Quantcast

Ricerca

» Invia una lettera

Circolo socialisti Ovest Milano Metropoli: “Salario ed equo Compenso”

paga

26 Luglio 2025

Molto si è detto, e molto si è fatto in termini di salario sia nel privato che nel pubblico altrettanto non si può dire quando si fa riferimento all’ equo compenso .
Ricorre spesso sulle labbra in parte di uomini donne della politica e in parte dell’ ambiente sindacale, più in generale tra i social , che il nostro paese sia il paese del precariato e per alcuni versi del caporalato, in generale che il lavoro stabile sia mal retribuito o al disotto della media europea, noi socialisti e riformisti del circolo culturale socialisti Giacomo Matteotti Ovest di Milano Metropoli, non neghiamo che nel nostro paese come nel resto del pianeta oggi globalizzato, esistano situazioni sopra citate, ma detta da loro risuona come un nota stonata che a tempi alterni hanno governato la Nazione e che anche con l’ ultima esperienza referendaria falliscono il loro obiettivo e contribuiscono alla disaffezione all’ assenteismo al voto e quindi alla politica con la P maiuscola. E’ nostra intenzione con queste poche righe, forse non sufficienti a chiarire quanto sopra esposto, ma vogliamo semplicemente onorare la storia di donne e uomini dei movimenti dei partiti socialisti riformisti dei sindacati, anche a volte col sacrificio della vita che col loro fare e dare hanno reso il lavoro un valore e non solo una merce di scambio tra prestazione e compenso nel nostro paese, rendendolo in termini di vivibilità e qualità al pari del livello mediano della qualità della vita in Europa , certo c’è molto ancora da fare , ma per far meglio è necessario conoscere la rotta e tenere il timone nella direzione e non farsi governare dalle correnti strumentali e di parte del profitto. Capire di cosa stiamo parlando e di cosa si dovrebbe fare è il punto di partenza. Il nostro paese ha visto nel tempo sotto l’ egida di diversi governi concordare a sorpresa in risposta al fenomeno del precariato del caporalato e del lavoro non certificato e più in generale i problemi strutturali del lavoro , lo strumento della flessibilità in termini contrattuali e normativi per l’ utilizzo della mano d’opera in generale per l’ intero ventaglio del mercato del lavoro , noi riteniamo invece che la flessibilità può essere solo proprietà di alcuni mestieri e professioni non congeniale a mestieri e professioni, come gli intellettuali ben sapevano gli accademici che si sono prestati tecnicamente. Di certo la precarietà oltre a non avere fatto il bene di milioni di lavoratori non ha neppure giovato all’ economia con ricette semplicistiche, che hanno aumentato incertezze ed illusioni , anche senza un filo logico il percorso lavorativo e formativo e di conseguenza anche l’obiettivo di crescita economica sono venuti a meno, ma forse non per quella parte delle imprese e di servizio che hanno saputo aggirarsi nelle virgole della legge e si sono arricchiti attraverso i percorsi di formazione per la conversione professionale inadeguata alla necessità dl mercato che è alla ricerca di profili professionali mancanti , la flessibilità necessaria è a volte indispensabile se applicata correttamente e regolamentata nei contratti di lavoro specifici e a livello locale per lavoro stagionale nei sevizi nell’ agricoltura alla famiglia a chi tratta animali in specifiche esigenze. D’ altra parte l’ esistenza di 1086 CCNL depositati al CLEN la dice lunga, non è credibile e neppure corretto dire che sono troppi e che sono la causa di dumping salariale e normativo e per usare un termine ricorrente nell’ ambiente la maggior parte di loro sono “contratti pirata” In realtà essi rappresentano una necessità non ancora esaustiva e destinata a crescere in futuro nel pluralismo contrattuale, basta pensare ai nuovi profili professionali emergenti dai nuovi mestieri dettati dalla ricerca l’innovazione tecnologica e del mercato del lavoro all’utilizzo (IA), ma può essere semplicemente che i contratti collettivi di lavoro non siano oggi adeguati alle necessità odierna in un mondo del lavoro che è cambiato e continuerà a cambiare in futuro.

