenza a una distanza rispettosa dell'altro: ci sono, se posso esserti utile so che farai affidamento su di me. Infine una riflessione: non si è ancora parlato di quanto una crisi coniugale incida sui figli della coppia in crisi, ma le due lettere pervenute testimoniano (in ragione anche di quello che appare come un'assunzione di responsabilità nell'aver cresciuto a loro volta i propri i figli in modo che forse a posteriori giudicherebbero troppo protettivo) come ciò abbia un impatto importante che include la famiglia d'origine, come la messa alla prova del legame, rappresentata dalla crisi di coppia, sia pervasiva. In ragione al fatto che un evento tanto difficile sia travolgente per diverse generazioni, leggo tale assunzione di responsabilità. Preferirei assolvere i genitori in questo caso; è utile che la coppia si viva (egualmente e lei sola) responsabile di fronte alle proprie difficoltà, così come nella possibilità di trovare una soluzione. Data questa premessa non è sbagliato che i genitori possano dare un aiuto (qualora richiesto) prima che nell'intervento pratico, spesso delicato e di difficile attuazione, nella vicinanza empatica. Tra le modalità di soluzione, l'alternativa di rivolgersi alla terapia di coppia è spesso contemplabile; rispondendo a un'ulteriore domanda, nelle prossime settimane potrebbe per esempio utile soffermarsi su quando è utile rivolgersi a un terapeuta e che cos'è la terapia di coppia. Ringrazio ancora i lettori le cui considerazioni sono state per me molto preziose e invito chiunque voglia intervenire a scrivermi direttamente. Dott. STEFANO LANDONI www.studio-landoni.it |
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