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Attraversa fuori dalle strisce, ciclista la investe: condannato

Per la Cassazione il conducente può ritenersi esente da responsabilità solo se non è stato oggettivamente possibile notare il pedone ed osservarne i movimenti

Che il pedone attraversi fuori dalle strisce pedonali, poco conta: il conducente che lo investe può ritenersi esente da responsabilità solo se non è stato oggettivamente possibile notarlo ed osservarne i movimenti, al netto di ogni obbligo di diligenza 

A ribadirlo è ancora una volta la Corte di Cassazione, questa volta per bocca della quarta sezione penale del Palazzaccio, chiamata a pronunciarsi sul ricorso di un ciclista condannato per lesioni personale colpose con violazione delle norme sulla circolazione stradale dopo aver investito una donna che attraversava la strada al di fuori dalle strisce pedonali. Giudice di Pace e Tribunale di Lecce, nei primi due gradi di giudizio, avevano optato per la condanna dell'uomo e il "verdetto" è stato confermato dalla Suprema Corte.

Piazza Cavour, infatti, non ha accolto le obiezioni dell'uomo, secondo il quale i giudici di merito non avevano tenuto conto della circostanza che la donna investita non solo stava attraversando fuori dalle strisce, ma era anche «improvvisamente sbucata da un angolo cieco» ed «era stata urtata appena scesa dal marciapiede», non dando così tempo al ciclista – che peraltro «stava procedendo a velocità bassissima» – di evitarla. Senza contare che in base alla ricostruzione dell'uomo i giudici di primo e secondo grado non avrebbero considerato che la donna «attraversando fuori delle strisce, era tenuta a dare la precedenza al velocipede e a procedere con particolare cautela».

Per gli Ermellini, invece, «sebbene la donna abbia tenuto un comportamento negligente nell'attraversamento della strada (e, come tale, concausale rispetto al sinistro), non per questo l'uomo poteva dirsi esente da responsabilità, ciò che avviene solo allorquando il conducente, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile». Nel caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte, invece, la presenza di un segnale di stop imponeva al ciclista di fermarsi in ogni caso e quindi «a maggior motivo l'odierno ricorrente doveva prestare attenzione allo stato dei luoghi e moderare la velocità nel punto ove avvenne l'incidente, non essendo affatto imprevedibile che un pedone si immettesse sulla strada per attraversarla in prossimità del segnale di stop, uscendo dal punto ove vi era un ostacolo visivo». 

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 22 Gennaio 2019
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