Una recente risposta di Direttiva dell’Unione Europea afferma che il salario minimo dovrebbe essere garantito a norma di Legge, come già accade in 21Paesi, o alla contrattazione tramite contratto nazionale sottoscritto dai Sindacati più rappresentativi come avviene negli altri 5 Stati dell’Unione Europea, da un lato riconosce la contrattazione collettiva come strumento in difesa delle retribuzioni ad evitare l’ effetto dumping nelle comunità, dall’altra che il salario minimo per Legge non debba essere una scelta politica e autoritaria ma dovrebbe coinvolgere le parti sociali.
Si tratterebbe di un successo del Sindacato Confederale Europeo. Nella maggioranza dei ventuno stati dove si applica il salario minimi legale per legge la retribuzione non supera il 50% della retribuzione oraria media lorda, questo rinforza la preoccupazione che possa agire da freno per i meccanismi di aumento delle retribuzioni favorendo le dinamiche della concorrenza sleale.
La contrattazione tra le parti sociali ed il consenso degli interessati ha il vantaggio di costruire, sulla base delle specifiche realtà economiche e del mercato de lavoro un principio di equilibrio condiviso che i minimi retributivi sono di pertinenza della contrattazione , tra interessi legittimi e differenti di confronto ma non antagonisti. È frutto dei contratti, di un equilibrio legittimo e differente ma non contrapposto.
Il primo comma dell’art. 39 recita la libertà sindacale, e trasformazione delle economie e del mercato del lavoro, alle tradizionali organizzazione sindacali confederali che esprimono in un ampio pluralismo politico, si sono aggiunte altre organizzazioni sindacali datoriali e di lavoratori in quasi tutti i settori del privato e del pubblico produttivi e a norma di Legge, hanno sottoscritto contratti nazionali alternativi a quelli già esistenti depositandoli al CNEL.
I 1086 contratti depositati all’archivio delle rappresentanze esprimono una condizione del mercato del salario ad oggi non soddisfacente, la parte minore di esse (60) copre l’89% di tutti i lavoratori dipendenti , è bene ricordare che 120 CCNL sottoscritti tra le Parti si applicano ad una platea di 12.000.000 di lavoratori/trici la differenza dei contratti depositati ma non sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali non registrate rappresentate al CNEL, il cui contenuto viene attribuito e può essere il frutto di dumping contrattuale. Il principio di base per stabilire la qualità e il confine di un contratto collettivo nazionale non è dato dal numero degli addetti a cui non si applica il CCNL o da quello a cui si applica nello stesso settore poiché il numero elevato degli occupati è dipendente da specifiche caratteristiche produttive e commerciali a cui uno specifico accordo fa riferimento. Contrariamente a leggi che obbligano l’applicazione di quel contratto all’ intero settore il primo comma dell’art. 39 della Costituzione recita che l’ organizzazione sindacale è “libera”, il secondo comma recita “ai sindacati non può essere imposto altro obbligo che la registrazione presso gli uffici locali e centrali, secondo le norme di Legge” il terzo comma recita “ è condizione per la registrazione degli statuti che i sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica”. Il quarto comma dell’art. 39 recita, secondo cui i sindacati registrati abbiano la personalità giuridica e possano essere rappresentati unitamente in proporzione del numero dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti i lavoratori/ci appartenenti alla categoria alla quale il contratto si riferisce a negazione di specificità coesistenti di settore.
A parte il riferimento cui sono iscritti, che oggi andrebbe esteso a tutti i lavoratori interessati e ai loro delegati democraticamente eletti.
La maggior difficoltà applicativa dell’art. 39 sta nel fatto che il quarto comma intende disciplinare l’estensione obbligatoria a tutti i lavoratori un Contratto unico di categoria, non meglio definita, mentre il primo comma afferma il principio di libertà sindacale e quindi del pluralismo contrattuale, il quarto comma afferma il contrario , la soppressione del quarto comma darebbe la risultante dell’ esigenza di una ordinanza che determina i criteri della rappresentanza dei soggetti che sottoscrivono i contratti collettivi del lavoro.
