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Commemorazione deportati Franco Tosi: l’intervento di Gianbattista Fratus

L'intervento del sindaco di Legnano alla manifestazione per ricordare il sacrificio dei lavoratori deportati nel 1944...

E’ con emozione che, per la prima volta da sindaco, partecipo alla commemorazione dei lavoratori della Franco Tosi. Ringrazio i presenti, in particolare la presidentessa nazionale Anpi, Carla Nespolo, il presidente di Anpi Legnano, Primo Minelli, l’Associazione Nazionale ex Deportati, tutte le autorità. E naturalmente i dipendenti e i rappresentanti sindacali dell’azienda, primi custodi di una storia che è patrimonio della città.

Se immaginiamo questi luoghi, il 5 gennaio di 74 anni fa, li vediamo gremiti di operai. Non possiamo mettere a fuoco le singole persone o ricostruire fisionomie precise ma, con un piccolo sforzo, riusciamo a cogliere un’atmosfera di fermento, di tensione. E a percepire lo scorrere, attraverso quell’umanità in rivolta, di sentimenti contrastanti.  La determinazione e il coraggio, certo. Ma anche il timore e la preoccupazione.

Quei dipendenti, quegli operai non erano ingenui o sprovveduti, non sfidavano la sorte da incoscienti. Erano uomini del loro tempo e sapevano che quell’azione poteva portare a conseguenze terribili, per loro e per le loro famiglie. Ma non cedettero alla paura né alla lusinga del quieto vivere.

Che cosa avremmo visto, ancora, se avessimo assistito a quel 5 gennaio? Tute da lavoro e abiti civili di fronte alle divise lugubri delle SS. Esseri umani armati di ideali e volontà circondati dai mezzi militari e dalle mitragliatrici. Poi, un’ondata di arresti e il trasferimento di decine di scioperanti nel carcere di San Vittore. Possiamo solo intuire l’angoscia di familiari, amici, colleghi. Un’angoscia motivata, soprattutto per quanti furono inviati al campo di smistamento di Fossoli e poi a Mauthausen, dove quasi tutti i deportati trovarono la morte per fame e fatica.

Non furono, quelle vittime, autori di gesti eclatanti. Il loro fu l’eroismo della quotidianità, quello di cui si fanno interpreti persone normali, con scelte che da tempo consideriamo “di tutti i giorni”, come organizzare l’attività sindacale o partecipare a uno sciopero.

Ma è nella normalità che, a volte, si celano lo straordinario e l’universale. E’ il caso dell’aspirazione alla libertà che deve legare i martiri di ieri agli uomini di oggi. Troppo spesso, questi ultimi, assuefatti alle conquiste di un passato più o meno recente, maldisposti e quasi infastiditi rispetto a valori quali rettitudine, coerenza, spirito di sacrificio, disponibilità all’impegno.

E’ proprio il concetto di impegno, a mio avviso, che deve unire gli uomini del presente ai deportati del 44. La Franco Tosi è luogo e simbolo dell’impegno per eccellenza, quello nel lavoro. Ha partecipato in modo determinante alla crescita della città di Legnano e alla costruzione della sua identità. Tra queste mura generazioni di maestranze hanno faticato, prodotto, discusso. L’azienda è stata luogo e occasione di incontro, formazione, emancipazione. Fabbrica e, al contempo, motore acceso nel cuore della società. Ripercorrendone le vicende, viene spontaneo allargare l’orizzonte della riflessione e chiedersi: che cos’è il lavoro? Mezzo per guadagnare di che vivere, per assicurare il sostentamento ai propri cari. E base sulla quale costruire progetti, possibilità di guardare al futuro. Fonte di speranza.

Tutto questo, nelle sue alterne vicende, dai fasti del passato alle difficoltà non ancora superate, è stata ed è questa fabbrica. Oggi, quindi, specialmente oggi non posso evitare un cenno alla situazione presente. E’ noto, la Franco Tosi rischia di cambiare sede. E voglio ribadire ancora una volta che l’Amministrazione comunale, pur con tutti i limiti imposti all’azione dell’ente pubblico, continuerà a impegnarsi perché questo non succeda.

Qui come in altre fabbriche, ma in modo clamoroso qui, sopravvissero anche nei momenti più cupi il desiderio di libertà, l’ostilità alla guerra, l’avversione alla dittatura e all’occupazione straniera. Qui fu inferta alle maestranze e a tutta Legnano una ferita dolorosa, impossibile da dimenticare. Qui tanti concittadini combatterono una lotta ad armi impari.

Eppure quella lotta, alla fine, fu vittoriosa. Prevedevano come sarebbe andata Pericle Cima, Carlo Grassi, Francesco Orsini, Angelo Santambrogio, Ernesto Venegoni, Antonio Vitali, Paolo Cattaneo, Alberto Giuliani? Probabilmente sì.  Furono presi in trappola quando ormai i segnali dell’epilogo si moltiplicavano. Ci sarebbero voluti mesi per vedere la fine della guerra ma la direzione presa dalla Storia incominciava a essere evidente. Di nuovo: quegli uomini potevano scegliere di osservare da spettatori l’agonia del nazifascismo, pensando il più possibile alla propria incolumità e alla tranquillità delle loro famiglie. Decisero invece di prendere parte alla storia e pagarono il prezzo più alto.

Di lì a poco una nuova Costituzione avrebbe fondato sul lavoro un’Italia diversa. Il valore dell’impegno quotidiano sostituì la retorica bellica. Forse, la vittoria dei deportati e di tutti i lavoratori che si opposero al nazifascismo, in questa come in altre fabbriche, si trova proprio nel primo articolo della Costituzione.

Mi rivolgo, quindi, agli studenti della scuola Franco Tosi. Ricordatevi sempre, ragazze e ragazzi, che vivete e studiate in una scuola il cui nome è un pezzo di storia della nostra città. Custoditela, questa storia, siatene orgogliosi, parlatene in famiglia, raccontatela ai vostri coetanei. I deportati del 44 e le migliaia di lavoratori che hanno dato il loro contributo a una straordinaria parabola industriale meritano il ricordo e la gratitudine anche e soprattutto delle giovani generazioni. Grazie.

Il Sindaco Gianbattista Fratus 

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 16 Gennaio 2018
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