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Celebrazione Anpi a Mazzafame: l’intervento di Luigi Botta

Riaffermati i valori della libertà, della democrazia, dell’equità sociale, della solidarietà, della pace...

A nome della Sezione ANPI di Legnano, che si onora del nome di “Mauro Venegoni”, medaglia d’oro al V.M. della Resistenza, ringrazio tutti i presenti ed in particolare l’Assessore Umberto Silvestri in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, il rev. don Fabio Viscardi per l’attenzione religiosa che ci riserva. Ringrazio i docenti e gli studenti qui presenti, il preside Armando de Luca, le Forze dell’Ordine, la Polizia locale, il Corpo bandistico per essere ancora con noi in questa giornata in cui ricordiamo un episodio della Resistenza legnanese, ormai lontano nel tempo, ma vivo nella storia democratica della nostra comunità.

Era il 21 giugno del 1944 ed un gruppo di partigiani, comandati dal legnanese Samuele Turconi si trovava all’interno di questa cascina, quando vennero circondati da circa 200 militi delle Brigate nere. Per stanare i partigiani i fascisti volevano dar fuoco alla cascina e gli abitanti vennero ammassati contro il muro di questa chiesetta e minacciati di fucilazione se i partigiani non si fossero arresi. Erano donne, bambini, anziani contadini. Uno di questi, Carlo Clementi aveva 97 anni.

Lo scontro armato fu durissimo, poi, di fronte alla minaccia di rappresaglia, Turconi diede ordine di abbandonare la cascina e di mettersi in salvo. Proteggendo i suoi, Samuele Turconi venne ferito due volte e poi catturato con altri tre partigiani Rizzi, Bragé e Casero. Uno venne ucciso durante il trasporto a Busto Arsizio, gli altri due vennero inviati in un lager in Germania. Turconi, piantonato in ospedale, venne poi liberato da un gruppo di partigiani, tra i quali Mauro e Guido Venegoni, che lo portarono a Legnano in bicicletta in casa della staffetta Angela Logisi in via Novara dove venne curato dal farmacista dr. Tornadù .Guarito, Samuele riprese la lotta clandestina. Determinante per l’operazione fu l’intervento della partigiana Piera Pattani , che visitò il Turconi in ospedale facendosi passare per la sua fidanzata. Abbracciandolo gli passò segretamente un bigliettino sul quale era scritto “tenteremo alle 10”. La Pattani in quell’occasione fu 2 malmenata dai fascisti col calcio del fucile e poi la buttata fuori dalla stanza tirata per i capelli

Le partigiana Piera Pattani è ancor tra noi . Samuele Turconi ed Angela Logisi invece ci hanno lasciati anni or sono.

Trovandoci in questa zona dell’Oltrestazione, permettete un giusto ricordo alla chiara figura di don Francesco Cavallini, coadiutore della Parrocchia dei SS. Martiri. Uomo di profonda fede e di sentimenti democratici aiutò molti giovani renitenti alla leva a salvarsi dalla cattura fascista.

Due suoi parrocchiani, Renzo Vignati di 19 anni e Dino Garavaglia di 18, partigiani, vennero uccisi dai fascisti il 2 luglio 1944 al ponte di san Bernardino. Da solo, don Cavallini affrontò con decisione i militi della Brigata nera che volevano impedirne i funerali in chiesa per timore della reazione della popolazione.

In questa chiesa, disse, sono stati battezzati e qui avranno il loro funerale..

Il sacerdote l’ebbe vinta, ma non molto tempo dopo venne arrestato e portato nel carcere di S. Vittore a Milano, dal quale uscì il 25 aprile.

Sono esattamente trascorsi cinque anni dal giorno che in questo luogo abbiamo consegnato una targa di benemerenza a due partigiani che, nella clandestinità operarono a Legnano e nella nostra zona.

E l’ Anpi li vuole ancora una volta qui ricordare: Francesca Mainini e Bruno Giovanni Lonati. Nel periodo clandestino le loro vite si incrociano. Il Lonati lavora alla Franco Tosi ed è attivo nella Resistenza. E’ lui che convince Francesca ad entrare nella lotta clandestina. “ Aiuta anche tu la Resistenza, la convinceva Lonati, e vedrai che tuo marito tornerà a casa prima “ Ricercato dalle brigate nere, Bruno si rifugia con il figlio e la moglie Alba in casa di Francesca Mainini in via Calatafimi al 4, Vengono nascosti in soffitta. Anche la Mainini ha un figlio ed il marito è al fronte. La casa di Francesca di sera diventa un centro di incontro dei vari gruppi partigiani che agiscono nella zona. Lonati, col nome di battaglia “Valeri” è per un certo periodo anche commissario politico della 101°. Brigata Garibaldi. E’ in contatto coi Venegoni, Arno Covini, Samuele Turconi, Luciano Colombo ed altri, partecipa allo scontro armato qui alla Canazza. Lonati opera in tutta la Valle Olona.

Sono la Francesca Mainini con la moglie di Lonati Alba a portare l’esplosivo nelle borse della spesa ed a nasconderlo tra i cespugli del monumento ad Alberto da Giussano. Esplosivo che poi servirà ai partigiani Lonati e Turconi per l’attentato al Mantegazza, un ristorante vicino alla stazione allora ritrovo di tedeschi e di fascisti.

A seguito di una spiata i fascisti al comando del capitano Nucci arrestano la Mainini. Il Lonati riesce a salvarsi dall’arresto, cambia il suo nome di battaglia da Valeri in Giacomo, viene indirizzato a Milano.

Dopo 20 giorni di carcere a Legnano, Francesca viene mandata a Milano, processata e condannata a morte dal tribunale speciale fascista. La condanna a morte viene poi commutata a 20 anni di carcere, per intervento del cardinale di Milano Ildefonso Schuster.

Verrà liberata dal carcere di S. Vittore il 24 aprile del 45.

Per il Lonati la Resistenza continua. Ha contatti con i più importanti membri del Comitato di Liberazione Alta Italia, fa parte del Comitato di coordinamento delle Brigate Garibaldi col grado di colonnello.

Dal giorno dell’arresto, le vite della Mainini e del Lonati presero vie diverse e cinque anni fa, dopo 65 anni si ritrovarono su questa piazzetta per l’ultima volta. Per tutti noi fu un giorno emozionante. Oggi Lonati è gravemente debilitato dai malanni dell’età e la Francesca Mainini ci ha abbandonato alcuni anni or sono.

Non vogliamo oggi limitarci a ricordare fatti e persone, ma vogliamo soffermarci sui valori morali ed ideali delle scelte che queste persone hanno fatto rischiando la vita.

Sono i valori della libertà, della democrazia, dell’equità sociale, della solidarietà, della pace. Sono le basi fondanti della nostra Repubblica democratica e della nostra Costituzione, nate dalla Lotta di liberazione dal nazi-fascismo e dalla Resistenza.

Questi valori, talora calpestati, talora dimenticati sono, come diceva Alcide Cervi, padre di sette figli fucilati dai fascisti, simili a “quelle radici che non gelano e che saranno gli alberi del domani”.

Che l’albero della libertà, della giustizia sociale, della solidarietà e della pace cresca frondoso sulla nostra Italia.

Luigi Botta, presidente Anpi Legnano

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 07 Giugno 2015
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