La pluralità dei contratti genera inevitabilmente anche pluralità di trattamenti retributivi e dei relativi minimi.
Un esempio chiarificatore può venire dal contratto dei metalmeccanici ed il contratto nazionale Fiat-Chrysler oggi Stellantis. Si tratta sempre di due contratti collettivi, differenti per contenuti retributivi e normativi che coesistono nello stesso settore.
Nei fatti i due contratti sottoscritti da differenti organizzazioni considerato che sono applicati nello stesso settore, sono due contratti collettivi che rappresentano specifiche esigenze e caratteristiche ed entrambi approvati dalla maggioranza dei lavoratori interessati, anche se sono state rispettate le regole dell’art. 39 non è detto che non possano essere considerati Erga omnes di fatto e in diritto.
Il principio di libertà sindacale sta nel fatto che non sono più le categorie preesistenti al contratto che ne stabiliscono i confini, ma è il contratto collettivo che stabilisce la vita e la sua applicazione stabilendone i confini. Di fatto il pluralismo contrattuale non è un obbligo ma è una scelta in libertà che si può esercitare. Come nel caso sopra citato introdurre un nuovo contratto collettivo nello stesso settore, il perimetro viene definito dal contratto stipulato dal sindacato e imprese che lo sottoscrivono previo approvazione dei lavoratori/ci interessati, come succede in altre realtà in cui vi è un contratto collettivo nazionale di categoria e singole imprese ed organizzazione sindacale danno vita ad un contratto collettivo differente ma parallelo a quello nazionale, esempio la “Germania”
Il modello di pluralismo non è blasfemo alla contrattazione collettiva, ma dovrebbe avere il vantaggio di adattarsi e rispondere meglio rispetto alle differenti realtà e di rendere più chiara la comprensione agli stessi interessati prima di essere sottoposto al voto della platea interessata rafforzando la dimensione partecipativa.
La proliferazione contrattuale genera un’ampia varietà di minimo e ciascuna di esse risponde alla specificità di settore produttivi e macrologici.
Se il quarto comma dell’art. 39 fosse abrogato e si affidasse ad una legge anche se proposta dalle parti sociali nell’interesse dell’estensione dell’Erga omnes dei contratti collettivi nazionali sottoscritti nel perimetro rispettivo di riferimento: settore, area imprese municipalità regione, e su base della rappresentatività (degli iscritti e delegati eletti e riconosciuti) e nel consenso maggioritario espresso dai lavoratori/ci , sarebbe superfluo introdurre il salario minimo per legge nel caso in cui insorgesse la controversia in un’impresa, applicare uno dei contratti sottoscritti e depositati sarebbe semplice perché la giurisprudenza avrebbe a disposizione un valor“minimo” monetario più vicino a quella realtà avendo a disposizione il minimo contrattuale collettivo regolarmente registrato. Ciò non esclude l’ insorgere del dubbio che rispetti norme e procedure il deliberato consenso esplicito dei lavoratori interessati, alcuni contratti collettivi riferito ai minimi retributivi possano essere conformi allo standard ma si tratterrebbe di casi rari da affrontare in un contesto specifico. La necessità di rivedere dell’ articolo 39 rendendolo più adattabile alla nuova realtà del mondo del lavoro richiederebbe un ampio consenso nel mondo sindacale sia da parte delle rappresentanze dei lavoratori/ci che da quelle datoriali, ad oggi sembrerebbe difficile poiché sostenute da debolezze progettuali e pregiudizi ideologici e culturali che producono un immobilismo dannoso e non al passo riferito a un mercato del lavoro in continua espansione. Non bisogna dimenticare che il rapporto di lavoro subordinato qui trattato e legato direttamente a quella popolazione del contratto di lavoro autonomo che pone la questione dell’ equo compenso o di prestazione di riferimento che interessa una complessità di figure eterogenee professionali che impone una attenta e approfondita riflessione.

Circolo Culturale Socialista
Giacomo Matteotti
Ovest Milano Metropoli

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.