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Il “vocabolario” di don Fabio Viscardi: Silenzio

Don Fabio Viscardi, decano di Legnano, attento osservatore della nostra quotidianità continua nelle sue riflessioni legate al periodo del covid-19

[pubblicita]Dopo la Solitudine e la Stanchezza, oggi è la volta del Silenzio. Don Fabio Viscardi, decano di Legnano, attento osservatore della nostra quotidianità continua nelle sue riflessioni legate al periodo del covid-19. Una sorta di "vocabolario" di queste settimane strane e un po’ surreali. Il pensiero di oggi è dedicato appunto al Silenzio.


Fatichiamo persino a trovare le parole giuste per esprimere quanto stiamo vivendo in queste settimane strane e surreali. Siamo come in difficoltà nel descrivere e interpretare una situazione del tutto nuova, piena di sensazioni tumultuose e talora discordanti. Forse la lingua italiana ci viene in aiuto con la figura retorica dell’ossimoro: l’accostamento di parole in evidente contrasto tra di loro.

Il pensiero corre all’espressione “silenzio assordante”. Lo percepiamo tutti appena varchiamo la soglia delle nostre case per qualche sporadica, fugace uscita. Non ci siamo abituati, noi che nel “bel tempo antico” lamentavamo il rumore e il chiasso delle nostre strade trafficate.

Il prete non ha bisogno di passeggiare nel deserto dell’oratorio per sentire lo stridore di un cortile vuoto. Molto più efficace entrare in chiesa.

Certo, anche prima di Natale, di ritorno dalle benedizioni natalizie, si sostava in silenzio nel buio della notte a pregare un poco davanti all’eucarestia. Ma quello di questi giorni che precedono la Pasqua è diverso. Provare per credere. È un silenzio che ferisce il cuore e turba l’animo.

Si vorrebbe almeno ascoltare la voce di Dio e invece sei costretto a misurarti con l’urto misterioso del suo silenzio. Viene in mente l’espressione sintetica che riassume l’atteggiamento di Gesù nei giorni dolorosi della sua passione: «ma Gesù taceva» (Gv 19,9). Ed era un silenzio assordante.

Eppure intuiamo come il silenzio sia il fuoco incandescente che purifica le nostre inutili chiacchiere; il terreno fertile dove veder germinare parole antiche e sempre nuove, dove ritrovare il coraggio e lo stupore di rapporti veri.

La memoria torna ad un film di De Sica che ci riporta agli anni tumultuosi del dopo guerra. Il titolo è emblematico: “Miracolo a Milano“ (1951). Quel miracolo che noi auguriamo alla città simbolo della nostra regione così duramente colpita. Quel miracolo per cui tanto preghiamo e che ancora non vediamo.

Vi si parla di “Totò il buono”, un personaggio trasognato che attraversa stranito le vicissitudini di una città in frenetica ricostruzione. Un uomo dal cuore puro che cammina per le strade e saluta le persone dicendo con animo candido: “Buongiorno”. Il suo sguardo ingenuo e lunare suscita reazioni tanto stupite quanto distratte e infastidite, come di persone che ormai hanno dismesso il sogno di un modo di vivere più umano. Così il film si conclude con Totò costretto a lasciare la città, che sorvola a cavallo di un manico di scopa in viaggio “verso un regno dove buon giorno vuol dire veramente buon giorno”.

È purtroppo presto per dire quando usciremo da questa situazione. Ci auguriamo una ‘ricostruzione’ che non spenga il desiderio alimentato nei nostri cuori dall’assordante silenzio di questi giorni: il sogno di un mondo “dove buongiorno vuol dire veramente buon giorno”.

È troppo presto per dire come sarà la chiesa italiana dopo questo spartiacque. La speranza non è solo di poter celebrare (il prossimo anno) i riti della Settimana Santa, ma quella di imparare a zittire troppe parole. Per sostare (la prossima settimana) in adorazione davanti al silenzio assordante della croce.

don Fabio

IL VOCABOLARIO DI DON FABIO: LA STANCHEZZA

IL VOCABOLARIO DI DON FABIO: LA SOLITUDINE

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 02 Aprile 2020
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