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Da Cerro all’Ecuador, il “viaggio missionario” concluso alla veglia con il Papa

Dieci ragazze della parrocchia di Cerro Maggiore guidate da don Davide hanno partecipato alla veglia per il Sinodo a Roma dopo essere stati in Ecuador - La loro testimonianza

C'era anche una delagazione della parrocchia di Cerro Maggiore guidata da don Davide Mobiglia, alla veglia di preghiera per il Sinodo con Papa Francesco che l'11 agosto ha richiamato a Roma migliaia di giovani. Una meta per le dieci ragazze cerresi che questa estate hanno percorso una strada particolare, quella dell'Equador. Un "viaggio missionario" che si è concluso appunto con la Giornata Nazionale dei Giovani nella capitale.

Di seguito il racconto di questa toccante esperienza a cura di Chiara Barzizza e Chiara Provasi


«Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato» ha esordito Papa Francesco durante la Veglia di sabato 11 agosto, in occasione dell’incontro con i giovani italiani, in vista del sinodo. Il tema del sogno ha colpito in modi differenti ciascuno di noi, forse perché tutti accomunati dal desiderio di non essere “giovani anestetizzati”, ma di essere “giovani pellegrini” che insieme camminano verso una meta comune. Vogliamo essere pellegrini come i migliaia di giovani giunti a Roma da mille strade d’Italia per condividere la propria esperienza; tra quei giovani c’eravamo anche noi! Noi, tra le dieci ragazze della parrocchia di Cerro Maggiore guidate da don Davide e arrivate a destinazione da una strada particolare, la strada dell’Ecuador. Una domanda sorge spontanea: perché partire proprio dall’Ecuador, Paese dall’altra parte del mondo? La risposta si trova in un invito di S. Ecc. mons. Valter Dario Maggi, rivolto a don Davide, a portare nella Diocesi di Ibarra, della quale è vescovo, l’esperienza dell’oratorio. Un “dai, vieni” trasformato in un “viaggio missionario” che si è concluso con la Giornata Nazionale dei Giovani a Roma. La proposta è stata inizialmente sommersa da tante paure che sono state sovrastate in seguito dalle ragioni del viaggio; siamo infatti partite con la curiosità di imparare dalla vita di gente distante ma con gli stessi desideri nel cuore, per condividere ciò che siamo, per imparare ad amare, amare Cristo e le circostanze che ci vengono donate.

Due settimane grazie alle quali abbiamo avuto l’opportunità di vivere l’esperienza dell’oratorio in Ecuador, una realtà ai nostri occhi differente, anche per la mancanza di una vera e proprio struttura fisica che lo identifichi. Ciò che è emerso e che ci ha colpito è stato sicuramente il valore dato all’oratorio da parte dei giovani e dei bambini dettato soprattutto dall’incertezza di poter rivivere nuovamente l’esperienza l’anno successivo. Laidy, ragazza responsabile dell’oratorio di San Antonio, durante l’assemblea finale, ha affermato che «l’oratorio mi ha aiutata ad uscire da me per andare verso gli altri»; un andare verso gli altri che ci permette di comprendere realmente chi siamo. Abbiamo partecipato inoltre alla Giornata Nazionale dei Giovani a Quito. Tre giorni caratterizzati da attività e momenti di preghiera insieme. Il sabato mattina in piccoli gruppi ci siamo recati in differenti luoghi della città (piazze, mercati, centri sportivi) per distribuire pane e succo di avena ai più poveri e per conversare e condividere parte di noi con loro. Una mattinata che per noi, inizialmente dubbiose sul da farsi, è cambiata grazie a un semplice gesto del nostro don che si è inginocchiato di fronte a delle bambine e ha iniziato a parlare con loro non soffermandosi sull’offerta del pane.

Fare caritativa non si limita dunque a un solo gesto fisico, ma anche a uno sguardo attento nei confronti dell’altro. Negli ultimi giorni abbiamo vissuto delle esperienze in caritative, un asilo per anziani e una casa con bimbi malati di HIV. Abbiamo fatto molta fatica, soprattutto quando madre Teresa, madre superiora della casa, ci ha raccontato di come questi bambini siano stati rifiutati e abbandonati dalle loro famiglie perché malati (“no te queremos!”). Eppure, le cose belle hanno sovrastato tutta questa fatica. Ciò che ci ha colpito maggiormente è stata la loro “sorgente inesauribile di speranza”; nonostante il “no” da parte dei loro genitori questi bambini continuano a desiderare e a sognare che loro ritornino, preparando anche disegni e doni da regalare il giorno del loro arrivo. Tre giorni che si sono conclusi con canti preparati per noi e dei piccoli regali realizzati con molto amore. Siamo rimaste commosse da una canzone in particolare nella quale veniva ripetuto “Gracias a ti, gracias a ti”; un GRAZIE che invece sarebbe dovuto partire da noi. Abbiamo amato ma soprattutto ci siamo lasciate amare!

Chiara Barzizza e Chiara Provasi

Valeria Arini
valeria.arini@legnanonews.com
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Pubblicato il 16 Agosto 2018
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